Cannes 70. Clint Eastwood, il pistolero che ha votato Trump

CANNES – “Devo tutto al cinema italiano”. Accolto al festival di Cannes come la celebrità del cinema internazionale che è, e non poteva essere altrimenti, Clint Eastwood ha suscitato entusiasmo fra i fan ricordando Sergio Leone.

In effetti, se non fosse stato per i suoi film e anche per le musiche di Ennio Morricone, forse Clint Eastwood non sarebbe diventato quello che oggi conosciamo: un divo ultraottantenne, coperto di rughe, che sogna di fare ancora un western e che si gode il finale di partita di una vita a dispetto dei ruoli interpretati tutt’altro che spericolata, ma all’insegna del successo calcolato.  Se non fosse stato per Sergio Leone e i suoi spaghetti-western, che gli americani hanno prima deplorato e poi apprezzato, Eastwood non sarebbe asceso a molto più di un bravo attore hollywoodiano con una buona dose di popolarità. Uno dei tanti.

Tirando un bilancio sui suoi ottantasette anni, i francesi gli hanno dato la Legion d’Onore, onorificenza transalpina toccata anche a Gianluigi Rondi, e l’Italia ha assicurato ogni volta ai film da lui interpretati un successo al botteghino forse esagerato. E l’attore ha ricambiato dirigendo e interpretando un film nel quale era protagonista insieme con la sua auto d’epoca la Ford “Gran Torino”.

In patria Clint Eastwood non è altrettanto amato. Politicamente si è schierato senza possibilità di equivoco con il partito repubblicano. Uno come lui, che ha fatto fortuna nel cinema sparando all’impazzata per tutta la vita sul set di film polizieschi o western, non mancò occasione, quando negli States impazzava la polemica sulla diffusione delle armi, di dirsi contrario al tentativo di riforma della legge avanzato dal presidente Obama. E quando si trattò di eleggere il successore del primo inquilino di colore della Casa Bianca, che a lui non piaceva affatto, il divo di Hollywood disse che avrebbe votato per Trump e lo fece, festeggiando pubblicamente la vittoria dell’immobiliarista miliardario.  Tutto questo a molti americani non è piaciuto. Ma ormai era fatta. 

Qualcuno ha osservato che, forse, con qualche anno in meno e qualche miliardo di dollari in più, anche Clint avrebbe potuto correre per la presidenza degli Stati Uniti: del resto lo fece a suo tempo con successo Ronald Reagan e anche lui veniva da Hollywood. Ma potrebbe essere finito il tempo degli eroi romantici alla Casa Bianca. Come potrebbe considerarsi conclusa l’epopea dei grandi divi. Addirittura sta finendo l’era dei film proiettati nelle sale cinematografiche: la provocazione di Almodovar, presidente della giuria a Cannes, di non premiare i film di Netflix che non avranno una distribuzione nei normali cinema, apre una stagione all’insegna dell’incertezza. Riusciranno i nostri figli e nipoti ad andare a vedere, magari solo il sabato sera, in una sala profumata di pop-corn, un film di cui sia protagonista un attore grintoso (non solo di rughe) come il nostro malinconico Clint? 

 

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