Teatro Argentina. Fabrizio Gifuni legge “Ragazzi di vita”. Recensione

ROMA – Il 2 novembre del 1975 moriva all’idroscalo di Ostia Pier Paolo Pasolini. Trentanove anni dopo, il 2 novembre del 2014, Fabrizio Gifuni lo ricorda sul palco del Teatro Argentina, inaugurando con qualche mese di anticipo l’apertura dell’”anno pasoliniano” 2015. Del resto è tutt’altro che nuovo l’impegno di Gifuni verso l’opera del grande scrittore.

Voce del Pasolini di Abel Ferrara presentato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia e interprete di ‘Na specie de cadavere lunghissimo di Giuseppe Bertolucci – sintesi delle Lettere Luterane, degli Scritti Corsari e delle ultime interviste del poeta – Gifuni con Ragazzi di vita propone ancora una volta un’interpretazione che va oltre la lettura, addentrandosi con la voce e i gesti nella vita e nella storia dei personaggi.

Ragazzi di vita, a differenza degli scritti che hanno ispirato lo spettacolo di Bertolucci, non è un saggio. Non fornisce opinioni o sguardi lucidi sull’Italia del tempo e non indaga, come le altre opere, il nuovo fascismo, i giovani o le loro (mancate) ambizioni. Traccia, piuttosto, un quadro di una Roma lontana anni luce da quella felliniana del boom economico di una decina d’anni dopo: la Roma del dopoguerra e delle periferie, una Roma povera, desolata e prepotente, che nasconde la sua faccia oscura anche dietro il “gran teatro” del centro, popolato da prostitute, omosessuali, piccoli delinquenti con famiglie disastrate.

Come le strade della Capitale, anche la lingua del Pasolini di Ragazzi di vita è una lingua sporca, gergale, che diventa poetica solo a tratti, nelle descrizioni ironiche dei personaggi e malinconiche di alcuni luoghi della città. Così, nella lettura a voce alta di Gifuni, i termini impietosi e grotteschi con cui Pasolini descrive le sue creature letterarie prendono forma. Pare di vederlo, il Riccetto ubriaco, “rosso come un piatto di fettuccine”, o il Piattoletta in lacrime, con la sua “faccia da bertuccia, sempre più sfigurata e schifosa”, o ancora la grassa Nadia, “greve peggio d’un facchino del Mattatoio”. E poi c’è il suono: perché le allitterazioni, che danno il ritmo al testo, sembrano scandire tanto il tempo della finzione scenica che gli anni che passano in quella letteraria.

Come accade anche con i protagonisti dei film del Pasolini regista, il bianco e il nero perdono i contorni e mischiano bene e male, luci e ombre. Per lo scrittore – e di riflesso per lo spettatore – prendere posizione verso quell’inconsapevole disperazione che anima i personaggi diventa impossibile, forse inutile. E anche quando questi crescono e cambiano, il sentimento più diffuso resta la pietà. 

Gifuni legge “Ragazzi di vita”

Teatro Argentina, 2 novembre 2014

con Fabrizio Gifuni

Spettacolo proposto all’interno della rassegna “Roma per Pasolini”

Prossimo spettacolo in rassegna:

Una giovinezza enormemente giovane, di Gianni Borgna

Con Roberto Herlitzka

Regia di Antonio Calenda

Ispirato ai testi di Pier Paolo Pasolini

Teatro Argentina, dal 5 all’8 novembre 2014

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