Semplici scatti che diventano storyboard: William Let ci parla del suo lavoro

PARIGI – Durante l’ultima edizione dell’ÈCU – The European Independent Film Festival, è stata ospitata presso il cinema Les 7 Parnassiens la mostra Storyboard di William LET, il suo cognome d’arte è un vezzo grafico, la scelta delle lettere maiuscole permette un’indicizzazione più ampia e veloce nei motori di cerca del web…insomma una scelta di marketing che ben si coniuga con il mestiere d’artista.

William è un talento poliedrico: è attore, fotografo, pittore e illustratore. Ha all’attivo numerose realizzazioni grafiche di locandine e manifesti per gli artisti teatrali più in voga di Parigi. Come attore ha partecipato a diverse pubblicità e produzioni cinematografiche tra cui il film La strega di Porto bello tratto dal romanzo di Paulo Coelho. Storyboard è un mix di tecniche, dove fotografia, pittura, carboncino si mescolano per creare ritratti e composit, immagini che celano un simbolismo profondo che può essere universale e personale allo stesso tempo. Da diversi anni porta in giro con successo le sue opere, ha esposto a Parigi, Cannes, Agen, e persino in Cina. Gli abbiamo chiesto di parlarci dei suoi talenti e dei suoi lavori.

La tua arte è un mix di discipline, è una specie di vaso di Pandora, dove tutto si mescola per dare libero sfogo alla fantasia e all’interpretazione. Escludendo l’aspetto della riproduzione in serie, possiamo definire la tua arte Neopop. Ti senti figlio di questa corrente? Se sì o no ci spiegheresti il perché?
Effettivamente mi sento molto vicino a questa corrente artistica. Anche se non ho cercato né di conoscerla né di somigliarle. Dal mio punto di vista ciò che decreta la riuscita di un’opera d’arte è la sua capacità di essere immediatamente apprezzata da tutti. Poi, amo utilizzare i simboli e dare delle tracce per precisare un’idea o un senso nascosto. Gli osservatori che avranno i codici potranno così individuare i differenti gradi di lettura e allo stesso immaginarne altri di propria concezione.
L’eccezione che faccio nel mio approccio del neopop è sul copyleft, perché non amo l’idea di “rubare” un concetto per poi riutilizzarlo con il proprio nome.

Sei attore, fotografo, pittore, l’illustratore ecc. Come fai a gestire tutto questa creatività? C’è una disciplina per la quale ti senti più dotato?
Faccio molto fatica a gestire la mia creatività. I miei taccuini sono pieni di concetti e appunti, che spaziano dalla sceneggiatura, alla canzone, all’illustrazione, passando per design, concetti visuali, e pensieri filosofici. A oggi, dovrò vivere fino a 150 anni per realizzare tutto quello che ho scritto. Una disciplina per la quale mi sento più dotato…non saprei, mi confronto con artisti che sono migliori di me e allora sento il desiderio di lavorare ancora e ancora per progredire. Provo piacere in ciascuna delle mie discipline e quando ho una pulsione per una in particolare, mi ci butto a capofitto, perché in quel momento sono in simbiosi con quella pulsione. Non è sempre facile. Ho una compagna formidabile che mi comprende, o che fa del suo meglio per cercare di capirmi (ride). Per esempio l’idea di andare in vacanza senza i miei strumenti di lavoro mi fa paura.

Puoi raccontarci come ti è venuta l’idea di realizzare degli storyboard?
Non me lo ricordo esattamente. Avevo voglia di mettere insieme tutte le discipline che mi piacciono. La fotografia, la direzione degli attori, il disegno, i fumetti, il raccontare delle storie e l’essere nell’universo del cinema. Io amo il processo creativo, qualunque esso sia. Con il progetto storyboard, si scoprono un po’ i retroscena del cinema. Per cominciare un film si scrive la sceneggiatura, poi si adatta la storia, si scelgono gli attori, poi si cerca come inquadrarli affinché siamo in accordo con la trama della storia. Quale immagine può tradurre meglio quest’emozione? Come si monterà un’immagine per provocare un’emozione? Quando guardo lo schizzo di un artista, vedo il suo percorso di ricerca, le sue correzioni e infine le sue scelte. In storyboard io rappresento gli schizzi e le bozze di un cineasta. I miei lavori sono pezzi unici, perché lavoro direttamente sulle foto stampate. Posso dare movimento ai miei personaggi con tratti slanciati rompendo così l’immagine gelida e statica di una fotografia, per fare questo utilizzo i codici dei fumetti che si adattano molto bene a questo tipo di lavoro. Per me è impossibile organizzare un’esposizione fotografica, mandando semplicemente le foto numerate dall’altra parte del mondo, io devo intervenire sull’opera. Del resto quando ho esposto in Cina, ho svolto il lavoro sul posto. In quanto estimatore e amante dell’arte, l’idea che un’artista abbia passato del tempo sull’opera che sto guardando o che sto comprando, conta molto per me. Mi emoziono meno davanti ad una pallida copia. Poi, nei miei concept, il messaggio artistico è in parte impegnato e in parte no, non cerco sistematicamente l’immagine forte con molti riferimenti filosofici o politici, credo che la leggerezza a volte faccia bene.

La musica nella tua vita ha un posto importante e quando crei ascolti musica classica o rock. Se potessi scegliere un musicista o compositore su cui realizzare uno storyboard chi sceglieresti? E perché?
Tutto dipende dallo storyboard che realizzo. La musica che ascolto potrebbe anche essere la musica del film al quale lavoro. Bisogna che mi trascini nell’energia della mia composizione e del senso che voglio darle, ad esempio se deve essere poetico, sarò più incline nello scegliere Danny Elfman. Spazio senza alcun problema da Marisa Monte ai Radio Head, da J.S. Bach a Django Reinhardt passando per molti compositori di colonne sonore come Ennio Morricone e John Williams e tanti altri. Ascolto musica di tutti i generi dipende dall’umore della giornata. Non posso rispondere alla domanda “quale” e sceglierne “uno”, vorrebbe dire privarmi degli altri.

Quali sono i tuoi progetti futuri? So che stai per realizzare il tuo primo film, di cui sarai sceneggiatore, regista e attore…Puoi dirci qualcosa di più?
Effettivamente ho detto che ho creato la serie «Storyboard» per mescolare insieme tutte le discipline che mi piacciono. Dopo averci riflettuto, però ho capito che solo una cosa può davvero raggrupparle tutte: la realizzazione di un film. Un cortometraggio per il momento, affinché io possa imparare a gestire le difficoltà tecniche e le relazioni umane. Conosco, i retroscena come attore, fotografo di scena, coach d’attore, ma quando sei il capitano della nave, le responsabilità cambiano. Poiché non avevo alcuna nozione di sceneggiatura, ho seguito un corso alla facoltà di Cinema di Parigi con Magali Negroni, che è molto conosciuta in questo campo. Sarebbe stato troppo facile solo dover dirigere e recitare allo stesso tempo (ride). La squadra che avrò con me è composta di grandi professionisti e so che potrò concentrarmi solo sull’essenziale, poiché ognuno di loro gestirà molto bene il proprio raggio d’azione. Vestirò i panni di un pittore introverso che è alla ricerca dell’assoluta bellezza, un racconto surrealistico e poetico. Ho fretta di realizzarlo, immagino già le belle luci del mio direttore della fotografia (Christophe Larue) e le maestose melodie del mio compositore (Patrice Peyrieras) nient’altro di cui parlare…adesso ho voglia di rimettermi a lavoro.

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