Libri. “Senza più sognare il padre”: Paolo Guzzanti si racconta. Recensione

ROMA – Un lungo racconto senza immagini, che lascia immaginare…  ricco com’è di aneddoti, emozioni, avventure, contorsioni sentimentali, frustrazioni adolescenziali e complessi estetici derivati da stereotipi plurigenerazionali.

Questa è l’autobiografia di Paolo Guzzanti:  giornalista, opinionista, genitore, nipote ma soprattutto figlio in Senza piu’ sognare il padre,  pubblicato recentemente da Aliberti.
Una storia che intriga, commuove, diverte, ma soprattutto fa riflettere ed inietta, attraverso gli episodici retroscena di un Giornalista sul campo, uno spaccato socio-culturale del nostro Paese, che va oltre la percezione assimilata attraverso un qualsiasi organo mediatico.  La contorta e spontanea personalità di Guzzanti è segnata inevitabilmente dai suoi capelli rossi, “marchio di fabbrica” e imprescindibile distinguo sociale che, fin dai primi ammonimenti paterni su tale argomento, rende sempre più profondo il distacco dal “normale”, forgiando con determinazione un carattere che non accetta passivamente il subìto ma, proprio attraverso l’espressione verbale, mira ad aggredire pacificamente il mondo per cambiarlo.

Una determinazione soggettiva, comportamentale, che se da ragazzo lo porta ad isolarsi alla ricerca della verità, una volta intrapresa la carriera professionale, diventa una formula esemplare della sua scrittura giornalistica e dei suoi reportage che scavano oltre la notizia, oltre il sentito dire. Diviso in tre parti, a loro volta strutturate da una moltitudine di paragrafi tematici, il “romanzo di una vita” può essere divorato cronologicamente, o aperto a caso e goduto in ogni sua frazione, per l’abilità del suo autore di rendere scorrevoli e sintetici attimi personali insostituibili, offrendo al contempo allo spettatore l’analisi di un momento o di un personaggio, così come raccontato, in grado di spalancare le porte a singolari divagazioni mentali.
 E’ così scopriamo in Mussolini un dittatore stanco ed impaziente che sosteneva di avere soltanto messo in uniforme il fascismo, dal momento che questo era un prodotto “tipico” del popolo italiano, cogliamo il lato B di un ex presidente della Repubblica (Cossiga) considerato apparentemente un “timido patologico”, ma con del “metodo nella sua follia”. Ripercorriamo insieme a Guzzanti i suoi storici scoop per “Repubblica”, primo fra tutti l’intervista a Franco Evangelisti progenitrice degli scandali politici su appalti e mazzette, come anche le burle in redazione ai colleghi e le proverbiali imitazioni del presidente Pertini che, nonostante il sano divertimento del reale interessato istituzionale, scatenarono polveroni diplomatici a catena.
La parola d’ordine nel Guzzanti giornalista è ingenuità, e dunque obiettività nel riportare con i propri occhi particolari colti nel sopralluogo del reportage: se questa dote è perfettamente funzionale nei servizi sull’America del sociale, realizzati come inviato dagli Stati Uniti per “La Stampa” – singolare ed imperdibile è la lettura del finto diplomatico italiano che prende appuntamento con il rettore di un prestigioso college USA, solo per andare a caccia di dettagli e segreti scolastici dell’adolescente Soon-Yi, all’epoca dello scandalo-relazione col padre adottivo Woody Allen –  il “metodo personale” è a rischio, pena il licenziamento o l’isolamento dall’opinione pubblica, in episodi come le sferrate personali sul caso Moro, gli approfondimenti sul caso Gorbaciov-Litvinenko o sull’omicidio del giudice Falcone.  
Ma memore della sua sfida personale giovanile a tutti i non “roscio malpelo” del mondo, Guzzanti non si ritrae neanche una volta dalle sue opinioni, e questo è un forte messaggio ai suoi primi tre figli, farciti di stimoli fino al midollo e non a caso oggi eccelsi provocatori satirici, e ai suoi secondi tre figli ancora bambini ai quali, proprio con la scrittura di queste sue preziose memorie, spera di lasciare qualcosa, magari un ritratto a tutto tondo, piuttosto che un moralistico insegnamento. Il “pluripadre” Paolo, proprio con quest’opera, ha dunque superato e annichilito la figura del timoroso figlio dell’ingegner Guzzanti oggetto di psicanalisi, stringendo con questi un reciproco patto di non belligeranza onirica violato solo dai ricordi piu’ intimi di questo bel romanzo. “Sono al “round” finale della mia vita ed è giunto ora il momento di raccontarmi”, afferma l’autore Guzzanti alla presentazione del suo libro a Palazzo Incontro, ma mentre narra gli episodi salienti della sua carriera con verve, entusiasmo, acutezza mnemonica e la perseverante ironia britannica che lo contraddistingue, ci accorgiamo di essere di fronte ad un irresistibile e coinvolgente affabulatore che nella sua “aurea rossa”, forse ora un po’ stinta con l’età da sfumature biondo paglia, si rivela un istrione di primo livello in grado sicuramente di competere – e addirittura superare – il talento dei figli. Perché non pensare dunque ad una riduzione del romanzo in monologo teatrale? Altroché Mignottocrazia: qui si farebbe del Teatro-Storia, si respirerebbero, con schiettezza e sarcasmo, la purezza e le complicazioni della Vita.

Paolo Guzzanti
Senza più sognare il padre
Aliberti Editore, 2012
€ 18

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