“Orlando”, il maschile e il femminile in noi. Recensione

ROMA – “Forse che Orlando, sfinito dalla violenza del suo soffrire, era morto per una settimana, per poi resuscitare? E se così è, di che natura è la morte e di che natura è la vita?”.  Così Virginia Woolf.

Il personaggio della Woolf, Orlando, è una figura fluida, nomade, eccentrica che si muove fluttuando nei secoli, capace di superare il limite stesso del tempo e della natura, divincolandosi dall’essere meramente o solo uomo o solo donna. La storia di Orlando inizia alla corte di Elisabetta I, la quale favorisce in maniera evidente il giovane cortigiano, ammaliata dalla bellezza enigmatica del fanciullo. “[Orlando] giunse alla sala del festino in tempo appena per cadere in ginocchio e, chinando il capo in confusione, offrire una coppa d’ acqua di rose alla gran Regina in persona.”.

Questo è il primo incontro tra il protagonista ed una figura femminile che, maestosa per rango, è però decadente per età. La vecchiaia ripugna il giovane, lasciandolo notevolmente impressionato. La Regina, al contrario del ragazzo, gusta con piacere il loro primo incontro, soprattutto osserva con cura i lineamenti, a tratti femminili, di questo, in netto contrasto con la sua decadente vecchiaia, che la rende sempre più simili ad un uomo, avvicinandola maggiormente al suo status di sovrana, detentrice di un potere, solitamente, prettamente maschile. Non a caso la Woolf scelse proprio Elisabetta I, regnante tanto devota al suo stesso compito da decidere di declinare ogni offerta di matrimonio per rimanere padrona unica del suo destino e fedele compagna, unicamente, del suo popolo. Alla morte della sovrana, succeduta da Giacomo I, il quale tiene sempre di conto il giovane, la posizione di Orlando non muta, è qualcosa dentro di lui a cambiare. Con l’ arrivo di un tremendo gelo, che colpisce l’ Europa senza darle tregua per una settimana, ogni cosa è ovattata dal bianco splendore della neve. In questo paesaggio, quasi, artico arriva Sasha, la figlia dell’ ambasciatore russo, che porterà Orlando a provare un sentimento nuovo, l’ amore.

La storia tra i due però è destinata a finire con l’abbandono del giovane, che, in cerca di un riparo, si rifugia nell’ unico luogo a lui caro, la sua casa natia. Qui si addormenterà, e per una settimana il suo sonno parrà un presagio di morte. Risvegliatosi, decide di abbandonare la sua vita in Inghilterra, e di partire, come ambasciatore per l’Asia, terra misteriosa, terra dei sensi, in netto contrastro con la rigida madre patria. Nella sua nuova dimora cadrà vittima del sonno che lo possedette nella sua casa natale, ma questa volta al suo risveglio le sue convinzioni non saranno cambiate, egli lo sarà. Risvegliatosi donna, Orlando non si sconvolge dell’ accaduto, come non lo fanno le persone a lui care. Appare come una metamorfosi naturale a cui si abitua fin da subito. “Egli – poichè non vi era dubbio del suo sesso per quanto la foggia di quei tempi alquanto lo dissimulasse-  stava prendendo a piantonte la testa di un moro, che dondolava appesa alle travi del soffitto.”.

Orlando non è uno scherzo del destino, o tanto meno subisce una punizione del destino, ma rappresenta il desiderio della Woolf di comunicare che, secondo lei, dentro ogni individuo convinvono una parte maschile ed una femminile, entrambe da scoprire con naturalità, senza pregiudizi o timori. La scelta di Orlando, appena divenuto donna, di partire con gli zingari è l’aspra critica della scrittrice, indignata della bassa considerazione in cui erano tenute le donne. Ella marca con ironia e sarcasmo il mancato ruolo femminile nella vita politica e altri ambienti considerati ptrettamente maschili, dagli uomini. Orlando si muove con leggiadria durante i secoli, aprendosi alla cultura e all’ amore, uomo o donna che sia, senza preconcetti, lasciandosi guidare solamente da ciò che sente. 

Il tono letterario varia, divenendo da serio e pomposo, quale paradigma del barocco, a comico e irriverente, tematiche proprie dell’età vittoriana, sempre in bilico tra ciò è possibile, la realtà all’ interno del romanzo, come le ere storiche, e ciò che potrebbe accadere solamente in un sogno o nell’ arte, la fantasia della tramutazione da uomo a donna e l’eterna giovinezza. A causa di questa sua originalità, il lavoro della Woolf non fu apprezzato da tutti i critici a lei contemporanei, come Alice van Buren Kelley e Jonh Gram, i quali considerarono questo suo romanzo troppo distanta dalle altre opere della scrittrice, tutte di molto superiori al “libriccino”, come era solita chiamare questo suo romanzo la Woolf stessa.

In Orlando l’autrice non si ferma alla mera critica o al desiderio di narrare, ella analizza come il contesto storico influisca sull’individuo, si addentra alla piacere di scoprire la propria identità sessuale, ma soprattutto indaga sulla condizione femminile nell’ arte.
Più che una biografia o un semplice romanzo, Orlando è l’educazione sentimentale di un essere umano, sia donna che uomo e allo stesso tempo nessuno dei due.
Rappresentando il genere umano tutto, Orlando, e l’arte, nei panni di mecenate ed artista stesso, è immune alla morte o all’ invecchiamento. La sua giovinettà è rigogliosa poichè in costante nascita. Il protagonista, divenuto donna, è l’ emblema di ciò che la Woolf aveva sempre, largamente, sostenuto: nonostante le restrizioni, i divieti morali e il perbenismo sociale, nascere donna è un privilegio, una condizione ottimale e quindi auspicabile. Orlando, quindi, supera ogni rigido binarismo, tra uomo o donna, enfatizzando così il concetto della scrittrice, e cioè dell’unicità dell’individuo, sempre teso tra maschile e femminile a prescindere dal sesso con cui nasce.

 

TITOLO: Orlando
AUTORE: Virginia Woolf

TRADUTTORE: Grazia Scalero
EDIZIONE: La Feltrinelli
PAGINE: 238
COSTO: 6,75

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