Horacio Verbitsky. L’isola del silenzio – Il ruolo della Chiesa cattolica nella dittatura argentina

ROMA – Si dice abitualmente che conoscere la Storia è importante per non ripetere gli errori del passato. In realtà la Storia ci dice che conoscere la Storia non è mai servito a non ripetere gli errori del passato. Studiando la Storia ci si rende conto che in effetti gli uomini, che l’hanno attraversata e l’attraversano, hanno ripetuti gli stessi errori e gli stessi orrori in una tragica coazione a ripetere. Un esempio ne è il fenomeno della Lega Nord che ripete tutti  contenuti del nazismo, cambiando solo, obtorto collo, le forme della violenza e il colore della camicia.

Il libro di Horacio Verbitsky, ‘L’isola del silenzio – Il ruolo della Chiesa cattolica nella dittatura argentina”, forse, non si può ancora definire un libro di Storia, certamente lo diventerà. Non lo è perché è un documento, un reportage giornalistico che denuncia i crimini di uomini di potere che ancora esercitano tale potere come il presidente della Chiesa argentina Cardinale Jorge Bergoglio, che, nel 2005,  alla morte di Wojtyla sfiorò il seggio papale.

Come scrive Verbitsky, tra le nefandezze di cui Bergoglio si rese complice, ci fu la denuncia ai militari golpisti di due gesuiti vicini alle idee della Teologia della liberazione, che avevano avuto la colpa di continuare ad aiutare e difendere i diritti della gente dei barrios più poveri di Buenos Aires, nonostante la chiesa argentina avesse ordinato loro di abbandonarli al proprio destino. Orlando Yorio e Francisco Jales furono rapiti da militari in borghese, portati alla famigerata Scuola di Meccanica della Marina, centro clandestino di detenzione e tortura durante la dittatura militare, oggi Museo della Memoria, dove vennero torturati per mesi e lasciati incatenati al suolo in mezzo alle loro feci. Se conosciamo questa storia è solo perché i due si sono salvati, probabilmente da qualcuno che nella Chiesa argentina, non aveva perso completamente l’identità umana.

Verbitsky, ha impiegato dieci anni a comporre questo libro. Il verbo comporre è d’obbligo perché ‘L’isola del silenzio’ è una narrazione dei fatti dove ogni affermazione, ogni frase, ogni lacrima delle madri, è suffragata da una nota che rimanda a documenti, articoli, saggi, archivi, interviste, atti processuali, testimonianze, deposizioni, numeri di cause e denunce, certificati notarili, messaggi di ambasciate ai propri governi: una vera e propria composizione giornalistica inespugnabile, che nessuno riuscirà mai a negare.
Poi ci sono i racconti raccapriccianti dei pochi sopravvissuti alle torture dei marinai dell’ESMA. Infine, la parte forse più dolorosa, il lunghissimo elenco di nomi e cognomi, nel quale, come in un doloroso appello, vengano ‘chiamati a deporre’, i desaparecidos:  “ Lo studente di diciassette anni Claudio Norberto Braverman fu sequestrato mentre si trovava nell’abitazione di famiglia. Quando la madre si recò alla chiesa Stella Maris, vide un gruppo di quindici o venti persone in attesa di essere ricevute. Grasselli le disse le disse che era prematuro andare alla ricerca e di tornare dopo due settimane. Passato un mese le comunicò che aveva rintracciato suo figlio. “È detenuto in un luogo che non posso rivelare, stia tranquilla Claudio è ancora vivo”. – Dopo qualche mese l’amara verità: “ Signora mi duole consigliarle di non cercare più suo figlio” – le disse Grasselli. “Ma perché, monsignore? È una creatura, è innocente”. Grasselli le rispose gelido: “Capita spesso che nella ricerca di un sovversivo ci vada di mezzo un innocente. Insisto, non lo cerchi più”.
Il prelato argentino Emilio Grasselli, aveva il suo studio nella chiesa Stella Maris, dove riceveva le famiglie dei desaparecidos: “Gli archivi della ‘Commissione nazionale sulla scomparsa di persone’, e i vari processi giudiziari, descrivono con dovizia di particolari la complicità di Grasselli. In diverse occasioni alimentò le speranze dei familiari e li dissuase dal presentare denunce o formulare proteste pubbliche”.

Grasselli fu anche implicato nella compravendita dell’isola ‘El silencio’, sulla quale, per depistare i membri della Commissione interamericana per i diritti umani, in vista alle prigioni di Buenos Aires, vennero trasferiti per qualche settimana i prigionieri dell’ESMA.
Il libro di Verbitsky, è anche indispensabile per conoscere con certezza anche trame internazionali: nella prigione dell’ESMA veniva contraffatti, da prigionieri resi schiavi, passaporti falsi come quello che servì a Lucio Gelli, della Loggia P2 nella quale militava l’ammiraglio Massera il quale fu a capo della Marina e quindi comandante dei torturatori e degli assassini dell’ESMA.

Ma è soprattutto sulla Chiesa che Verbitsky punta il dito. La Chiesa di Roma, scrive il grande giornalista argentino non fu solo complice passivo della tragedia dei desaparecidos, ma autore attivo: “Laghi (il nunzio apostolico del Vaticano in Argentina) non agiva di sua iniziativa. La santa sede appoggiava la relazione speciale tra il suo ambasciatore e Massera”. E, quando, durante un incontro con il papa, Massera cercò di scusarsi perché gli squadroni della morte avevano assassinato alcuni sacerdoti ed alcune suore a Buenos Aires, Paolo VI rispose che si trattava di “episodi superati”. Terrificante.

Inoltre la Chiesa argentina in combutta con Forze Armate , Aviazione e Marina, preparò il golpe; prescrisse ai militari le modalità di assassinio dei prigionieri politici, che venivano gettati dagli aerei ancora vivi; convinse, attraverso i propri cappellani militari, i marinai reticenti e angosciati, a torturare  e ad uccidere i desaparecidos, facendo dire loro che “separare l’erba buona da quella cattiva” era un precetto biblico da applicare senza nessuna colpa.
In Argentina, dagli anni cinquanta in poi, prelati, cardinali, vescovi, papi, fecero a gara per incoraggiare l’odio verso i ‘sovversivi’, tra i quali vi erano numerosi religiosi che appartenevano in gran parte ai movimenti popolari cristiani che volevano la giustizia sociale: dalla Teologia della liberazione ai Montoneros.
Chiesa argentina, Opus dei, P2, potere economico, militari, politici, dalla fine degli anni cinquanta, prepararono la logistica, indottrinarono e addestrarono i loro uomini con un fine preciso e lucido: eliminare la parte migliore del paese che voleva: “… sovvertire l’ordine cristiano, la legge naturale o il progetto del Creatore”. Per fare questo la Chiesa argentina, appoggiata dal Vaticano, al grido di “Dio è giusto”, non esitò a legittimare, la tortura, gli assassinii, e le sparizioni di migliaia di esseri umani: “Quando la Chiesa si sente minacciata nella sua stessa esistenza, cessa di essere soggetta a principi morali. (…) tutti i mezzi sono benedetti: inganno, tradimento, violenza, prigionia e morte”, questo è ciò che facevano imparare a memoria a preti e militari nei corsi di ‘Guerra controrivoluzionaria’, dove molti docenti erano dei prelati, con la benedizione del papa.

 

Fandango Libri, collana Documenti – euro 15,00 – pagg. 184

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