Musica: Aldo Tagliapietra: “Il mio nuovo album? Manca solo il titolo”

Intervista esclusiva con il musicista veneto fondatore e ex bassista de Le Orme: “Con la mia nuova band ci capiamo con uno sguardo”

“La ballata viene prima di tutto da una certa ispirazione non trovata per caso ma cercata” (Aldo Tagliapietra”)

Aldo Tagliapietra è un gentile e affabile signore che ha superato i 70 anni con una grazia davvero rara. E’ un artista che ama raccontare la propria musica senza nostalgia per il suo luminoso passato. E’ un musicista serio, raffinato ed eclettico che ha attraversato con leggerezza quasi cinque decenni della storia del pop-rock italiano. Conversare con lui è come incontrare un intellettuale che ha tante cose da insegnarci e tanti aneddoti da raccontarci. 

Aldo Tagliapietra è nato a Murano in provincia di Venezia figlio di un maestro vetraio. Sin dall’adolescenza è attratto dalla musica e a vent’anni nel 1965 ottiene da privatista la licenza in “teoria e solfeggio” al Conservatorio di Padova. La sua attività artistica e professionale inizia nel 1966 dopo aver vinto un concorso per giovani cantautori. Con il chitarrista Nino Smeraldi, il bassista Claudio Galieti e il batterista Marino Rebeschini, Tagliapietra (bassista e cantante) fonda a Marghera il gruppo de Le Orme. Nel 1967 il batterista Michi Dei Rossi sostituì Rebeschini mentre nel 1968 arrivò l’organista Tony Pagliuca. Nel 1969 debuttarono in piena epoca beat con l’album “Ad gloriam”. Pagliuca e Tagliapietra in questo periodo erano molto interessati al nuovo rock che arrivava dall’Inghilterra e rimasero folgorati prima dai Nice e poi dagli Emerson, Lake & Palmer. Entrambi decisero di proseguire quel genere di musica che poi sarà chiamato ‘progressive rock’ grazie a band come i King Crimson, gli Yes, i Genesis, i Jethro Tull e Van Der Graaf Generator. Nel 1971, divenuti un trio dopo l’abbandono di Smeraldi, Le Orme pubblicarono per la casa discografica Philips “Collage”, un album innovativo che è da considerarsi il capostipite del rock italiano, ormai maturo dalle brevi canzoni del periodo beat. Il disco del trio veneto anticipò “Caronte” dei Trip e “Concerto Grosso” dei New Trolls, gruppi questi che stavano cercando di riproporre in Italia il rock anglosassone. Le Orme raggiunsero il grande successo con “Uomo di pezza” (1972) e “Felona e Sorona” (1973), entrambi Disco d’Oro. Nel 1974, con la pubblicazione del disco “Le Orme in concerto”, furono il primo gruppo rock italiano a proporre un live registrato durante un loro concerto al Teatro Brancaccio di Roma. Sempre nello stesso anno pubblicarono “Contrappunti”, un album molto complesso e raffinato che però non ottenne lo stesso successo dei precedenti dischi. Nonostante i cambiamenti dei gusti del pubblico e dell’ondata del Punk e della Disco music, Le Orme mantennero la loro coerenza  con gli album “Smogmagica” (1975), “Verità nascoste” (1976) e “Storia o leggenda” (1977). Dopo la coraggiosa svolta classica degli album “Florian” (1979) e “Piccola rapsodia dell’ape” (1980), la band è scossa da tensioni interne. Dopo la pubblicazione di “Venerdì” (1982), il gruppo si sciolse per le forti divergenze fra i tre musicisti.  Nel 1984 Aldo Tagliapietra incise “Nella notte”, il suo primo album solista. Tra il 1986 e il 1987 Pagliuca, Tagliapietra e Dei Rossi tornarono a suonare dal vivo e nel 1989 festeggiarono il ventennale della loro nascita. Nel 1992 Tony Pagliuca decise di lasciare la band. Aldo Tagliapietra annunciò il suo definitivo abbandono nel 2009 dopo una tournée in Canada e si concentrò sulla propria attività solistica. La sua produzione discografica è composta da “Radio Londra”  (1992), “Il viaggio” (2008), “Unplugged” (2011), “Nella pietra e nel vento” (2012) e “L’angelo rinchiuso” (2013). In questo periodo sta ultimando le registrazioni del suo nuovo album.

Aldo Tagliapietra, lei è un musicista dal passato leggendario, costellato da grandi successi legati al Progressive rock e alla sua militanza con Le Orme. Parliamo di oggi e del nuovo album con la sua band. 

Ho avuto la fortuna di aver trovato tre musicisti (chitarrista, tastierista e batterista), tre ragazzi giovani che hanno un bagaglio musicale enorme, forse più grande del mio.  A volte sono io che gli faccio domande tecniche sul rock e sulla musica classica.  Loro sono anche insegnanti di musica, sono molto bravi e soprattutto sono dei musicisti con i quali ci si capisce al volo. Hanno quella capacità per cui non serve molto spiegare le cose, grazie al loro background di conoscenza e sintesi musicale. Alla fine basta che ci guardiamo. Possiedono un entusiasmo che riescono a trasmettere anche sul palco e come si diceva una volta sono il ‘bastone della vecchiaia’. 

Ci presenti la tua band?

Ci ho messo cinque anni per trovarli dopo che avevo lasciato Le Orme. E’ stata una ricerca lunga e accurata. Sono Andrea De Nardi alle tastiere (organo Hammond e minimoog), Matteo Ballarin alla chitarra e Manuel Smaniotto alla batteria. Ecco questa è la mia band, siamo in quattro e facciamo anche un casino del diavolo. Fanno parte di una puntigliosa selezione che è durata cinque anni. Siamo tutti della zona di Vittorio Veneto e sono molto, molto soddisfatto di questi collaboratori. Io sono sempre stato abituato a lavorare in un gruppo e anche oggi c’è una bella atmosfera di entusiasmo per cui suonare con loro è molto divertente.

Per il nuovo album che tipo di sonorità hai voluto esplorare e che tipo di musica vuoi offrire al tuo pubblico?

Il nuovo disco è praticamente finito dal punto di vista del materiale, nel senso che ho trovato tutte le canzoni e i testi e quindi il materiale c’è. Nel più breve tempo possibile uscirà il nuovo cd.

Hai già il mente il titolo della nuova fatica discografica?

No, il titolo è l’aspetto che ho tenuto sempre alla fine, quando tutte le registrazioni saranno state completate come i suoni, gli arrangiamenti e i testi definitivi. Quando il disco sarà pronto lo titoleremo. In questo cd ci sono delle piccole novità, ci sono le ballate…Attualmente credo la musica abbia preso una strada che non mi appartiene,  come lo ha dimostrato anche l’ultimo Sanremo. Noi (Aldo Tagliapietra intende in questo caso Le Orme, ndr) siamo stati essenzialmente un gruppo di controcultura. Oggi non mi sento di dire che faccio le stesse cose degli anni ’70, la mia musica di oggi è diversa anche se le radici sono quelle dell’epoca di cui abbiamo accennato sopra.

Oggi sei più indirizzato alla forma canzone o alla composizione di brani più lunghi e strumentali?

Le famose suite di un tempo non mi interessano più. A me interessa un tipo di materiale che abbia degli sviluppi, che parta sempre da un discorso di melodia e ballata che abbia un suo respiro. E’ una di via di mezzo se vogliamo, dove ci sia sempre una melodia importante. Se, come dicono, ho una voce interessante è bene che io la faccia sentire. Un po’ come nel mio album precedente, esprimo il mio personale modo di proporre la musica.

Volevo chiederti due cose: Che tipo di strumentazione hai utilizzato per le registrazioni del nuovo album e se lo studio del solfeggio ti ha aiutato nella fase compositiva

Io ho studiato Teoria e solfeggio nel 1964-65 e ho preso la licenza da privatista al Conservatorio di Padova, perché all’epoca non avevo il tempo di frequentarlo come allievo. Io ho sempre usato bassi Rickembacker o Music Man che me li fanno su misura. Quando suono in sala d’incisione adopero quasi sempre il mio amato Fender Precision perché credo che abbia il suono giusto.

Quando suoni il basso preferisci dotarti del plettro o usi le dita?

Io suono con il plettro perché non sono un bassista di base nel senso che il vero bassista parte proprio da presupposti legati al suo strumento con una certa impostazione e con l’uso delle dita per quanto riguarda la mano destra. Noi bassisti di una volta venivamo molto spesso dalla chitarra come Paul McCartney, Chris Squire, Greg Lake e tanti altri. E quindi abbiamo continuato ad usare il plettro diventando praticamente dei chitarristi-bassisti. Il bassista vero ha invece una tecnica e un modo di suonare completamente diverso.

Il plettro ti aiuta a suonare lo strumento in una certa maniera piuttosto che in un’altra.

Non usi più le chitarre acustiche a 12 corde con le quali componevi le tue splendide ballate?

Non ho più le chitarre a 12 corde, non la uso quasi mai però ho delle bellissime acustiche a 6 corde come una Martin del ’70 molto buona, una Gibson SG buonissima. Dal vivo uso la 12 corde elettrificata a doppio manico come quella che usava Mike Rutherford dei Genesis. In quegli anni (prima metà degli anni ’70) molti bassisti avevano il basso su un manico e la 12 corde elettrificata sul secondo manico. Quella dal vivo io la suono sempre, mentre in studio quando voglio avere i suoni acustici tiro fuori le mie ‘ bellezze’ Martin e Gibson.

Quando componi la musica la scrivi sul pentagramma nota per nota?

Certamente. Io non adopero da molti anni i computer, uso invece una matitina e scrivo sul pentagramma. Per me la composizione viene buttata giù lì. La ballata viene prima di tutto da una certa ispirazione non ‘trovata per caso’ ma ‘cercata’. Come ad esempio lo scrittore Stephen King il quale diceva: “Per me l’ispirazione è un uomo grande e grosso con la tuta da lavoro che al mattino mi sveglia dicendomi: “Stephen c’è da scrivere un romanzo”, datti da fare e muovi il culo!”. Voglio dire che l’ispirazione esiste ma non romantizziamola troppo. Bisogna soprattutto lavorare alla chitarra o al pianoforte e cercarla. Come Diceva Michelangelo che per fare una statua basta togliere il marmo che c’è intorno….

Aldo Tagliapietra, non parlare del tuo glorioso passato è praticamente impossibile. Secondo te quali sono le caratteristiche che hanno fatto de ‘Le Orme’, uno dei più gruppi rock più importanti e innovativi della musica italiana?

Potrei dirti l’entusiasmo, perché nel periodo più creativo quella era la nostra migliore caratteristica . Con ‘Le Orme’ noi eravamo come fratelli, c’era molto entusiasmo nel nostro rapporto. Eravamo molto vicini e soprattutto molto curiosi. Ne abbiamo combinate di tutti i colori come ad esempio nel 1970 quando noleggiammo un furgoncino e andammo all’Isola di Wight (dove ci fu un memorabile festival musicale con Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jethro Tull, ndr) per cercare di capire cosa stava accadendo in Gran Bretagna dal punto di vista musicale.

All’isola di Wight debuttò proprio un trio che vi influenzò molto: gli Emerson, Lake & Palmer

R: Sì, quella era la prima volta che suonarono dal vivo e presentarono ‘Pictures at an exhibition’. La loro fu un’ottima esibizione.

Su Youtube c’è un video de Le Orme in cui suonate il brano strumentale “Blue Rondo à La Turk”, un cavallo di battaglia anche degli Emerson, Lake & Palmer

Quando il chitarrista Nino Smeraldi se ne andò rimanemmo in tre e cercammo di capire cosa eravamo in grado di fare. In alcune di queste prove suonammo il Rondo di Brubeck che già proponevano i Nice, il primo gruppo di Keith Emerson. “Blue rondo à la Turk” faceva parte di queste registrazioni che noi facevamo ma che non avevamo mai autorizzato a far uscire su un disco. All’epoca c’erano molte pubblicazioni illegali, e in quel periodo l’artista più ‘sabotato’ era senza dubbio Jimi Hendrix che amava suonare sempre. Senza fare paragoni irriverenti queste cose sono successe anche a noi.

L’album “Collage” uscito nel 1971 è stato il primo disco di musica italiana a compiere lo storico passaggio dal beat ad un rock più maturo e complesso. Lo stesso anno uscirono “Caronte” dei Trip e “Concerto Grosso” dei New Trolls. Il vostro disco però uscì prima, fece da avanguardia. Me lo confermi?

R: Si, “Collage” fu il primissimo disco di progressive rock che ebbe anche successo e che aprì le porte a tanti altri gruppi come la Premiata Forneria Marconi e il Banco del Mutuo Soccorso. Noi siamo stati fortunati per essere stati i primi e per aver venduto tanti dischi. Diventammo amici di band che amavamo come i Genesis e i Van Der Graaf Generator. Loro avevano molta stima di noi e noi altrettanto di loro. I contatti artistici con Peter Hammill iniziarono quando lui lasciò il suo gruppo (1972) e scrisse i testi in inglese di “Felona e sonora” che fu pubblicato anche in Gran Bretagna. Recentemente ho avuto l’occasione di suonare molte volte con David Jackson, ex sassofonista-flautista dei Van Der Graaf Generator. E’ stata una collaborazione molto diluita nel tempo che ebbe avvio nel 1973.

Come ultima domanda ti vorrei chiedere se all’epoca vi eravate resi conto che Le Orme avrebbero lasciato una traccia indelebile nel rock italiano?

Non completamente, perché all’epoca c’erano tanti altri gruppi interessanti come gli Osanna, i Trip e il Rovescio della Medaglia, per cui c’era già un’atmosfera generale molto buona, stimolante. Posso dirti che noi abbiamo fatto la nostra parte in quel periodo molto creativo della musica italiana.

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