Valle del torto e dei feudi. Mezzojuso: Sicilia da scoprire. LE FOTO

MEZZOJUSO (corrispondente) –  A circa 40 km da Palermo, nella zona collinare della Brigna, sorge un paese pittoresco, Mezzojuso (etimologia araba che significa villaggio di Giuseppe), dalla storia e tradizioni artistiche originali.

È qui che ogni anno l’ultima domenica di Carnevale, nelle vie centrali da Piazza Umberto I a Piazza Francesco Spallitta si svolge una pantomima in costume d’epoca, il Mastro di Campo, che racconta vicende storiche realmente accadute nel XV sec., che coinvolgevano la vice Regina Bianca di Navarra e il conte di Modica, Bernardo Cabrera detto Il Giustiziere. Al rifiuto della nobildonna, il mastro assaltò il palazzo dello Sterri in Palermo, dimora della Regina Bianca, senza, però, trovarla. Il genio popolare ha reinterpretato l’intera storia, stravolgendola a favore del Mastro di Campo, mostrando, invece, la Regina innamorata del Conte Cabrera. Un’aggiunta tardiva alla leggenda: la presenza anacronistica dei garibaldini, assai cari ai mezzojusari, che vollero così ringraziare Garibaldi e il suo esercito. La manifestazione è la più antica della Sicilia e vanta un grande seguito tra gli abitanti, che sin da piccoli attendono questa festa con trepidazione.

La piazza campeggiata dal Castello, è unica nel suo genere, contraddistinta da due chiese, strutturalmente quasi identiche, l’una di rito bizantino greco, l’altra di rito romano: la chiesa di San Nicolò di Mira e quella di matrice latina, la Chiesa di SS. Maria Annunziata. Interessante, al di là del comune stile neogotico delle facciate, è la convivenza dei due culti, in un unico paese di tremila abitanti. Testimonianza, che con rispetto reciproco possono convivere religione diverse, seppur, entrambe, di derivazione cristiana. E questo è possibile in un villaggio, per sua storia abituato alla convivenza multietnica, imposta dai flussi migratori. Sorto nella provincia di Palermo, come avamposto saraceno, conquistato poi dai Normanni e recato in dono al Monastero di S. Giovanni degli Eremiti di Palermo. Furono poi le popolazioni albanesi nel 1490 a far rifiorire la città attorno al Monastero basiliano, passata poi al dominio dei Borboni: nel 1862 Mezzojuso accoglierà Garibaldi e si ribellerà al principe regnante.

Sui resti dell’ex Monastero basiliano, di culto bizantino, associato al Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata ha sede il “Centro di Restauro di libri antichi”: un’eccellenza in tutta la regione Sicilia, diretto da Matteo Cuttitta, che ha restaurato sia i manoscritti di Luigi Pirandello che i libri sacri, di entrambi i culti religiosi.

Sempre all’interno del Monastero ormai in disuso, ha sede la Chiesa di rito greco-bizantino, Santa Maria di tutte le Grazie, dove è custodito il mausoleo dell’istitutore Andrea Reres, nobile albanese, fondatore della costruzione dell’edificio religioso. All’interno sono conservate le icone sacre risalenti al primo restauro della Parrocchia di San Nicolò di Mura e alcune reliquie degli apostoli d’inestimabile valore.

Ritornando verso il centro, in via Solferino 25, non può mancare una visita all’“Associazione l’Isola dei Pupi”: centinaia di pupi, della tradizione palermitana, catanese e trapanese conservati in ottimo stato. Per completare l’opera, anche, un teatrino originale, dotato di sedute, per presentare ai più piccoli un genere di intrattenimento storico: – “L’unico divertimento concesso ai nostri avi” – dichiara il responsabile Dott. Biagio Bonanno, presidente della Pro Loco. Una vera e propria professione, quella dei “pupari”, che cantavano di battaglie epiche ai siciliani, da Magonza in avanti, muovendo le tipiche marionette con i cavi robusti e cadenzando il ritmo con i piedi. Lo stile era quello dei “cuntastorie” ossia “ un racconto a puntate”, adatto a catturare l’attenzione del pubblico, prettamente maschile e fare in modo che ritornasse ogni sera. La tradizione palermitana si avvale di pupi di 80 cm per 5 kg di peso, con le ginocchia mobili, mentre quella catanese raggiunge i 35 kg per 80 cm di altezza, con gambe rigide.
I Pupari ancora oggi in attività: la famiglia Cutticchio, “cuntastorie” palermitani di lunga data, Nino Canino di Partinico e la famiglia Napoli di Catania. Tutti con un’esperienza pluricentenaria che ha permesso loro di affinare le tecniche e rendere questo mestiere, una professione fiorente, a differenza dei loro più umili predecessori.

Ma “Mezzojuso”, dal fascino orientale e un sistema occidentale si distingue, anche, per le sue prelibatezze enogastronomiche. Dai tipici dolci delle feste: i “sammartinelli farciti” ai “pupi cull’ova” della Pasticceria Gesualda in centro, alla genuinità dei prodotti dell’Azienda Agrituristica Baglio Carcilupo alle pendici della Rocca Busandra, tra i quali eccelle la delicatissima ricotta di pecora.

Natura, folklore, tradizione e ottima cucina incantano i cuori degli avventori, che stregati da tanta magnificenza, non potranno ritrarsi dal visitare gli altri comuni della Valle del Torto, in quell’angolo magico delimitato dal fiume Torto e San Leonardo.

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Per ulteriori informazioni: www.valledeltortoedeifeudi.it

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