La lotta al gioco d’azzardo e la perdita di posti di lavoro

In Italia è in corso una vera e propria campagna di contrasto al gioco d’azzardo, ma non sempre sono state considerate le conseguenze che certe nuove norme possono avere sul versante occupazionale.  

Non vi è studio o statistica recente che non indichi come, in Italia, il gioco d’azzardo sia un settore economico in costante crescita, tanto da rappresentare il terzo settore più forte nel nostro Paese. 

In attesa dei dati relativi al 2018, ricordiamo che l’anno scorso gli italiani abbiano speso in giochi legali 20,5 miliardi di euro, con un aumento del 5,1% rispetto all’anno precedente. Nel nostro mercato riscuotono grande successo le scommesse sportive, i giochi tradizionali e crescono rapidamente, nelle passioni degli italiani, anche i siti di gioco a distanza. I casinò online legali, infatti, con la loro facilità di accesso, l’offerta di tantissimi giochi differenti e la possibilità per gli utenti di ricevere casino bonus per divertirsi gratuitamente, stanno conquistando una fetta di mercato sempre maggiore. 

Più complesso e difficile è il settore degli apparecchi di gioco che sono diventati, negli ultimi anni, il focus dell’attenzione di buona parte delle politiche di contrasto del gioco d’azzardo patologico e di tutela delle fasce deboli della popolazione. In assenza di una chiara regolamentazione a livello nazionale, sono numerose le amministrazioni locali che hanno scelto di affrontare il tema del gioco patologico adottando regole che stabiliscono distanze minime tra esercizi che offrono giochi e i luoghi sensibili, e di limitare gli orari di apertura o il funzionamento degli apparecchi. 

Avviene così che molti imprenditori, in possesso di regolari autorizzazioni, si trovino a dover cercare nuovi sedi per le loro attività, per poter continuare a lavorare in modo legale o che scelgano di non installare slot machine nei loro esercizi, rinunciando ai proventi diretti ed indiretti che questi apparecchi generavano.

In entrambe i casi, l’esito è quello di mettere in crisi attività imprenditoriali che fino ad ora hanno operato nel pieno rispetto della legge, con la conseguente perdita di posti di lavoro.

Ma sul fronte dei lavoratori del settore del gioco legale qualcosa si muove e, nel corso dell’anno, sono state diverse le manifestazioni di piazza che hanno voluto attirare l’attenzione sulle conseguenze occupazionali delle politiche di riduzione dell’offerta di gioco, diffuse sul territorio. 

Proprio il 16 novembre scorso è stata organizzata una mobilitazione nazionale dei 150.000 lavoratori e lavoratrici del settore del gioco legale. L’iniziativa, portata avanti con lo slot “VogliamoUnGiocoPulito” vede unite diverse sigle sindacali interessate a difendere i posti di lavoro contro nuove stringenti norme approvate da Governo ed Enti locali. 

Alla fine di ottobre, gli operatori del gioco legale della Puglia, avevano organizzato una manifestazione davanti alla sede del Consiglio Regionale, per chiedere la proroga dell’entrata in vigore delle Legge Regionale e la tutela dei 20.000 posti di lavoro che potrebbero essere persi con l’attuazione del distanziometro in essa previsto. Alla base della protesta vi era anche l’affermazione che misure come quelle delle distanze minime non solo non sono efficaci nel contrasto alle ludopatie ma anzi potrebbero spingere i giocatori verso forme di scommessa non autorizzate, quindi più pericolose. 

Tra i primi lavoratori, che hanno spinto politici ed amministratori ad affrontare le tematiche relative al settore del gioco con un’ottica più globale, vi sono quelli del Piemonte che già nel luglio scorso avevano manifestato davanti al Consiglio Regionale presentando una lista di 550 persone il cui posto di lavoro era a rischio, come conseguenza dell’entrata in vigore della legge regionale sul gioco.

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