Jacko fra i bambini di Roma – racconto quattordicesimo

La mamma di Michael Jackson aveva chiesto il divorzio da suo marito perché non sopportava più che, anche invecchiando, continuasse a comportarsi come un donnaiolo.  Joe non aveva voluto andar via dalla tenuta di Encino e Katherine, pur vivendo separata da lui, lo vedeva quasi ogni giorno, sebbene di lontano.

Il re del pop si era liberato del genitore-manager ma  l’ex signora Jackson, malgrado fosse ricorsa agli avvocati, non riusciva ad andare sino in fondo perché, per quanto lo detestasse,   quell’uomo era parte della sua vita. Di tanto in tanto Katherine, trovandosi sola con Michel, gliene parlava: suo figlio era duro col padre e non sopportava che lo giustificasse ancora. Tanto più che il vecchio non provava imbarazzo se Hayvenhurst,  ricomprata per metà da Michael quando Joe era in ristrettezze economiche, non sarebbe stata più sua. L’unica cosa positiva che gli riconosceva era quella di non aver mai utilizzato i soldi dei figli per i propri interessi.

Hayvenhurst era una grande casa sempre in festa. Il telefono squillava in continuazione da tutte le parti del mondo. C’erano visitatori d’ogni specie: parenti, dipendenti della Motown e della CBS,  fan e vicini di casa ai quali la madre mostrava video di Michael, compiaciuta di come gli ospiti restassero impressionati quando usavano il bagno in marmo nero e oro, con supporti a forma di cigno. A quel tempo Michael e lei  persistevano nell’abitudine di cercare proseliti ai testimoni di Geova, bussando alle porte di gente che non li frequentava,   camuffati e irriconoscibili,  rito che il figlio si sentiva in dovere di adempiere per farle piacere. Una sera, rientrati da una di quelle spedizioni segrete, si misero a cenare insieme in soggiorno con un pasto a base di zucchine, cereali e frutta esotica che faceva bene alla linea e alla pelle del ragazzo, di un pallore latteo, particolare, che non apparteneva alla razza bianca  e che gli dava un’aria che Katherine trovava malsana. Esaminandolo con attenzione lei esordì:
–   Ti vedo sciupato… ti stai affaticando…
–   Al contrario, sto benissimo…  qualche volta ho bisogno di qualcosa per dormire o di un antidolorifico…
–  In TV le macchie sulla pelle non si vedono,  non devi preoccuparti più di tanto ..
Lui sospirò cambiando discorso: –  Cos’hai fatto con Joe? Credevo se ne fosse andato ma  l’ho incontrato di nuovo…
La donna alzò gli occhi al cielo.
Mamma  – si arrabbiò Jacko – così non te ne libererai mai!
Certe volte mi fa pena…
Ma se eri tu a dire che spendeva per le puttane quello che  guadagnava…
Lo so…
Hai messo in mezzo gli avvocati e poi ti tiri indietro…
Katherine  lo guardò desolata.
Io ho voi… lui ha tutti contro…
E’ lui che ha voluto questo…
Il mio cuore è rimasto a Gary… –  lei alzò le spalle in segno di rassegnazione –  quando la nostra famiglia era unita… meno male che non abbiamo mai venduto quella casa… a volte penso che la miseria potrebbe tornare e sapere che la casetta c’è ancora mi rassicura…
Jacko scosse il capo, con uno stuzzicadenti cercò di liberarsi di un avanzo di verdura, capì che era inutile proseguire :
Non sono affatto contento di come sta andando “Bad”… doveva superare “Thriller” e invece arranca… pochi milioni di copie… secondo me Quincy si è rincoglionito…
Ma cosa dici?! – la donna spalancò gli occhi preoccupata – Milioni di copie non sono poche…
Comincio a pensare di licenziare Frank Di Leo… quella storia di Wacko Jacko mi danneggia e il manager non sa porvi rimedio, per tutti  sono Jacko il pazzo…  voglio che il  tour di Bad ribalti la situazione,  voglio arrivare a cento milioni…

L’ultimo LP prodotto da Quincy Jones “Bad”, ovvero “Cattivo”,  non era stato affatto un fiasco:  pubblicato il 31 agosto 1987 era arrivato subito al primo posto in classifica e con questo terzo album da solista Michael stabilì un nuovo record, quello di aver portato il maggior numero di singoli in vetta alla bilboard, tra questi in “Just good friends” aveva collaborato un artista del calibro di Stevie Wonder. Ma il pezzo forte fu il video per lanciare Bad: un epico cortometraggio diretto da Martin Scorsese girato nella metropolitana di New York che, nella versione originale,  durava ben 17 minuti  e raccontava un fatto realmente accaduto, quello di  uno studente di una scuola della grande mela coinvolto in una lite con i suoi vecchi amici i quali, dopo averlo accusato di essersi “rammollito”, lo avevano cacciato dalla gang. “Bad” vendette 30 milioni di copie. Tantissime ovviamente,  ma non abbastanza per Jacko l’ insaziabile.

Michael Jackson – Bad  – live in Japan 1987

  

***

Il “Bad world tour”, il “Cattivo giro del mondo”, il primo da solista, partì il 12 settembre 1987 alla volta di Tokio con un  programma di 123 spettacoli in quindici nazioni. Jacko aveva al seguito 22 camion con le scenografie, 132 persone tra tecnici e staff e lo scimpanzé Bubbles che viaggiava con lui su un volo privato.  Michael tenne Bubbles con sé anche quando andò a ricevere le chiavi della città dal sindaco di Osaka.

Sponsorizzato dalla Pepsi, il “Bad world tour” totalizzò quattro milioni e mezzo di spettatori per un incasso pari a 125 milioni di dollari e terminò sedici mesi dopo. Nella primavera del 1988 approdò in Europa: il 23 maggio, fra lampi di luce, cortine di fumo e coreografie avveniristiche, Michael Jackson inaugurò la tourné nel vecchio continente comparendo sull’enorme palcoscenico dello stadio Flaminio di Roma: aveva trent’anni e una carriera lunga venticinque. L’applauso si avviò due minuti prima dell’inizio e divenne ovazione quando sui tre schermi giganti apparvero i passi di moonwalk:  casacca bianca, pantaloni neri, attillati e borchiati. Davanti a lui quarantamila giovani, 600 giornalisti, tanti vip. Cappello, camicia aperta sul petto nudo, piedi inguainati nelle calze bianche.  Trucco teatrale, volto dai lineamenti innaturali, disegnati dal bisturi del chirurgo che in quegli anni lo aveva limato ancora.  Intorno il circo di un vero illusionista, ribalta che lo riempiva di soldi tenendolo prigioniero, costretto in un corpo che non aveva rapporti con gli altri: per strada doveva camuffarsi, nascondere la faccia, farsi scudo dei gorilla, parlare alla stampa e al pubblico attraverso manager e produttori. Era un robot a uso e consumo dello show businnes ma, proprio per questo, dove Jacko passava era un  evento.

La canzone più chiacchierata fu il quinto singolo dell’album:  “Dirty Diana”, “Sporca Diana”,   che Michael disse ispirata alle ragazze di facili costumi al seguito delle band, le groupies. Alcuni però vollero leggervi una sferzata a Diana Ross, favoleggiando che se ora erano in cattivi rapporti,  un tempo erano stati amanti. Il motivo suscitò perplessità quando in Inghilterra ci fu una serata in onore di Carlo e Diana, perché quel nome e quel testo erano sconvenienti: fu la stessa  Lady Diana a risolvere il caso chiedendo a Michael di cantarla.

 

 

 

 

 

Michael Jackson – Dirty Diana nel world bad tour di Roma 1988

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Durante il soggiorno a Roma il re del pop e il suo seguito alloggiarono all’ hotel Lord Byron, antica dimora patrizia, che un tempo ospitava i più illustri personaggi della diplomazia,  angolo di paradiso nel verde e nella tranquillità di uno dei quartieri più esclusivi, a pochi passi da Villa Borghese. In una calda sera,  approfittando del buio, indossando una parrucca bionda e degli abiti che lo rendevano irriconoscibile,  Jacko uscì dal retro,  unica porta  permessa a uno come lui. Aveva detto di voler fare un giro e lo staff della security, spaventatissimo,  trovando la cosa inopportuna, aveva tentato di dissuaderlo. Un gorilla, fattosi coraggio,  lo affiancò:
Non è prudente… rientrate
Voglio andare a vedere il Bambin Gesù… – disse il re del pop
Cosa?
L’ ospedale pediatrico… i  bambini malati mi fanno una tenerezza immensa… dovrebbe stare in centro, dalle parti del Vaticano…
Non potete andare a piedi…
Mi fanno una tenerezza terribile quei poveri piccoli…
Il gorilla lo guardò negli occhi:
–    Vi prego rientrate… organizzeremo una visita,  non è prudente..
Voglio portare questo al Bambin Gesù… – e Michael gli mostrò un assegno circolare di diecimila dollari.
Vista la determinazione,  il gorilla non osò opporsi. Lo staff seguì il re del pop nella notte. La donazione fu puntualmente riscossa dall’ospedale pediatrico un paio di giorni dopo.

***

Michael Jackson guadagnava molto, ma molto spendeva. I concerti gli avevano fruttato quaranta milioni di dollari che si erano però volatilizzati in spese pazze. Il suo manager,  Frank Di Leo, quando aveva saputo che aveva offerto una vacanza ai dipendenti, preoccupato per lo spreco,  si arrabbiò con lui.
Hai le mani bucate… perché dovevi regalare a tutto lo staff una settimana a Marbella ?!
Sei noioso – rise Jacko – occupati della mia immagine , anche tu mi costi un capitale!
Gli amici ti hanno seguito ovunque… il conto dei biglietti aerei è astronomico!
Il re del pop non sembrava far caso a quelle sciocchezze, viveva in un mondo tutto suo e aveva progetti grandiosi.
Ho in mente di comprarmi un ranch che diventi la mia “isola che non c’è” di Peter Pan… voglio metterci un parco giochi e invitare molti bambini…
Frank lo guardò stupefatto: non bastava la piccola Disneyland che aveva piazzato sul retro di Hyvenhurst? Era davvero un po’ wacko,  pensò.  Non osò contraddirlo ma la certezza che fosse un eccentrico,  che avrebbe eretto un monumento alle stranezze, lo folgorò: Peter Pan non voleva crescere, esattamente come Michael.  E Frank si allontanò scuotendo la testa

(continua)

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