Prima del grande passo voleva tenere sotto controllo la situazione, vedere se c'era qualcuno che si fosse accorto del lucchetto.
ROMA - Qual è la differenza tra subire e reagire di fronte al più dolente fra gli imprevisti? Il dramma di chi, pur soffrendo, non si rassegna mai. Neanche alla morte. Quanto è bello sognare a occhi aperti, rimettere tutto in discussione: sentimenti, rapporti, l’amore, e non dare nulla per scontato.Non è questo il sale della vita?
Ma nell'aria Sil e Lucia notavano l'inquinamento di un'invidia, di un'asprezza nei confronti dell'altro, che quelle cose che respirano hanno verso i loro compagni di falsa esistenza. Loro per esempio in confronto a questi oggetti erano liberi, non totalmente, ma liberi nel vero significato della parola. Il criticare quelle cose che camminavano tutti i giorni, il ricordarsi che quella non era vita, il disprezzare gli usi e costumi di quelle cose, il cercare non di essere fuori dal coro ma di evidenziare le cose del coro, li faceva sentire liberi.
Intanto il mese stava finendo; le bollette, anche se poche, e l'affitto andavano pagati. La padrona di quel buco già si aggirava per il palazzo quei giorni per riscuotere anche dagli altri inquilini.
Suona il cellulare scassato, dall'altra parte dell'apparecchio c'è una voce di una signora, signorina, dal tono alquanto idiota che propone a Sil un colloquio per il giorno seguente alle ore 12. Sil un po' a malincuore risponde che sarebbe andato ma in realtà non ne aveva nessuna voglia. Passato per il bar per vendere un cinquantino se ne torna a casa a fumare un po' per rilassarsi e a bersi una meritata birra da sessantasei rigorosamente del supermercato.
“Cosa bevi?” - gli chiese di fretta il cameriere dietro al bancone. “Un liquore alle erbe” - disse Sil. Accanto a lui sedevano due ragazzi che si vedeva essere di qualche paese del nord. Loro erano felici, con le loro borse di studio, i loro genitori che gli pagavano i divertimenti e i viaggi, i loro discorsi da sballati.
Non è vero che niente e nessuno ci salva. I libri spesso lo fanno, eccome. Soprattutto quando raccontano la vita, l’amore, la complessità e la bellezza delle relazioni umane. E c’è riuscita Eugenia Romanelli con il suo nuovo romanzo “La donna senza nome” (Ed. Castelvecchi, pag. 183, euro 16,00)
Passati i soliti ristoranti e bar che di solito prendevano della manodopera in più Sil entra nel suo bar abituale e si fa servire una fredda birra. Versandola nel bicchiere la osservava e pensava che era proprio bella, con quella schiuma bianca.
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