Il colloquio (Parte prima)

Suona il cellulare scassato, dall’altra parte dell’apparecchio c’è una voce di una signora, signorina, dal tono alquanto idiota che propone a Sil un colloquio per il giorno seguente alle ore 12. Sil un po’ a malincuore risponde che sarebbe andato ma in realtà non ne aveva nessuna voglia. Passato per il bar per vendere un cinquantino se ne torna a casa a fumare un po’ per rilassarsi e a bersi una meritata birra da sessantasei rigorosamente del supermercato.

Tebra quella sera lo guardava come per dirgli qualcosa ma Sil non sapeva cosa volesse e le dava i suoi biscotti preferiti. Lei distoglieva lo sguardo dal suo migliore amico e si abbuffava senza fare obiezioni. Sil intanto si gustava la sua meritata pausa riflessiva e inebriava la stanza dell’intenso profumo di quel pregiato pakistano. Finì con l’addormentarsi seduto su quella poltrona tutta rotta e una volta svegliatosi cominciò a cucinare una tortilla, erano le 11 oramai, doveva mangiare qualcosa. Intanto gli suonò il campanello, era Lucia che passava a salutarlo. Sil felice di vedere che la sua amica si ricordava di lui quando la vide le diede due baci sulla guancia, lei contraccambiò e i due si misero a finire di cucinare quella gustosa tortilla insieme, bevendo una bottiglia di vino per l’occasione. Tebra era su di giri, voleva anche lei il suo pezzo di cena e i due commossi da tutta quella foga le concedettero un bel pezzetto. Tutti, con la pancia piena, decisero di vedere un film fino ad addormentarsi in quella fredda stanza. Lucia era contenta di aver conosciuto Sil, la trattava bene, la rispettava, gli cominciava a piacere in qualche modo pur continuando a  diffidare degli uomini che per lei avevano troppo un’educazione maschilista-patriarcale e con i quali non si trovava bene. Ma con Sil aveva trovato un punto a favore per le persone dell’altro sesso. Lucia era stufa di studiare, già sapeva che non avrebbe trovato niente con i suoi studi, era iscritta solo per temporeggiare, per non entrare in quella morsa che la società destina ad ogni individuo da quando nasce assegnandogli quel bel codice fatto di 16 numeri e lettere. Lei sognava di andarsene, distante anche da quel luogo di falsità. Quella cittadina di universitari non era la vera vita. La vera vita era dove vivevano per esempio i suoi amici o i suoi genitori. In quello schifo di periferia, attorniata da industrie e palazzi, dalle macchine, dallo smog, dalla velocità della quotidianità, dall’indifferenza di quegli automi in giacca e cravatta che camminano dal bar al loro quadratino. Quel mondo invece fatto principalmente di gente che studia era ancora più artificiale di quello reale, che è già un prodotto artificiale. Ovvero in confronto a quella che consideriamo realtà, ma che invece è un complesso di manipolazioni che ci inducono a credere le cose che poi noi sosteniamo, era un mondo fatato. L’andare a lezione, preparare un esame sulla storia medievale, studiare, leggere libretti in vista di un giudizio imparziale e soggettivo era proprio a pensarci una totale follia. Quel giudizio dato da un elemento che si faceva chiamare professore, un individuo pieno di frustrazioni, pieno di rabbie e umiliazioni represse che ha passato in genere la sua vita a leggere libricini e ad inventarsi teorie e significati pur di portar a casa il suo soldo. Che ridicolo tutto quanto, ma il peggio era che questo avrebbe rovinato chissà quante vite. Lucia non voleva servire nessuno. Intanto Sil svegliatosi e preparato il caffè anche per Lucia si avvia con Tebra all’agenzia che lo aveva chiamato. Lucia si ferma a dormire ancora un po’, tanto quella mattina avrebbe avuto lezione di psicologia delle masse… era meglio sicuramente dormire, pensava. Sil uscì di casa contento; che bello era stato condividere il suo spazio anche con Lucia. Arrivato davanti all’agenzia interinale, dove subito Tebra fa i suoi bisogni, lega la sua migliore amica al palo davanti all’entrata. I passanti cominciarono ad attraversare la strada per non passare davanti a quel cagnone che abbaiava quando vedeva che qualcuno le si avvicinava. Sil che si era anche messo un maglioncino che non usava da tre anni (forse l’ultima volta era stata quel famoso natale passato con la sua famiglia), entra e chiede di quella voce idiota che lo aveva contattato. Una ragazza più giovane di lui, sicuramente con la sua stessa laurea dice di aspettare mentre andava a vedere se la sua collega era libera. La sua collega era proprio di fronte a Sil dietro una vetrina trasparente che stava guardando il cellulare e rideva da sola. La tipa va da Sil e gli dice che può passare, che la sua collega era libera. Sil ridendo tra sé entra e saluta. La collega era poco più grande di lui, ma ancora si poteva ritenere “giovane”, e gli chiese se avesse con sé un curriculum. Sil disse che non ce l’aveva, la tipa gli chiese il perché e lui rispose che non lo aveva portato perché glielo aveva già inviato per internet. Tra l’altro non gli avevano detto niente a riguardo. La tipa allora guarda il suo cellulare in modo arrogante e con un tono altezzoso, non riesce a trovare il curriculum. Sil conferma di non possedere una esperienza lavorativa significante, perché laureato in filosofia e di conseguenza non aveva ancora trovato niente di interessante. La tipa gli chiese perché avesse studiato filosofia e Sil rispose infastidito perché gli piaceva. La tipa con una risatina di sottofondo gli chiese ancora il perché e Sil in modo ancora più infastidito rispose perché gli interessava e sicuramente non per fare carriera. Poi la “ragazza” gli chiese se volesse lavorare solo qualche mese oppure un po’ più a lungo. Sil stupefatto rispose che chiaramente se vi fosse stata la possibilità sicuramente (stava mentendo) avrebbe preferito lavorare più a lungo. Allora la tipa senza dirgli niente lo ringraziò e gli disse che se ci fossero state delle posizioni disponibili lo avrebbero contattato. Sil si alzò e se ne andò allibito. “Questi mi chiamano, mi dicono di venire per un colloquio e poi non si è nemmeno parlato del lavoro che sarei dovuto andare a fare?! Ma che facce di merda! Tirano per il culo la gente, giocano con le vite delle persone questi…. Non mi ricordavo che fossero così inutili queste agenzie… madre mia che branco di falliti!” esclamava Sil camminando per la strada con Tebra. Tornato a casa c’era un messaggio su un foglietto di Lucia che lo ringraziava per l’ospitalità e che si sarebbero visti presto. Sil allora dimenticò quella faccia da culo che lo aveva fatto così incazzare e accesa una bella canna si rilassò e pensò alla bellezza nascosta di alcuni tratti della vita. 

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