9. FINE (seconda parte)

Il ritorno a casa fu un trauma, le cose e le persone che pensava di non rivedere più tutto ad un tratto si stavano interessando del suo fallimento. Orazio nel giro di due giorni arrivò nell’isola e da lì iniziò la sua schiavitù. Doveva lavorare tutti i giorni dalla mattina alla notte, aveva anche un letto dove poter svenire nelle poche ore di pausa. I colleghi erano la gente più di merda che avesse mai conosciuto in vita sua e se non fosse stato per Paz non ce l’avrebbe fatta. L’estate passò così, però, almeno, quando tornava a casa con le gambe distrutte e l’animo a pezzi, vedendo Paz trovava le forze per continuare. Venezia gli era sempre piaciuta, ma questa volta la odiava. 

I troppi turisti, il falso volto di una città in decadenza, gli facevano pensare che forse questa città non era quel posto magico che aveva sempre pensato. La gente che vi abita è fatta da studenti, turisti e qualche veneziano. I pochi rimasti hanno tutti delle attività a Rialto e a San Marco e per Orazio non erano bella gente. Dopo questa estate poi ne ebbe la conferma. Tutto finì verso metà di settembre e proprio quando Paz se n’era già tornata a casa ecco che Campanin riceve la bella notizia di dover passare i prossimi due mesi a casa aspettando sul da farsi. Il mondo ancora una volta si faceva più complicato ai suoi occhi.

Il tempo non passava più, questi giorni senza Paz erano infiniti. Orazio aveva dovuto rivedere tutte le persone che conosceva e stava piano piano ricominciando la solita routine. L’angoscia lo abbatteva ogni giorno; il pensiero di dover passare un altro anno nella più totale incertezza lo esauriva, lo stava consumando da dentro. Non aveva più idee positive. La colpa era per lui naturalmente della società e del mondo moderno. Quei cazzo di vecchi cadaveri che lo circondavano per la strada, nei supermercati, nei bar lo rendevano furioso e pensava “perché non morite cazzo!!”.

Orazio non provava più rispetto per gli anziani, per quegli ex fascisti che durante la dittatura leccavano il culo al duce per salvarsi la pelle. Questa gente che aveva reso così il mondo in cui viveva. Le persone da cui era attorniato gli davano solo fastidio, praticamente le odiava senza conoscerle. Questo però era dato dal fatto che le sue esperienze le aveva avute e l’intuito lo aveva sviluppato. Non sapeva più cosa fare, si sentiva in gabbia, non poteva stare con la persona che amava, non poteva lavorare, perché il lavoro non c’era e perché le condizioni di quello che esisteva erano peggiori di quelle di una schiavitù. Non poteva decidere di fare qualcosa perché non aveva il denaro. Tutti i suoi amici non lavoravano e vivevano a casa con i genitori. I soli che lavoravano si lamentavano della loro occupazione, delle condizioni in cui vivevano e avrebbero voluto lasciare tutto al più presto. Lo sfondo in cui vivevano i nostri amici era del tutto tenebroso e senza vie d’uscita. Orazio avrebbe voluto cambiare le cose ma sentiva che non aveva le forze, tutto ogni giorno andava contro di lui.

                                                    CONCLUSIONE

 

Questa storia voleva raccontare la voglia di vivere e di cambiare di Orazio Campanin, personaggio veramente esistito. Orazio è  la testimonianza che le persone stanno vivendo in un’era di dittatura, una nuova forma di tirannia semitecnologica, grazie alla quale si è inermi nell’agire, nel pensare e nel cambiare. Si può fare quello che si desidera solo se si hanno possibilità economiche; il lavoro è schiavitù, il padrone è ancora peggiore di quello che si poteva incontrare in epoca medievale e le persone tra di loro cercano di mantenersi nell’indifferenza. Orazio non ha potuto stare con la persona che amava per colpa della società, per colpa dei vecchi che ingialliscono le nuove menti e le mettono a tacere per poter dominare fino all’ultimo. L’educazione, questa magia nera che ci hanno fatto subire sin da piccoli, ci ostacola nel nostro cambiamento e di conseguenza in quello sociale. Siamo viventi che dormono, sonnambuli. Quando ognuno si sveglierà anche solo per pochi minuti sentirà la preoccupazione di non avere nessuno al suo fianco per lottare, per cambiare e allora ritornerà nel suo stato di speranza e di fiducia nel futuro, che in realtà è già stato pensato e programmato da terzi dei quali non sappiamo niente.

 

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