Le banche dei derivati vogliono più potere

ROMA – Quando inizia un nuovo anno gli auspici di ottimismo sono d’obbligo. Ma a volte si sprecano.

Secondo molti il 2011 sarà l’anno della ripresa economica americana a cui tanti, anche di casa nostra, sperano di agganciarsi. Nessuno può esimersi dal fare i migliori auguri di stabilità e di benessere alle famiglie e alle industrie pesantemente indebolite da più di due anni di crisi. Ma occorre essere realisti e sempre più esigenti nel rivendicare le riforme finora promesse ma non realizzate.

La finanza speculativa, tra cui quella delle banche “too big too fail”, è stata la causa dell’onda anomala. Non possiamo dire che essa sia stata messa sotto controllo. Al contrario, dopo due anni di tentativi di riforma del sistema finanziario, il presidente Obama, con la sconfitta di novembre, sembra aver buttato la spugna. Le leggi approvate lo scorso luglio sembrano perdere sempre più la loro efficacia.

Lo ha ammesso lo stesso Gary Gensler,  presidente della US. Commodity Futures Trading Commission (CFTC), incaricato dal presidente americano per regolare i derivati finanziari e far pulizia nel mondo della speculazione. “Il funzionamento di questi mercati finanziari aggrava di costi i cittadini americani”, ha recentemente dichiarato, richiedendo anche un maggior controllo sulle banche che trattano questi prodotti.

Qualora le nuove regole finanziarie previste dalla legge Dodd-Frank entrassero in vigore, la maggior parte dei derivati dovrebbe essere contrattata e regolata attraverso le camere di compensazione. Queste però sono largamente controllate dalle banche stesse. Il compito di Gensler e dei riformatori sarebbe proprio quello di sottrarle ad una simile interessata manipolazione.

La realtà è ben diversa, sembra che si torni indietro. Secondo il New York Times, ogni terzo mercoledì del mese i rappresentanti delle 9 banche dominanti a Wall Street, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Ubs, Credit Suisse, Barclays, Deutsche Bank, si ritrovano per definire l’andamento del mercato dei derivati e per proteggere i propri interessi di cartello finanziario.

Il mercato dei derivati è fonte di grandi profitti, anche perchè i governi sono diventati i prestatori e i garanti di ultima istanza in caso di rischio di default. Il “turn over” giornaliero globale dei derivati stipulati è di circa 15.000 miliardi di dollari, di cui il 38% è in derivati over the counter (Otc).

Le banche suddette vogliono mantenere il monopolio di questo mercato, tenendo fuori le banche minori e gli hedge fund desiderosi di partecipare al banchetto. Esse intendono mantenere i loro uomini nei direttivi delle camere di compensazione e degli altri istituti preposti alla supervisione, come quello dell’International Swaps and Derivatives Association. Vogliono quindi evitare che ci sia troppa trasparenza nelle operazioni in derivati, che i listini dei prezzi siano pubblici, che si conosca l’ammontare delle commissioni incassate e che i derivati Otc, oggi trattati direttamente tra le banche, passino attraverso un centro di scambio controllato, come avviene per le altre operazioni di Borsa.

E’ soprattutto il mercato sui cambi esteri quello più appetibile. Dal 2007 è aumentato del 20% e oggi ha un turnover giornaliero di 4.000 miliardi di dollari. Ma questo aumento è in gran parte dovuto a operazioni fatte elettronicamente on line e per l’85% da altre istituzioni finanziarie, come le assicurazioni e i fondi. Cioè non dal club esclusivo delle grandi banche in questione.

Il ministero di Giustizia americano sta conducendo numerose indagini antitrust sui mercati dei derivati. Anche la Security Exchange Commission ha in corso numerose verifiche. In oltre cento casi le banche e le finanziarie coinvolte hanno pagato multe, anche salate, ma nessun “alto papavero” è stato condannato. Fino ad oggi nessun dirigente della Lehman Brothers, della Merril Lynch, della Citigroup, del gigante assicurativo AIG o dei gestori di ipoteche, è stato accusato e condannato per frode. Perciò il Procuratore generale di New York ammette che “l’insider trading illegale è in grande crescita”.

Si tratta di una prospettiva poco rassicurante per gli Usa e per il resto del mondo. Il nostro augurio per il 2011 è quello di un maggior impegno dell’Italia e dell’Europa per giungere a una vera unità di intenti con gli Stati Uniti al fine di portare proposte condivise e stringenti per l’approvazione delle nuove regole finanziarie in sede di G20.

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