FMI, Ilo e Istat. Piovono dati pessimi

ROMA – Gli effetti dell’ultra rigorismo si fanno sentire in forma di dati nerissimi in arrivo da diverse, autorevoli, fonti.

L’Ilo, l’Organizzazione internazionale del Lavoro, ci parla di decine di milioni di disoccupati in più dall’inizio della crisi e ci annuncia altri 7 milioni di ingressi nella disoccupazione entro il 2013, il Fondo Monetario Internazionale lancia l’allarme sul debito arrivato a livelli mai visti nel dopo guerra e descrive una Italia che si impoverisce sempre più e l’Istat conferma l’impennata dei prezzi registrata già nella stima provvisoria.

Ilo. Un mondo di disoccupati e working poors
Quanto emerge dai dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro presentati oggi a Tokyo dal direttore generale Guy Ryder, nel corso della riunione annuale di FMI e Banca mondiale, è la fotografia di un disastro annunciato.
La crisi del debito sovrano causerà nel solo 2013 la perdita di sette milioni di posti di lavoro nel mondo e, se queste stime saranno confermate, in mancanza di una vera reazione concreta, mirata ed efficace da parte dei paesi più industrializzati, a livello globale il numero dei disoccupati salirà alla cifra impressionante di 207 milioni di persone.
Le precedenti previsioni per il 2013 dell’Ilo, di un aumento dei disoccupati di ‘solo’ 4 milioni di unità,  sono infatti state riviste in peggio dopo la revisione al ribasso annunciata questa settimana dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) relativa alla crescita economica mondiale.
“E’ ormai evidente che la situazione sta peggiorando – ha affermato Ryder – e che c’e’ bisogno immediatamente di nuove misure. Quei paesi che hanno manifestato la loro disponibilita’ a prendere parte a questo sforzo coordinato rappresentano la meta’ della produzione globale e possono quindi influenzare in maniera significativa la situazione mondiale”.
A preoccupare è poi il dato relativo allo spropositato numero di persone, 900 milioni nel mondo, che lavorano guadagnando meno di due dollari al giorno, cioè meno della soglia fissata per consentire il mantenimento di sè e della famiglia.
Per il Direttore Generale dell’Organizzazione, le ultime previsioni del World Economic Outlook del FMI riconoscono che quei governi che avevano scelto la via dell’austerità avevano sottostimato l’impatto negativo di queste misure, trasformandosi cioè da cura a malattia del sistema. “Questo significa che gli effetti negativi delle misure d’austerità sono stati piu’ dannosi di quanto previsto”, ha infatti affermato Ryder.

FMI. Il debito più alto dal dopoguerra
Il Fondo Monetario Internazionale torna ad essere lo strenuo difensore dell’ortodossia economica finanziaria con l’intervento odierno della Lagarde che ha lanciato l’allarme.
Sarebbe infatti il debito pubblico “il maggiore ostacolo” sulla strada della ripresa dell’economia globale.
Il direttore generale del Fondo monetario internazionale ha aperto con queste parole la sessione plenaria dell’assemblea in corso a Tokyo.
Nelle economie avanzate, ha poi sottolineato la francese alla guida del Fondo, il debito ha raggiunto un livello medio pari al 110% del Pil, “il livello piu’ alto dalla seconda guerra mondiale” il che riporta alla mente, secondo Lagarde, una lezione della storia “ridurre il debito pubblico e’ incredibilmente difficile senza crescita. Di contro un debito alto rende piu’ difficile crescere”.

FMI. L’Italia perde posizioni nella classifica per ricchezza pro capite
La crisi ha lasciato il segno in maniera particolarmente dura sugli italiani che hanno visto la propria ricchezza pro capite ridursi rispetto a quella di molti altri paesi.
Secondo le proiezioni del Fondo monetario infatti, nel periodo dal 2003 al 2013 l’Italia ha perso ben quattro posizioni a livello internazionale passando dal 26/o al 30/o posto, superata da Spagna e dalle Bahamas.
I 30.170 dollari dell’Italia sono infatti superati dai 30.253 della Spagna e dai 32.248 delle Bahamas. Di stacco maggiore dalla Francia che è 25/a con 35.961 dollari e dalla Germania, 19/a con 39.997 dollari, mentre l’Irlanda e’ 13/a con 43.298 dollari.
E se a colpire l’occhio è la Spagna che ci sorpassa, o l’Irlanda che ci surclassa l’impressione più preoccupante la si ha volgendo in capo indietro a chi ci sta immediatamente alle spalle e si potrebbe apprestare a superarci se il nostro esecutivo continuasse a strangolare ogni velleità di crescita del Paese.
Mentre infatti l’Italia è 30sima con 30.170 dollari pro capite la Nuova Zelanda ci segue con 29.770, seguita dall’Oman, dalla Slovenia (a 28.912 dollari pro capite) dal Bahrain e dalla Repubblica Ceca con 27.686 dollari pro capite. Paesi che pochi anni fa vedevamo con un certo distacco

L’Istat conferma i pessimi dati provvisori sull’inflazione di settembre
Nel mese di settembre, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, comprensivo dei tabacchi, ha fatto registrare una variazione sul mese precedente nulla e un aumento del 3,2% sullo stesso periodo dello scorso anno.
Lo ha comunicato oggi l’Istat confermando la precedente stima provvisoria.
L’inflazione acquisita per il 2012 viene quindi confermata al 3,0% così come viene confermato l’allarme sul cosiddetto carrello della spesa, ovvero sui prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori, che aumentano dello 0,8% rispetto al mese precedente ma con un tasso di crescita su base annua che sale al 4,7%, dal 4,2% di agosto.
Anche il dato definitivo relativo all’’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) conferma la stima preliminare che lo vedeva in aumento del 2,1% su base mensile e del 3,4% su base annua, con una accelerazione di un decimo di punto percentuale rispetto ad agosto 2012, quando aveva fatto segnare +3,3%. Da segnalare infine la forbice tra l’indice Ipca per l’Italia, al 3,4%, e quello medio dell’Eurozona che è al 2,7%.

 

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