Gli italiani visti dal Censis, specchio dei guai creati dalla politica berlusconiana

ROMA – Rileggere il rapporto del Censis ci fa capire molte cose. La prima è quella che la crisi non esplode in questo ultimo anno, ma viene da lontano.

Nei tempi in cui si stava meglio, come notano gli economisti, è più facile intervenire con misure che richiedono anche sacrifici. A fronte della recessione  tutto diventa più difficile.  Impoverire un paese già povero, altrimenti si rischia  di cadere nel baratro è proprio tema di discussione,  ora in particolare con  Monti che ha annunciato le dimissioni perché il Pdl stacca la spina quasi che  della situazione pesante in cui si trova il Paese fosse colpa di altri e non dei governi di Berlusconi. È un’Italia impoverita quella descritta dal Rapporto sulla situazione sociale del Paese stilato dal Censis.  Fino a quattro o cinque anni fa, nessun profano di economia avrebbe immaginato che la stabilità dell’ “italiano medio” sarebbe stata messa così in discussione.  In poco tempo gli italiani hanno dovuto riconsiderare in pieno il loro modo e la loro possibilità di spendere.  Non è un’impressione che in ogni città si siano moltiplicati i “compro oro”, che spesso subentrano a negozi che hanno chiuso dopo anni di attività. Leggendo il rapporto del Censis, ai cinefili potrebbero tornare facilmente alla mente alcuni fotogrammi de L’uomo del banco dei pegni, quel vecchio film di Sidney Lumet: negli ultimi due anni, secondo il Rapporto, sono stati due milioni e mezzo gli italiani che hanno venduto oro e preziosi per fronteggiare le spese ordinarie e il pagamento delle imposte. E ben due milioni e settencentomila si sono ingegnati e hanno messo su piccoli orti per risparmiare dal fruttivendolo. Al supermercato, oltre il 70% degli italiani va alla ricerca di prodotti in offerta o sottocosto.

Si spende meno e si compra meno. La crisi ha pesato inevitabilmente anche sui consumi, in calo generalizzato: questo non giova di certo alla ripresa dell’economia, ma tant’è. I consumi reali pro capite degli italiani, in diminuzione del 2,8% nel primo trimestre del 2012 e del 4% nel secondo, sono tornati ai livelli di quindici anni fa, a com’erano nel 1997. Diminuzione del potere d’acquisto e aumento dei prezzi hanno pesato anche sulla capacità e la propensione al risparmio degli italiani, calata negli ultimi quattro anni di quattro punti percentuali, dal 12% all’8%. Comprare casa, in questa situazione, è sempre più difficile, soprattutto per i giovani e i lavoratori che spesso non possono contare su un’occupazione stabile.

Le banche non concedono facilmente mutui, ma basta chiedere un po’ giro per rendersi conto che spesso si è anche scoraggiati solo dall’idea di tentare di ottenerli. Secondo il Censis, nel 2012 sono oltre novecentomila le famiglie che hanno avuto in progetto di comprare casa,  una cifra in netto calo rispetto a dieci anni fa.  Dei novecentomila, solo la metà è riuscita effettivamente a realizzare l’acquisto.
 Circa il 40% degli italiani ha rinunciato anche a viaggi; ad acquisti di vario tipo, come di abbigliamento o calzature; e a pranzi e cene fuori casa. Crollate, com’è noto, anche le immatricolazioni di automobili. Alla luce dei prezzi proibitivi di benzina e diesel, anche gli spostamenti in auto sono diminuiti, in favore del trasporto pubblico o delle biciclette. Crollati anche gli acquisti per libri o giornali (in un Paese come il nostro, da tanti anni povero di lettori): ci si informa sempre più online.
La crisi ha influito anche sulla scelta del percorso di studi di tanti giovani: si è verificato un boom di iscrizioni negli istituti tecnici, e un crollo nei licei, che presumono una continuazione anche al livello universitario. Torna ad affascinare l’idea di un lavoro forse più sicuro, e appena dopo il diploma di scuola superiore.

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