Ilva. Firmato un documento congiunto per riprendere la produzione

ROMA – Un documento congiunto di tutte le parti presenti al Tavolo di Palazzo Chigi sull’Ilva nel quale si chiede il rispetto della legge 231 del 24 dicembre scorso che consente all’Ilva di produrre ma anche di commercializzare i prodotti realizzati prima del 3 dicembre scorso.

E’ la linea su cui si sta lavorando a Roma per sbloccare l’impasse della vicenda Ilva dopo che la Magistratura di Taranto ha confermato il sequestro dei prodotti (un milione e 700mila tonnellate tra coils e lamiere per un valore di un miliardo di euro). Il documento starebbe per essere firmato. Lo rende noto Cosimo Panarelli, segretario della Fim Cisl di Taranto, che è all’Ilva, dopo essersi sentito stasera col segretario generale dell’organizzazione, Marco Bentivogli, che invece è al vertice alla presidenza del Consiglio.

Intanto l”Ilva «conferma il proprio impegno al rispetto delle prescrizioni dell’Aia e alla tutela dell’occupazione, sotto la vigilanza del Garante nominato dal Consiglio dei Ministri l’11 gennaio 2013, assicurando il regolare pagamento delle retribuzioni a tutti i lavoratori». È quanto si legge nella dichiarazione unitaria diffusa al termine della riunione che si è tenuta questa sera a Palazzo Chigi.

Inoltre dalla riunione di questa sera a palazzo Chigi fra Governo, enti locali, azienda e parti sociali non sono scaturite indiscrezioni sull’orientamento della Corte Costituzionale per quanto riguarda il decreto legge sull’Ilva.
«Abbiamo il massimo rispetto per l’autonomia della Corte» afferma il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. Sul fatto che oggi Monti, Camusso, Vendola, azienda, Confindustria e sindacati abbiano parlato insieme nella sala stampa di Palazzo Chigi, Camusso commenta con una battuta: «Oggi ci hanno fatto usare la sala stampa». Il riferimento è all’accordo sulla produttività dei mesi scorsi senza la firma della Cgil. Allora Camusso fu costretta a tenere la sua conferenza stampa nella sede di Corso d’Italia.

RiuNione d’urgenza a Palazzo Chigi

ORE 20,30 – E’ in corso a Palazzo Chigi un vertice d’urgenza sulla situazione dell’Ilva con il premier Monti. Al vertice presenti i ministri degli Interni, dello Sviluppo, dell’Ambiente, i segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il presidente di Confindustria Squinzi e il presidente dell’Ilva Ferrante.

Parteciperà anche il presidente della Regione Puglia Vendola, con il sindaco di Taranto. Il ministro dell’Ambiente Clini denuncia che “leggi e direttive siano contestate dalla magistratura: è ora di chiarire se le leggi sono soggette a interpretazioni discrezionali. In gioco c’è non solo il futuro dell’Ilva ma quello dell’Italia”.

I lavoratori chiedono di nazionalizzare l’azienda

TARANTO – Nel frattempo allo stabilimento dell’Ilva continua lo sciopero ad oltranza proclamato dalla Fim Cisl in attesa dell’incontro tra azienda e sindacati che si terrà il prossimo giovedì. Uno sciopero appoggiato anche da altri componenti sindacali dei lavoratori come quello dell’Usb, L’unione Sindacale di base, che si sono affiancati alla Fim. Allo sciopero al momento non hanno preso parte la Fiom Cgil e neppure al Uilm. Gli impianti dell’area a caldo, quelli non soggetti a sequestro, sono di fatto in stand by. Insomma la produzione è ridotta ai minimi termini e oggi anche i varchi sono stati presidiati dai lavoratori.
La mobilitazione partita ieri pomeriggio alle 14 sta quindi dando un forte segnale contro le politiche del governo con un decreto legge a cui molti non hanno mai creduto. La questione – secondo i lavoratori  – potrebbe trovare una soluzione solo attraverso la nazionalizzazione dello stabilimento. “La famiglia Riva – confida un sindacalista Usb – non merita questa popolazione che li ha arricchiti. E i lavoratori non meritano un “padrone” che ha fatto sparire i soldi invece che usarli per le bonifiche e per onorare i salari dei suoi dipendenti”.
Sempre l’Usb fa sapere che oltre 1.500 lavoratori, che hanno partecipato all’assemblea che si è tenuta presso la sala del Consiglio di fabbrica, hanno approvato all’unanimità un documento con le seguenti  le seguenti rivendicazioni:

1-    l’azienda deve essere espropriata e nazionalizzata immediatamente;
2-    tramite la nazionalizzazione adoperarsi per il fermo e il rispristino degli impianti maggiormente inquinanti;
3-    garantire i posti di lavoro a tutti i dipendenti Ilva e a quelli dell’indotto.

Sulla questione è intervenuta Susanna Camusso: “Vorremmo dire al Governo: preparate la linea di uscita”. ha detto. “Perchè – ha aggiunto – se l’Azienda non rispetta i suoi impegni noi riproporremo il tema che l’impianto di Taranto è troppo importane per poter semplicemente lasciare a una famiglia la decisione sulla siderurgia italiana. Ci aspettiamo – ha continuato – che l’Azienda esca dal silenzio,
che da troppo tempo ha, per dire esattamente sul Piano industriale e gli investimenti che intende fare per dare attuazione all’Aia, che ha vincolo di legge”.

Il 14 aprile il referendum

Nel frattempo il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, ha fissato per il 14 aprile la data del referendum consultivo sulla chiusura totale o parziale dell`Ilva proposto dal comitato cittadino «Taranto Futura».

Due dei tre quesiti sono stati ammessi: il primo chiede ai cittadini di Taranto di esprimere la propria opinione sulla chiusura integrale dello stabilimento siderurgico; il secondo, sulla ipotesi di chiusura della sola area a caldo con la chiusura del parco minerali. In entrambi i casi si fa riferimento alla tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori.

Il Comitato dei Garanti ha bocciato il terzo quesito referendario relativo alla richiesta di risarcimento danni all’Ilva «in quanto il Comune di Taranto ha già promosso azione di risarcimento nei confronti dei responsabili dello stabilimento per inquinamento ambientale».

Contro lo svolgimento del referendum, si oppose dinanzi al tribunale amministrativo regionale e poi al Consiglio di Stato una inedita formazione composta da Ilva, Confindustria, Cgil e Cisl.

 

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