Mps. I conti non tornano. Un’indagine complessa e esplosiva

Più la procura indaga sull’acqusto di Antonventa,  più il caso si allarga a macchia d’olio. I pm vogliono capire come mai in soli due mesi il prezzo della banca acquistata è lievitato oltre ogni misura

ROMA – Oggi il ministro dell’economia Vittorio Grilli durante l’audizione tenuta in Parlamento sulla vicendsa Mps, ha detto che “è indispensabile non insinuare dubbi sul nostro sistema bancario perchè non è rispondente alla realtà dei fatti e  neppure le vicende di Mps modificano queste realtà”. E ha aggiunto: “ritengo che siano necessari prudenza e responsabilità nel dibattito pubblico sulla situazione dei nostri intermediari finanziari e in particolare della vicenda Mp. L’intervento dello Stato sul Monte dei Paschi – ha precisato Grilli –  non si configura come un intervento di salvataggio di una banca insolvente ma di rafforzamento del capitale secondo gli standard innalzati in sede Eba (European Banking Authority ndr) e “non è a favore dei manager o degli azionisti ma dei risparmiatori della banca”.
Insomma per Grilli l’intervento è indirizzato ad una banca  con un patrimonio ancora solido. Per questo afferma: “Senza voler minimizzare atti di gestioni improprie e illeciti fatti in passato dal management di Mps, l’intervento dello Stato non si configura come atto di salvataggio di una banca in default”.
“Questo non è un contributo a fondo perduto ma un prestito che viene pagato a un tasso di interesse del 9% incrementato dello 0,5% ogni due esercizi a partire dall’ anno successivo di sottoscrizione fino al limite massimo del 15%”, aggiunge Grilli.

Segnali di rassicurazione arrivano anche dal Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria, che oggi riunito alla presenza del ministro dell’Economia e delle Finanze, Vittorio Grilli, il governatore della Banca d`Italia, Ignazio Visco, il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, e il presidente dell’Ivass, Fabrizio Saccomanni, ha stabilito che “l`istituto ha una situazione patrimoniale complessiva solida e che le tensioni che lo hanno riguardato non producono effetti sul sistema bancario nel suo complesso”.

 
L’inchiesta si complica. Vertici accusati di truffa
Secondo quanto emerso dall’indagine i vertici di Mps avrebbero nascosto agli azionisti le operazioni sui derivati che dovevano servire a ripianare il debito causato dall’acquisto a un prezzo  elevatissimo di oltre 9 miliardi di euro per Antonveneta, per il quale il gruppo Santander  solo due mesi prima aveva sborsato  6 miliardi di euro. Insomma qualcosa non quadra affatto.
Per questo  al reato di truffa addebitato ai vertici di MPS, si aggiungono quello di aggiotaggio, ostacolo  agli organi di vigilanza  e turbativa. I nuovi elementi  emersi nell’indagine diretta dalla procura di Siena rivelano le omissioni e le false comunicazioni trasmesse alla Banca d’Italia, la quale a suo tempo aveva chiesto chiarimenti in merito. Come racconta sempre in audizione il ministro Grilli, l’indagine della Banca d’Italia che si è conclusa il  9 marzo del 2012 ed ha rilevato pesanti rilievi e carenze nella gestione della liquidità e ha disposto sanzioni ai manager”. Inoltre, secondo i magistrati,  le lettere di risposta inviate nell’ottobre del 2008  dai vertici di Mps per garantire sulla regolarità degli atti dichiaravano circostanze non rispondenti al vero.

Insomma più la Procura scava  sulla posizione di MPS nell’acquisto di Antonveneta, più la vicenda si complica e si allarga. A cominciare dai reati contestati agli indagati, che al momento sarebbero meno di dieci, tra cui figurerebbe anche l’ex presidente Giuseppe Mussari. Notizia che al momento non è stata ancora confermata, ma neppure smentita. Il nodo da sciogliere per i Pm è capire  come sia stato possibile che in soli due mesi  il prezzo di Antonveneta  sia schizzato dai 6,6 miliardi pagati al Gruppo Santander, ai 9,3 miliardi, più oneri di vario tipo  che hanno fatto lievitare il prezzo definitivo  a 10,3 miliardi di euro che Mps ha sborsato. A questi vanno aggiunti 7,9 milardi  di euro, quali  debiti di  Antonveneta che l’Istituto bancario senese si accolla.
In soli 11 mesi – come riportano i documenti –   dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009  il MPS ha effettuato bonifici per oltre 17 miliardi di euro. Denaro che è finito in tre capitali europee:  Amsterdam Londra  e Madrid.

Una situazione esplosiva

A dare consistenza alla gravità dell’inchiesta arrivano le parole del procuratore di Siena Tito Salerno, che risponde così ai giornalisti che lo tempestano di domande: “La situazione è esplosiva e incandescente, stiamo parlando del terzo gruppo bancario italiano”. Per questo Salerno non rilascia nessuna dichiarazione. “Non è per cortesia – ha aggiunto – ma non posso parlare di questa inchiesta. Si tratta di un’indagine complessa,  e ancora lunga che riguarda una società quotata in Borsa. Attualmente lo stato delle indagini non ci permette di dire nulla”.

La banda del 5 per cento nel filone d’inchiesta milanese

Ma c’è dell’altro che emerge dalla testimonianza di un  teste che parla della banda del 5%, perchè era quella la percentuale che incassavno ad ogni operazione. Si tratta di  Gianluca Baldassarri e Matteo Pontone, rispettivamente all’epoca capo della finanza di Mps e responsabile della filiale di Londra di Monte dei Paschi di Siena.  A rivelarlo nell’inchiesta milanese sulla finanziaria svizzera Lutifin che riguarda anche un derivato comprato da Mps a Dresdner è Antonio Rizzo, ex funzionario della banca d’affari tedesca, sentito il 13 ottobre 2008 dai pm di Milano.

Rizzo racconta di un incontro che si svolse nel 2007 tra lui, il suo superiore Lorenzo Cutolo e Massimilano Pero, che si occupa all’interno di Dresdner della vendita di prodotti finanziari strutturati, durante il quale «Pero caldeggiava l’operazione di riacquisto di un pacchetto di titoli ristrutturato da Mps Londra».

Misterioso titolo
Anche il titolo MPS segue un corso davvero misterioso. Tra il 7 e il 21 gennaio del 2013 vengono negoziate oltre un miliardo e mezzo di azioni, che a una media di 0,25 euro fanno circa 400 milioni di euro. Il titolo, così,  schizza da 0,2250 a 0,30, guadagnando così quasi il 40%.
La domanda sorge spontanea. Chi ha mosso tale quantità di denaro? Non certo i piccoli investitori che in quel periodo erano preoccupati per il loro conto in banca, tant’è che alcuni hanno pensato addirittura al peggio.
Ma non è tutto. Proprio il 21 gennaio a seguito delle dimissioni di Mussari il titolo precipita. Prima perde l’11%, e il giorno successivo il 7%. Successivamente, e nonostante le inchieste in corso, il titolo recupera tutto. Anche questi sono i misteri della borsa, oppure semplici casualità?

Una commissione anche sui derivati. Grillo chiede le dimissioni di Bersani
Anche la politica si mobilita sul caso MPS. Angelino Alfano si dice pronto  a fare una commissione d’inchiesta. ma non solo: “Andrebbe però anche rivisitata – ha aggiunto – la legge sulle fondazioni di origine bancaria, non perchè sia sbagliata, ma affinchè l’autonomia degli istituti di credito dai partiti politici sia sempre più vera e più efficace”.
Proposta che lancia anche Beppe Grillo: “Il M5S chiederà l’istituzione di una commissione d’inchiesta su MPS al suo ingresso in Parlamento”, tuona il comico genovese. “Mps – si sottolinea – fa impallidire non solo Parmalat, ma anche il fallimento del Banco Ambrosiano, dietro a questo colossale saccheggio, come avvenne allora, ci può essere di tutto. Craxi, in confronto, rubava le caramelle ai bambini”.
Ma non solo. Grillo attacca anche il segretario del Pd, chiedendo le sue dimissioni: “Di fronte a questo colossale furto ai danni degli italiani, il cui conteggio finale non è forse ancora concluso, chiedo: la verifica dei patrimoni dei segretari del Pd e di tutti i nominati nella fondazione MPS dal comune di Siena, della Provincia di Siena, della Regione Toscana dal 1995; la pubblicazione dei nomi di tutti coloro che hanno goduto dello Scudo Fiscale con l’ammontare degli importi rientrati in Italia; le dimissioni immediate di Bersani da segretario del Pd». E ancora: «Il M5S chiederà l’istituzione di una commissione d’inchiesta su MPS al suo ingresso in Parlamento».

Bersani: “Grillo autocrate da strapazzo”

Non tarda a d arraivare la replica di Bersani, il quale al contrario di quanto pensa Grillo si dice a favore di una commissione d’inchiesta sul caso Mps. “Non ho nessun problema – ha spiegato il leader del Pd e candidato premier del centrosinistra – ci vorrebbe una verifica parlamentare sui derivati, su questi meccanismi finanziari. Perchè c’è il caso Mps e in più generale l’andamento della finanza. Bisogna vedere come vengono tali meccanismi che vanno messi sotto controlli. Lo diciamo da un pezzo”.

E infine sulle accuse di Grillo. “Nessuna lezione da un  autocrate da strapazzo  a cui nessuno può chiedere le dimissioni. Vorrei capire – aggiunge Bersani –  da che pulpito democratico Grillo parla di dimissioni, io ce l’avrei un partito che potrebbe chiedermele. A Grillo chi può chiederle? Ecco, allora lezioni non ne dia, per favore, che da quel lato non ne prendo, da autocrati da strapazzo non ne prendo”.

Più cauta la reazione di Pier Ferdinando Casini, che durante una conferenza stampa avverte: “Bisogna stare attenti al proliferare delle commissioni d’inchiesta, ma non ho nessuna contrarietà. Sono però assolutamente contrario se la commissione d’inchiesta interferisse con l’autorità giudiziaria. Significherebbe darci la zappa sui piedi”. “C’è una magistratura che sta indagando – ha aggiunto – e sembra che abbia molto materiale su cui indagare”.

 

 

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