Le Bermuda si riscoprono paradiso per yacht di lusso. Fatta la legge, trovato l’inganno

ROMA – Data la difficile situazione internazionale, sono sempre di più le nazioni che tentano in ogni modo di tassare i cosiddetti beni di lusso. “Fatta la legge, trovato l’inganno”. In questo caso l’aiuto per i più facoltosi e intraprendenti è arrivato dalle numerose giurisdizioni fiscali offshore che permettono ai proprietari di grandi imbarcazioni di registrare il proprio veliero nei loro porti.

E’ quello che ha fatto ad esempio Roman Abramovich, il multimiliardario russo Presidente della squadra di calcio inglese Chelsea FC, con il suo yacht da 170 metri, l’Eclipse, fresco di iscrizione ufficiale nei registri delle Bermuda.

E’ probabile che in tutta l’isola siano risuonate le campane a festa dopo l’annuncio, vista la forte concorrenza che in questo campo esiste con le Cayman, da sempre considerate il luogo per antonomasia dove registrare la proprietà di costose e vistose imbarcazioni. Anche perché, sottolinea giustamente Timothy Counsell – partner di un nota azienda legale del posto, la Appleby Bermuda – “nella maggior parte dei casi, le persone che possiedono questi mega-yacht hanno anche altri asset, proprietà e interessi che coinvolgono il mondo offshore. Perciò, quando vedi uno yacht, devi sperare che sia parte di un’immagine più grande, che sia una holding, interessi economici, necessità assicurative o lavoro per privati”. Insomma, da cosa nasce cosa e le possibilità che dopo la conclusione del primo affare ce ne siano altri altrettanto lucrosi sono molte. L’iscrizione della propria imbarcazione nel registro locale potrebbe quindi “diventare qualcos’altro, così da rendere il tutto un pacchetto più grande”, conclude Counsell.

Uno dei motivi preminenti, oltre al già citato tema della fiscalità, che rende appetibile questa scelta transoceanica ricade per lo più in considerazioni di carattere politico. Infatti, le Bermuda, così come le Cayman, sono sotto la tutela e la sovranità inglesi. Quindi, ogni barca registrata in una di queste giurisdizioni, oltre a diminuire l’incidenza di alcuni costi fissi per il diretto proprietario, è posta sotto la protezione della British Navy, cosa non di poco conto vista la tradizione e l’importanza della marina inglese nel mondo.

Il contributo annuo che è necessario versare nelle casse dell’erario bermudese varia a seconda del tonnellaggio dello yacht, più grande è e più alte saranno le tasse da dover pagare. Curioso che, secondo quanto scritto sul sito del Dipartimento di Amministrazione Marittima delle Bermuda, dal terzo vascello in poi nessuna tassa sarà applicata se non un piccolo onere per la documentazione. La famosa regola del commercio, “prendi 3 e paghi 2”. Il paragone con quanto richiesto dalla fiscalità europea non regge minimamente. In Italia, con la recente normativa in materia varata dal Governo Monti, il contributo annuo si aggira su una media di 7-12.000 euro per unità.
Le possibilità di azzerare completamente le imposte, comunque, non è un miraggio per chi possiede un’imbarcazione di lusso. Basta presentarsi a Panama, in Liberia o nelle isole Marshall dove migliaia di navi di grandi dimensioni sono ufficialmente registrate ogni anno. Il trattamento proposto in questi posti, però, non è lo stesso e le registrazioni sono per lo più richieste per le navi commerciali come porta-container o petroliere. Secondo Timothy Counsell, infatti, ciò che rende un registro un “buon registro è dove lo yacht viene propriamente tenuto in considerazione, seguendo determinati standard di sicurezza e giocando secondo le leggi”. Per questo che i lussuosi yacht di emiri, oligarchi e capitani d’industria tendono a dirigersi verso porti esotici come le Bermuda e, su tutti, le isole Cayman.

Il primato conquistato dalle Cayman in questo settore è dovuto principalmente ad un’imponente struttura di marketing e, inoltre, al costante passaparola tra ricchi proprietari di yacht. I rappresentanti dell’isola caraibica sono sempre presenti durante i più importanti eventi dell’alta società e nei saloni nautici internazionali, fornendo materiali informativi e stringendo nuovi network di conoscenze.
Questa strategia “aziendale”, se così è possibile definirla, verrà sostenuta e finanziata anche dalle Bermuda, soprattutto ora che il più grande yacht del mondo, l’Eclipse di Abramovich per l’appunto, le ha scelte come sede legale. Ed Robinson, responsabile del Dipartimento di Amministrazione Marittima delle Bermuda, è la persona incaricata di presentare ai potenziali clienti le risorse dell’isola in alcuni dei più grandi incontri nautici di quest’anno, a Monaco e in Florida.

Il campo dei registri navali offshore è solo una delle infinite possibilità che si palesano a chi possiede grandi capitali e beni di lusso di poter evitare, attraverso una scorciatoia, gli oneri fiscali del proprio paese di residenza. La competizione tra paradisi fiscali nell’invogliare i miliardari ad entrare in un club piuttosto che in un altro può minare ancora più a fondo e in maniera molto grave la sovranità fiscale dell’intera comunità internazionale. Soprattutto tenendo in considerazione la difficoltà, unita all’alto costo, per gli organi di controllo nazionali di poter rintracciare eventuali “fughe” o, più semplicemente, di poter risalire al reale proprietario di un determinato bene. I costi per la società civile sono enormi. E’ necessario un brusco cambiamento di rotta, con legislazioni dal carattere internazionale, per poter porre un limite alla frattura venutasi a creare negli ultimi decenni tra gli strati più ricchi della popolazione rispetto a quelli più poveri.

Condividi sui social

Articoli correlati