Cgil. Di Berardino, i tre punti del sindacato, confronto, concertazione, conflitto

ROMA – Sono state 3605 le assemblee e i luoghi di lavoro, 152mila gli iscritti che hanno partecipato. In questi due dati si racchiude il valore del quinto congresso regionale della Cgil di Roma e del Lazio. Una grande concentrazione di democrazia, proprio come ha sottolineato Claudio di Berardino, segretario generale del Lazio che ha aperto i lavori.

Una tre giorni congressuale che rappresenta un punto di incontro importante tra i sindacati, le istituzioni, la Regione Lazio e il Comune di Roma, le forze politiche, tra cui il Pd, presente con Epifani, Fassina e numerosi altri. Ha partecipato anche Libera, con un intervento applauditissimo di don Luigi Ciotti. La relazione di Berardino, di cui avremo occasione di esprimerci in modo più dettagliato, ha posto i problemi di fondo del sindacato: confronto, concertazione, conflitto. E su questi temi è stato molto critico nei confronti del governo e del premier Renzi, che non vuole stabilire rapporti con le forze sociali. Con gli interventi sui rapporti con l’esecutivo hanno concordato anche i segretari generali della Cisl di Roma e del Lazio Mario Bertone e Pierpaolo Bombardieri. Problemi sui quali invece proprio nel Lazio, con la Regione e il vicepresidente Massimiliano Smeriglio e il sindaco Marino, si sono fatti passi in avanti importanti. Nel dibattito ha preso posto anche l’Europa sia nella relazione di Liberio Domingues, segretario generali di Cgtp-In Lisbona e sia in quella di Algirdas Markevicius, segretario generale Solidarumas Vilnius.  

Esemplare in questa prima giornata di rapporto tra la Cgil , i sindacati confederali e i movimenti come Libera è l’intervento di Don Ciotti sulla lotta alla corruzione e alla mafia: “Cose buone sono state fatte ma occorre una nuova scossa da parte di tutti per combattere questo fenomeno. La legalità non esiste se non c’è uguaglianza”. Nella tarda serata interverrà anche il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. 

La confederalità, valore fondante della Cgil. La polemica con la Fiom

Parla a lungo, con toni pacati, ma il suo intervento, interrotto da numerosi applausi,  si rivolge in modo chiaro sia all’interno della Cgil che all’esterno, alle forze politiche, al governo e al premier. Difende, così come in molti interventi  la Confederalità, tratto irrinunciabile ,fondante, della Cgil intesa non come mediazione fra i gruppi dirigenti ma discussione dal basso, partecipazione. E’ questo il filo conduttore di tutto il suo intervento. Senza mai nominare la Fiom e le sortite  di Landini in merito agli accordi con la Confindustria sulla rappresentanza respinge senza mezzi termini  le  accuse, un sindacato dove non si discute, maggioranza blindata,  dati falsi sui congressi. Si leva diversi sassolini dalle scarpe, respinge la visione di un sindacato del leader a somiglianza dei partiti, disegna un sindacato “ collettivo”. Affronta il problema delle lotte, che sono nella storia del sindacato  ma, rimanda  al mittente le accuse  di non aver sostenuto i pensionati, solo tre di sciopero. Non  è la quantità delle ore di sciopero. Il problema è il consenso generale che le lotte suscitano.: Parla di solidarietà fra i lavoratori, dei giovani con gli anziani .

Il recupero della contrattazione nei loghi di lavoro e nel territorio

 Il rischio è che le avanguardie a volte restino sole, senza nessuno  alle spalle.  Il discorso di Camusso entra nelle viscere del sindacato, della Cgil. Pone come problema di fondo la necessità di recuperare la contrattazione nei luoghi di lavoro e nel territorio, contrattazione dal basso rilanciando il Piano del Lavoro  messo a punto dalla Confederazione qualche tempo fa , partecipazione dal basso per quanto riguarda l’agire del sindacato, insiste nel riproporre il problema del ruolo delle forze sociali, dei gruppi intermedi, negato da Renzi. Insiste molto sul lavoro come tema centrale. Non è questo allo stato l’orientamento del governo, la risposta a sei anni di crisi non né all’altezza della situazione. La Cgil si batterà per cambiare il decreto in Parlamento. C’è da affrontare il problema delle fasce più deboli, dei pensionati lasciati fuori.  Si  ha la sensazione che il governo non abbia una chiara visione dello stato del nostro Paese, della povertà di massa che è “visibile” Il problema dei precari non è affrontato dal decreto, ribadisce che quei contratti a termine non sono accettabili.

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