A che punto è la ripresa in Italia?

ROMA – A che punto è la ripresa economica in Italia? E’ questo l’interrogativo che percorre i giornali economici italiani e, se ti capita di discutere con un economista, non puoi affrontare nessun problema particolare se prima non hai chiarito il tuo giudizio sul quesito centrale che affligge tutti quelli che stanno ad ascoltare con attenzioni le statistiche su quel che succede riguardo ai consumi delle famiglie  e ai bilanci delle imprese.

Gli ultimi dati dicono che, riguardo all’ultimo trimestre del 2015, qualche movimento c’è stato:+04% sul trimestre precedente, più 1,1% sull’anno passato. Il punto è naturalmente dove e come si è migliorato. Molto bene il settore dell’auto . E negli altri? “Abbiamo chiuso il 2015 a +3% grazie soprattutto all’EXPO di Milano, al bel tempo, al turismo, alla rivalutazione del dollaro, al terrorismo che ha deviato i flussi verso il nostro Paese-analizza Lino Stoppani che è il presidente della Fede razione italiana dei pubblici esercizi commerciali(FIPE). i bar, i ristoranti, gli alberghi hanno lavorato bene. E’ cresciuta la tendenza ad andare fuori casa. Il turismo è andato proprio bene e questa è una cosa importante dopo tanti anni di crisi.” L’ISTAT registra tuttavia un PIL del 2015  più basso delle attese che aveva il governo. “Forse a causa della coda d’anno-risponde Stoppani-un trimestre senza il traino dell’EXPO. Nell’abbigliamento  il 2015 si è chiuso con un modesto incremento dell’1,4%, con il mese di dicembre positivo  per gli accessori, un timido risveglio dopo un lungo periodo di crisi per un settore in cui il rinvio è assai facile quando l’economia va male” riferisce Renato Borghi presidente di Federmoda Italia. I saldi però non hanno confermato i numeri 2015 e francamente ci aspettavamo di più con un dato nazionale a -0,7% e situazioni a macchia di leopardo: bene Lombardia, Veneto e Piemonte a +2,5%, male in Sicilia in negativo.” L’effetto degli 80 euro decisi dal presidente del Consiglio c’è stato? “Il sentimento delle famiglie è stato positivo ma il reddito disponibile non è cresciuto sebbene il numero degli occupati stia aumentando. Non siamo ancora di fronte a un consolidamento della ripresa dei consumi ma solo di fronte a un flebile segno di inversione di tendenza e speriamo che la tendenza si consolidi nell’anno in corso. L’export dall’inizio del 2015 ha fatto registrare un incremento di quasi il 4% in valore e del 2% in volumi. A novembre l’attivo commerciale ha raggiunto 39,2% miliardi. “Le buone performance delle esportazioni-sostiene Riccardo Maria Monti, presidente dell’ICE (l’agenzia per la promozione all’estero delle imprese italiane) vanno lette secondo due assi: uno settoriale e l’altro geografico.

A guidare l’export sono state soprattutto le aziende high-tec, quella della farmaceutica ,delle biotecnologie, dell’aerospazio ma anche dell’agroalimentare. Poi è stata fondamentale la scelta  strategica di orientare le esportazioni verso il mercato degli Stati Uniti(+20%) che ha consentito all’Italia di risentire meno della frenata delle cosiddette economie emergenti. I buoni risultati sui mercati internazionali che hanno compensato nel 2015 l’andamento negativo della domanda interna nascono dalla capacità delle imprese italiane esportatrici di “diversificare” la propria produzione. Muoversi cioè con velocità e flessibilità verso i mercati più stabili. La situazione peggiore è ancora una volta e sempre quella del Mezzogiorno. “Servono investimenti in infrastrutture  e in istruzione-dichiara il prof. Emanuele Felice che insegna all’università di Barcellona e ha scritto l’ottimo saggio “Perché il Sud è rimasto indietro”- ma servirebbe anche un’altra classe dirigente meridionale il cui bilancio è inconcludenza. Vale per la destra come per la sinistra, con le dovute eccezioni.”

 

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