Svaluta il rublo, delocalizzare la produzione in Russia

MOSCA – Sullo sfondo della svalutazione del rublo, i produttori di alcuni grandi marchi d’abbigliamento, tra cui Benetton, stanno valutando la proposta delle autorita’ russe di dislocare la loro produzione nella Federazione.

A parlarne, come riportano le agenzie Prime e Interfax, e’ stato il vice capo del ministero dell’Industria e del commercio, Viktor Evtukhov, secondo il quale si stanno conducendo negoziati con Decathlon e Benetton su due ipotesi: realizzare su commessa determinate produzioni in aziende russe o aprire direttamente la produzione in loco. Le autorita’ russe hanno fatto proposte in questo senso anche a Zara ed H&M, scrive Prime. Fonti di Agi nel settore confermano che “ci sono movimenti in questa direzione”, anche collegati all’aprirsi di nuove quote di mercato liberate dalla Turchia, colpita dalle sanzioni economiche di Mosca dopo l’abbattimento a novembre di un jet russo al confine con la Siria. Contattata sia a Mosca che in Italia, Benetton non ha voluto commentare la notizia. I motivi dell’interesse delle societa’ straniere a dislocare in Russia, secondo Prime, sono da ricercare nella svalutazione della moneta nazionale e di conseguenze della diminuzione del costo del lavoro, che rendono la produzione in loco piu’ conveniente. La prima societa’ straniera a trasferire la produzione in Russia e’ stata la finlandese Finn Flare, come annunciato dalla stessa compagnia: si prevede che il suo impianto diventi operativo a partire da maggio, con un risparmio sui costi stimato tra il 20 e il 25%.

Al momento, i brand occidentali non hanno strutture pienamente operative nel paese, ne’ hanno trasferito qui la realizzazione del pronto moda, come faceva la Levis prima della crisi del 1998 appoggiandosi alle fabbriche della societa’ Gloria Jeans. “Persino la gran parte dei brand russi che cercano di mantenere prezzi contenuti, sacrificando la qualita’, non riescono a trovare siti adatti per la produzione su larga scala – ha spiegato a Kommersant la direttrice generale del gruppo di consulenza Fashion Consulting, Anna Lebsak-Kleimans – senza contare che l’abbigliamento di alta qualita’ ‘made in Russia’ e’ piu’ costoso di quello confezionato in Bangladesh, Cina o Filippine”. L’industria russa si serve di strutture obsolete che non permettono elevata produttivita’ e il necessario controllo degli standard di qualita’. Produrre in loco per i marchi esteri risulterebbe conveniente anche nell’ottica di liberarsi dall’incertezza rappresentata dalla volatilita’ del rublo, che scoraggia l’import verso la Russia. “Non dimentichiamo, pero’, che la dipendenza dal tasso di cambio rimarrebbe anche in caso di produzione in loco, in quanto la Russia e’ un paese che non produce tessuti sintetici competitivi o tessuti naturali di qualita’, che devono comunque essere importati dall’estero”, ha fatto notare il caporedattore dell’agenzia di informazione specializzata in commercio, Anrt, Matthew Bystrov. 

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