Un terzo delle merci entra e esce dal Brennero

VENEZIA – Un terzo delle merci che entrano ed escono su gomma dal nostro paese attraverso le Alpi “investono” il Brennero. Degli 89 milioni di tonnellate di merci che complessivamente transitano ogni anno lungo i nostri confini alpini su Tir, 29 sono “assorbiti” da questo valico. Se poi aggiungiamo anche gli 11,7 milioni di tonnellate di merci che viaggiano su ferrovia, la dimensione complessiva delle merci in transito sul Brennero supera i 40 milioni di tonnellate all’anno. 

A indicarlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha analizzato i dati di Alpinfo-Ufficio federale trasporti svizzero riferito al 2013 (ultimo anno disponibile). E’ evidente che la decisone di ripristinare i controlli al Brennero colpirà  soprattutto l’autotrasporto. Per i Tir si allungheranno notevolmente i tempi di ingresso/uscita dal valico. “Secondo uno studio redatto dall’associazione degli autotrasportatori belgi – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – ogni ora di lavoro costa mediamente 60 euro.   Con un ritardo di sole 2 ore è stato stimato un aumento dei noli del 10% che ricadrà, nel medio e lungo periodo, sui costi e quindi sui prezzi dei prodotti e di conseguenza sul consumatore finale”. 

I controlli al Brennero rischiano di colpire tutto il sistema produttivo, soprattutto quello legato alle esportazioni. “I risultati negativi – dichiara il segretario della CGIA Renato Mason –  investirebbero anche le imprese manifatturiere italiane e, in particolar modo, quelle del Nordest che lavorano con consegne giornaliere “just in time” verso i Paesi del nord Europa. A causa dei ritardi delle consegne potrebbero rischiare di pagare penali salatissime, con il pericolo di perdere anche le commesse”. 

Si tenga presente che in Europa il 75 per cento del commercio intraeuropeo avviene su gomma e, secondo i dati di Alpinfo (anno 2013-ultimi disponibili) , sono 89 i milioni di tonnellate di merci che annualmente transitano su Tir lungo i principali valichi dell’arco alpino sono così distribuiti:

Monte Bianco….….8,3

Gottardo…………….9,3

Frejus………………..10,0

Tarvisio……………..15,2

Ventimiglia………..17,3

Brennero…………..29,0

Fonte: Alpinfo-Ufficio federale trasporti svizzero

Se dopo l’Austria anche altri paesi chiudessero le frontiere l’eventuale sospensione/abolizione dell’intera area Schengen avrebbe delle ricadute molto negative sull’autotrasporto che, assieme all’edilizia, è stato uno dei settori più colpiti dalla crisi. Secondo una nostra elaborazione su dati Infocamere-Movimprese, tra il 2009 e il 2015 il numero complessivo delle aziende di questo settore è sceso di oltre 22 mila unità. Al 31 dicembre 2015 erano attive 86.590 imprese. 

Le aree territoriali più colpite da questa moria sono state quelle di confine (Friuli Venezia Giulia -27,1%, Piemonte -25,3%, Liguria -24,4%, Lombardia -23,4%, Trentino A.A. -21,8%, Veneto -19,8%, etc.), dove, tra le altre cose,  è maggiore la presenza dei vettori stranieri (provenienti in particolar modo dai paesi dell’Est) che da anni praticano una concorrenza sleale nei confronti dei nostri operatori non rispettando, in particolar modo, i tempi di guida e le normative in materia di cabotaggio. 

Con l’eventuale ripristino dei controlli frontalieri, molti operatori stranieri dell’autotrasporto potrebbero stabilirsi più a lungo nel nostro territorio, con evidenti ricadute negative per i nostri autotrasportatori.

Come accennavamo più sopra, non mancheranno nemmeno delle ricadute macro economiche sul lungo periodo: come, ad esempio, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e il calo dei consumi interni. A fronte di questo scenario, i costi complessivi in capo all’autotrasporto e all’economia più in generale potrebbero oscillare tra un importo minimo di 4,8 e uno massimo di 9,8 miliardi di euro all’anno.

La metodologia di calcolo che abbiamo seguito in questa analisi si richiama al lavoro svolto da due importanti centri studi (uno francese, l’altro tedesco) che nei mesi scorsi hanno effettuato alcune simulazioni. Si sono ipotizzati 2 scenari: uno caratterizzato da controlli meno invasivi, l’altro, invece, più stringenti.

L’eventuale blocco di Schengen avrebbe un effetto dirompente anche per l’Unione europea che nella peggiore delle ipotesi potrebbe costare fino a  94 miliardi di euro all’anno.

Minore crescita da aumento prezzi importazioni (stima)

Paesi

SCENARIO 1 (aumento prezzi import 1%)

SCENARIO 2

ORIGINARIO

(aumento prezzi import 3%)

SCENARIO 2 MODIFICATO

(aumento prezzi import 2%)

 

perdita media annuale di PIL
(in mln di €)

perdita media annuale di PIL
(in mln di €)

perdita media annuale di PIL
(in mln di €)

Germania

7.720

23.480

15.440

Francia

8.050

24.430

16.100

Gran Bretagna

8.720

26.430

17.440

Italia

4.890

14.850

9.780

Austria

1.420

4.320

2.840

Svizzera

940

2.870

1.880

Spagna

4.620

14.080

9.240

UE-24

47.050

143.010

94.100

                                   Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Prognos AG

  • Costruzione della stima

Indicatore 1 – Minore crescita da aumento prezzi importazioni

Su fonte Prognos AG/Bertelmann Stiftung è stato calcolato l’impatto annuale sul PIL derivante da un incremento dei prezzi all’importazione dell’1% (scenario 1) mentre si è scelto di ridurre l’impatto più stringente dello scenario 2 ad un incremento del 2% (anziché del 3% come emergeva dallo studio tedesco). L’impatto annuale dello scenario 2 modificato è stato ottenuto, dividendo per 10 l’effetto decennale cumulato dello scenario 1 (48,9 mld di euro) e moltiplicando per due. L’ipotesi di un aumento del 3% spingerebbe la stima complessiva a circa 15 miliardi di euro per l’Italia, pari all’1,0% del PIL. 

Lo studio tedesco muove a partire dall’innalzamento dei costi delle importazioni dai paesi UE: l’aumento dei prezzi per le importazioni dovuto alla reintroduzione dei controlli alle frontiere, aumenta proporzionalmente il livello generale dei prezzi. Questi aumenti dei prezzi riducono il reddito reale delle famiglie e delle imprese, che quindi consumeranno e investiranno di meno. In risposta a questa spinta inflazionistica aumenta la dinamica salariale per compensare l’aumento dei prezzi che salgono nuovamente (spirale salari-prezzi). 

A questo punto entra in gioco anche il commercio estero perché i costi del lavoro (più elevati) indeboliscono la competitività internazionale di un’economia e, sotto il deterioramento del tasso di cambio reale, l’andamento delle esportazioni di questi paesi soffre. Inoltre al crescente livello dei prezzi si verifica un innalzamento dei tassi di interesse (nominali) e quindi il pagamento di interessi aumenta. Questi meccanismi determinano degli effetti negativi sul PIL che lo studio Prognos AG/Bertelmann Stiftung ha stimato per i paesi dell’Unione Europea in un range che va da 470 miliardi di euro a 1.430 miliardi di euro (nell’arco di un decennio); dividendo per 10 anni tale effetto si può stimare un effetto annuale per l’Europa che varia in range compreso tra 47 e 143 miliardi di euro l’anno. Ai fini dello studio si è scelto di limitare l’effetto ad un aumento dei prezzi all’import del 2% (si veda scenario 2 modificato).   

 

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