Le carte di Monti in Europa

 

Il 2012 sarà l’anno cruciale per l’Italia ma il nuovo accordo europeo non si basa su una visione unitaria della ripresa economica. Tommaso Padoa Schioppa ci ricordava che “se tutti i governi nazionali tenessero in ordine la propria casa, sarebbe in ordine anche il mondo intero”. La cooperazione unitaria è il vero motore dello sviluppo

Gennaio sarà un mese caldissimo per il governo Monti e per l’Unione europea. La proposta di un nuovo accordo, fortemente voluto dalla Germania, e anche dalla Francia, al Consiglio europeo del 9 dicembre scorso, potrà essere un passo in avanti nell’unità politica dell’Europa oppure può diventare la tomba delle attuali istituzioni europee. Gli altri paesi dell’Ue riconosceranno lo sforzo compiuto dal governo Monti con la dura finanziaria e si impegneranno a sostenerne la politica correttiva anche nei mercati dei titoli pubblici? Oppure l’Italia sarà lasciata sola in balia degli squali della finanza rendendo vani tutti i sacrifici richiesti ai cittadini italiani? Questo è il pressante interrogativo che gli europeisti convinti si pongono. Nelle prossime riunioni europee, il governo italiano paradossalmente si troverà ad avere in mano le carte decisive non solo per il suo futuro ma anche per la sopravivenza dell’Ue e dell’euro. Nonostante la sua debolezza e la sua passata emarginazione. 

 Il nuovo accordo europeo si baserebbe su due assiomi ideologici più che su una visione unitaria di ripresa economica e di rigore. E’ indubbio che il primo dovere sarebbe quello di mettere la propria casa in ordine. Tutti sono chiamati ad applicare le correzioni necessarie per un bilancio stabile e veritiero. Ma tale dottrina potrebbe rivelarsi falsa e banale  se si partisse dall’assioma che “se tutti i governi nazionali tengono la propria casa in ordine, sarebbe in ordine anche il mondo intero”. Come più volte ci ricordava Padoa Schioppa. Sarebbe falsa perché l’economia e la finanza globale richiedono una forte cooperazione internazionale che trascende la sovranità nazionale in almeno tre aree: nella politica monetaria, nella supervisione bancaria e nei sistemi di pagamento e del commercio mondiale. Banale perché riflette l’improponibile ideologia ultra individualistica e liberista della scuola di Bernard de Mandeville che sostiene che l’economia è la mera somma dei redditi individuali e il benessere della società la sommatoria dei vizi e degli egoismi individuali. 

In realtà le società organizzate hanno proprio nella cooperazione unitaria il motore vero dello sviluppo e dell’organizzazione dello Stato moderno. Altrettanto sbagliato è il credo della efficienza degli automatismi. Con il nuovo accordo si vorrebbe far credere che basterebbe introdurre l’obbligo della parità di bilancio nelle costituzioni nazionali per risolvere tutti i problemi. Lo stesso dicasi per l’obbligo di ridurre annualmente di un ventesimo la quota di debito pubblico eccedente il 60% del Pil nazionale. Per l’Italia sarebbe equivalente a delle finanziarie annuali di 40-45 miliardi di euro! Un vero salasso.
E’ illusorio pensare, come sostengono i monetaristi,  che l’abbassamento del costo del denaro, del tasso di sconto, farebbe automaticamente aumentare gli investimenti nelle attività produttive. Basti ricordare la realtà degli Usa e dell’Europa dove, nonostante un tasso di interesse vicino allo zero, le loro economie si stanno sempre più avvitando in processi di deflazione e di recessione. Per fortuna invece la crescita economica registratasi in Europa è stata determinata dal processo di unità europea, fin da suo inizio, con la creazione di un mercato unico che ha aiutato tutti gli Stati e in particolare la Germania. Certo la Germania, grazie alla sua capacità di innovazione e di competitività, è stata avvantaggiata. Si ricordi che il Pil tedesco è per il 46% legato all’export soprattutto di prodotti ad alta tecnologia. Il 60% di esso riguarda il mercato europeo. Se l’Eu e l’euro si sgretolassero anche l’economia tedesca ne risentirebbe pesantemente. Senza considerare le drammatiche conseguenze geo politiche che ne deriverebbero. Perciò necessita una politica unitaria, centralmente coordinata, per la crescita dell’intero “corpo” europeo in tutti i suoi arti e in tutte le sue componenti, anche quelle più deboli e periferiche come il nostro Mezzogiorno. E’ tempo che l’Europa avvii un vero governo economico unico, affronti positivamente la nota questione degli eurobond e della Banca Centrale e decida in sede di G20 di porre con maggiore forza la questione della finanza speculativa e tossica e delle ineludibili riforme del sistema finanziario, bancario e monetario globale. E’ forse l’ultima chiamata per l’Unione europea. Se non ci sarà la giusta risposta, il gelo paralizzerà tutta l’Europa, Germania compresa.

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