Crisi. La Cgil proclama lo sciopero per il 6 maggio. “L’economia non è ripartita”

ROMA –  Lo sciopero generale della Cgil sarà il 6 maggio. Lo ha annunciato il segretario generale Susanna Camusso, parlando all’attivo dei delegati di Modena.

“La Cgil deve essere quel filo – ha detto la Camusso – per cui la nostra mobilitazione tiene aperta la speranza: ogni volta che l’allarghiamo abbiamo rotto un pezzetto di quell’individualismo. Un’organizzazione come la nostra deve immaginare la sua mobilitazione in un tempo lungo. Ma anche in un tempo che è ogni giorno nel rapporto su cosa può succedere col governo, sulla campagna sulla democrazia, nell’idea che sui valori della costituzione, della democrazia, della scuola chiamiamo altri insieme a noi. Non conosco nessun altro modo per farlo che andare giorno per giorno a fare assemblee e ricostruire la motivazione, provare a discutere anche con chi è iscritto a Cisl e Uil. Per questo serve una straordinaria campagna di assemblee nei luoghi di lavoro in vista dello sciopero generale che sarà il 6 maggio”.

La Camusso ha voluto ricordare anche il fenomeno della cassa integrazione, aumentato nel mese di febbraio. “Un segnale  evidente – ha precisato – che l’economia non è ripartita. Un segnale di  incertezza  e  difficoltà . Poi ha aggiunto: “Quel pezzo di attività industriale che si è consolidata si era già consolidata l’anno scorso. L’errore che questo governo fa continuamente è stato quello di assumere un rimbalzo tecnico come quello che c’è stato a gennaio come se fosse il cambiamento. Vedo che l’errore continua perchè il ministro del lavoro sta dicendo che c’è la rioccupazione: io lo inviterei a studiarsi meglio i numeri, visto che siamo a disoccupazione crescente e a cassa integrazione crescente”. Secondo la Camusso è poi preoccupante  l’articolazione di questa cassa integrazione: “va riducendosi quella ordinaria, che è legata all’idea che c’è una prospettiva, e cresce invece quella in deroga e quella straordinaria, quella cioè che indica una difficoltà e una debolezza strutturale che in un Paese come il nostro, fatto molto di piccole e medie imprese, rappresenta un segnale di incertezza verso il futuro”.

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