Argol. Un’altra pagina nera con effetto domino

ROMA – La vertenza Argol oltre ad essere un’ennesima pagina nera del nostro paese, rischia di fare da apripista ad un modello di relazioni industriali che avrebbe un drammatico effetto domino su altre realtà lavorative, aeroportuali in primis.

Sono 76 i dipendenti Argol che dal due febbraio prossimo, dopo la decisione di Alitalia-CAI  di internalizzare l’asset logistico, rischiano di rimanere fuori dal mondo del lavoro, senza possibilità di essere riassorbiti.
Il responsabile Relazioni industriali di Alitalia-Cai, Giuseppe De Paoli, ha motivato le ragioni che hanno spinto l’azienda a indire la nuova gara, in nome di una razionalizzazione e un’internalizzazione delle attività di logistica: “Non abbiamo rescisso alcun contratto, peraltro ereditato dalla vecchia gestione: siamo semplicemente andati a nuovo affidamento, dopo la scadenza del precedente rapporto, rispettando tutte le leggi vigenti”.
In queste settimane si sono susseguiti diversi incontri tra Alitalia -Cai, Argol, Adr, Enac, Sindacati, Prefetto, Regione Lazio, Assoaeroporti e tutte le parti in causa. Durissime le critiche dalla politica; Nonostante la richiesta del Prefetto e la disponibilità da parte della Commissione Lavoro della Regione Lazio all’apertura di un tavolo per la tutela dei posti di lavoro dei dipendenti dell’Argol-dichiara Luigi Nieri, capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà nel Consiglio regionale del Lazio – Alitalia-Cai ha chiuso la porta a ogni possibile confronto determinando il licenziamento dei 76 dipendenti della società di logistica operante presso la Cargo City di Fiumicino. Un grave atto d’irresponsabilità e di arroganza da parte della compagnia aerea italiana che, ancora una volta, fa carta straccia dei diritti dei lavoratori. Una decisione resa ancora più grave dall’annuncio, della stessa compagnia, di procedere all’assunzione di nuovo personale precario.
Il capogruppo del Partito democratico, Michela Califano, ha scritto nei giorni scorsi una lettera all’europarlamentare Pd, Debora Serracchiani, per portare alla sua attenzione e del parlamento europeo, la situazione paradossale dei 76 dipendenti Argol. 
La cordata Cai – sottolinea Michela Califano – sta perpetrando un abuso, dimenticando come sia riuscita a mettere le mani su Alitalia senza sborsare un solo euro, utilizzando soldi pubblici e dunque dei contribuenti, per pagare le migliaia di cassintegrazioni pretese per mettere in piedi un piano industriale discutibile che continua a creare precari e cassintegrati. Con Argol, Cai agisce sulla stessa falsariga: sta sostituendo dipendenti formati con nuovi lavoratori precari a tempo determinato, non rispettando la clausola sociale esistente in asso-aeroporti.
Il Pd – conclude la Califano – deve far sentire la propria voce, a tutti i livelli, anche all’interno del parlamento europeo. Quello di Alitalia è un atteggiamento censurabile, che non può più essere tollerato.
I sindacati criticano la scelta di ricorrere a soggetti terzi, senza assorbimento del personale già operante attualmente. In ogni caso in presenza di una riorganizzazione del settore, Alitalia-Cai avrebbe dovuto attingere risorse dalla lista dei cassaintegrati.
La vicenda Argol apre una riflessione più ampia su tutto il sistema aeroportuale che cosi com’ è strutturato getta incertezza sul futuro lavorativo di tutto il personale.
Uno dei tanti problemi mai risolti in aeroporto- spiega Andrea Coletta coordinatore nazionale USB T.A. – è quello dell’elevato numero di handler, le ultime stime parlano di 7 full handler su FCO, che forniscono servizi a terra ai vettori. Si tenga presente che in nessun altro paese si rileva questo esagerato numero di soggetti, che produce un effetto negativo sia per i lavoratori sempre più precari e sia per il cliente finale che, per effetto dei prezzi ribassati, non riceve servizi in linea con gli standard contrattuali convenuti.

Gli ultimi accadimenti della società Argol s.p.a. ,fornitore di Alitalia CAI- continua il coordinatore USB- la dicono lunga su quanto ci sia ancora da fare in termini di salvaguardia dei livelli occupazionali.
Alitalia CAI decide di svolgere in autoproduzione,  probabilmente con personale precario, un servizio già appaltato alla società Argol  e i lavoratori della medesima società rimangono disoccupati. Paradossale, con il senno del poi, l’operazione avvenuta nell’area Cargo dove, al contrario nel 2009 con l’avvento della nuova Alitalia CAI, veniva ceduto in appalto il  servizio di handling merci Fiumicino, che Alitalia svolgeva in autoproduzione.
Restando nell’area Cargo di Fiumicino registriamo una sorta di duopolio tra gli unici handler merci:
FLE e FlighCare Italia che, a cadenze irregolari ma mai sporadiche, si contendono a colpi di ribassi, appalti con i vettori aerei sempre più alla ricerca di tariffe stracciate al fine di prevalere sui propri competitor del trasporto delle merci.
I contratti di lavoro sono l’unico baluardo del liberismo più sfrenato e la necessità di un contratto unico aeroportuale è divenuto elemento indispensabile per la tutela del lavoro e dei lavoratori e non ultimo per le imprese ciò eviterebbe a tutti i lavoratori e lavoratrici di essere soggetti a dumping sociale, a ricadute sui livelli occupazionali e consentirebbe il riconoscimento del proprio livello professionale con effetti positivi sui servizi resi-chiosa Coletta.
Se passa questo sistema di relazioni, dove le aziende decidono, secondo convenienza, a prescindere dalle direttive e dai diritti, che cosa ne sarà dei lavoratori  e delle lavoratrici ?

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