Rugby. Il debutto della nazionale dei celtici e dei parigini

Siamo arrivati alle settimane decisive. Quelle, per intenderci, che potrebbero significare l’ingresso della nazionale nell’olimpo delle dieci più forti al mondo, ma, soprattutto per alcuni osservatori, il trittico di sfide che potrebbe consegnare il rinnovo del contratto al sudafricano Nick Mallett oppure l’allontanamento a pochi mesi dal via della Coppa del Mondo.

Sulla strada della nazionale italiana Argentina (Verona 13 novembre), Australia (20 novembre), Fiji (28 novembre). Tre test match diversi tra loro, ma legati da un unico filo conduttore: riscattarsi.

Perennemente in bilico tra i ‘wannabe’ e i ‘potevaandarepeggio’. Il movimento italiano ha il cuore che batte forte. Sono le ultime suggestive ore della vigilia, di una vigilia che potrebbe significare un’inversione di rotta. E’ tempo di concentrarsi e di pensare bene alle mosse da fare in campo sabato pomeriggio. Su ventidue giocatori, ben 18 sono concentrati in appena 4 team: Aironi, Treviso, Stade Francais, Racing-Metro Paris. L’Italia dei celtici e dei parigini insomma; l’Italia del ritrovato barone Lo Cicero e del suo compagno di squadra Dellapè e dell’altro ‘francese’ Orquera; l’Italia delle giovani promesse come Tebaldi e Tommaso Benvenuti; l’Italia del volto fiero del giovane capitano Parisse; questa Italia qua non può permettersi un solo errore. Di fronte, sabato pomeriggio, ci saranno gli argentini. I pumas li abbiamo incontrati per 16 volte, dieci delle quali l’hanno spuntata loro. Sarà quasi un derby visto che storicamente la bellissima terrà sudamericana è la seconda ‘patria’ degli italiani, ma anche perché buona parte dei nostri nazionali sono proprio italo argentini. A partire proprio da capitan Parisse e proseguendo con uno dei rugbysti più amati della nazionale: Martin Castrogiovanni.

Forse caricare di eccessivo significato queste tre partite è un comportamento da dilettanti, ma la fame di riscatto agli occhi mondiali è tanta. Occorre verificare se la cura celtica ha prodotto risultati concreti. Se giocare ogni settimana a ritmi forsennati abbia accresciuto le competenze dei vari rugbysti o se dobbiamo penare ancora un po’ prima di sorridere. Sergio Parisse e Nick Mallett non hanno dubbi. “Giocare ogni settimana ad alto livello aiuta tutti i giocatori a scoprire ed abituarsi ad un nuovo ritmo di gioco – sostiene il capitano – oggi la Nazionale ha un nuovo equilibrio, tutti sono abituati ad uno standard più elevato.”
“Possiamo far crescere il rugby in Italia – gli fa eco il ct azzurro – da parte di questo gruppo di atleti che ho a disposizione non c’è più solo la voglia di essere competitivi, ma un grande desiderio di cominciare a portare a casa risultati.” Secondo Mallett, grazie “Alla Magners League le differenze tra chi gioca in Italia e all’estero oggi sono molto meno marcate”.

Ma su Mallett qualche nube di troppo si è addensata nelle ultime settimane. Molti intendono queste tre sfide come l’ultima prova d’appello per il ct sudafricano. Addirittura qualcuno ha ipotizzato, non troppo velatamente, che se non dovessero arrivare le due vittorie contro Argentina e Fiji, il passo successivo sarà il cambio alla guida della Nazionale. Una mossa azzardata. Lo era già a Febbraio dello scorso anno, quando molti mormoravano per le scialbe prove nel 6 nazioni, figurarsi adesso che mancano poco meno di 10 mesi al via dei mondiali neozelandesi. Esonerarlo significherebbe affidare una sicura debacle al suo successore. Rimarrebbero, infatti, solo 7 incontri al presunto nuovo head coach per far assimilare i propri schemi al gruppo. Si è scelta la direzione, si è tracciata la via e poi che si fa? Si cambia il capo spedizione?

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