Lo spettro del default incombe sul Portogallo e deprime Milano

TRIESTE – Dopo un’ottava stranamente avara di dati e spunti macroeconomici, è l’ultima seduta a riservare grandi sorprese, purtroppo tutte negative: dai rinnovati timori per la crisi europea, accesi dall’inasprimento della scena politica portoghese, alla crescita statunitense inferiore alle attese, passando per l’annunciato tapering (la progressiva riduzione del Quantitative Easing, ossia della politica espansiva) della Fed ed ai successivi aggiustamenti effettuati tanto da Mario Draghi, numero uno della BCE (Banca Centrale Europea), quanto da Ben Bernanke, suo omologo a stelle strisce.

Incertezza è la parola che caratterizza questo periodo, tanto che proprio il perdurare di dubbi ed indecisioni, facile innesco per aspettative e comportamenti contraddittori ed irrazionali, è il responsabile degli inaspettati quanto devastanti scossoni sui mercati finanziari, peraltro già indeboliti da un momento di ridotta liquidità.
Da alcune settimane gli operatori stanno assistendo ad avvenimenti sorprendenti e di difficile interpretazione, che hanno colto i più del tutto impreparati: una riduzione combinata di liquidità tanto da parte della Federal Reserve, a fronte di un’economia ancora fragile seppur in miglioramento,  quanto della Banca Centrale cinese, alle prese con un ex Celeste Impero in netto rallentamento.
Nel primo caso la scelta sembra doversi al timore che la  confermata ripresa dell’economia porti ad un improvviso rilancio delle tensioni inflazionistiche: un rialzo anticipato dei tassi di interesse penalizzerebbe la ripresa statunitense ed influirebbe negativamente sulla già precaria situazione europea, mentre una normalizzazione tardiva implicherebbe un brusco rialzo dei tassi; con spirito affine la Banca Centrale cinese vuole correggere l’eccessiva espansione del credito nel Paese, prima che diventi più difficile riassorbire i disequilibri sinora generati. Non resta quindi che sperare in una positiva conclusione di queste azioni, che potrà produrre un significativo risanamento dei mercati ed un ritorno ai loro fondamentali, consentendo l’abbandono dell’artificiale sostegno fornito dalle accomodanti e preoccupate Banche Centrali.
Cosa attenderci quindi nel prossimo futuro ? Secondo alcuni commentatori la volatilità è spesso il risultato di cambiamenti a livello macro ed a livello politico, eventi di breve periodo ai quali l’emotività degli investitori piace aggrapparsi ma incapaci di mutare la direzione del mercato, lentamente avviatosi verso un miglioramento dell’economia globale: la prima potenza economica, gli Stati Uniti, si sta riprendendo, la seconda, la Cina, sembra ormai aver toccato un minimo e la terza, il Giappone, sta progredendo più delle aspettative; persino l’Europa sembra avvicinarsi al proprio punto di minino.
Il Vecchio Continente, dopo aver brillantemente risolto la questione della nuova tranche di aiuti alla Grecia, è ora alle prese con la crisi politica del Portogallo e le ombre da questa proiettate sulla stabilità della Zona Euro: dopo le dimissioni del ministro delle finanze Vitor Gaspar e quelle – respinte – del ministro degli esteri Paulo Portas, sembra che altri due esponenti del Governo siano pronti a lasciare, il ministro dell’agricoltura Assuncao Cristas e quello del welfare Pedro Mota Soares. Tensioni, incertezze e ripensamenti legati alle difficoltà nel gestire la rigida politica fiscale imposta al paese dall’UE, culminata nella richiesta del leader dell’opposizione, Antonio José Seguro, di rinegoziare il debito di Lisbona per timore del  default: uno scenario da incubo che ha fatto schizzare lo spread tra i titoli lusitani a 10 anni ed il corrispondente Bund tedesco a 611 Bp (Basis point, punti base), con il rendimento dei titoli portoghesi impennatosi ad un soffio dall’8%, il massimo degli ultimi sette mesi.
Come se tutto questo non bastasse a mettere in fibrillazione i mercati sulla tenuta dell’Eurozona, l’inatteso taglio del rating sul debito sovrano dell’Italia praticato dall’agenzia Standard & Poor’s, conseguenza della  debolezza dell’economia nazionale e degli elevati tassi di interesse concessi alle imprese; a peggiorare la situazione la prospettiva di non raggiungere il target sul deficit per l’esercizio in corso, peraltro contestata dal Tesoro, secondo il quale il giudizio non considera le recenti azioni messe in atto dal Governo.
«Stabili» invece le prospettive sul rating della Germania, alla quale la medesima agenzia di rating ha confermato il giudizio «AAA», evidenziando la capacità dell’economia tedesca di resistere agli shock economici e finanziari.
Prospettive opposte per i mercati asiatici, spinti al rialzo dai nuovi massimi segnati ieri a Wall Street grazie alle trimestrali di due grandi istituzioni finanziarie come   JP Morgan e Wells Fargo, entrambe migliori delle attese del mercato.
Tokyo, che pure aveva trattato per lunghi tratti in ribasso, ha chiuso in recupero dello 0,23% dopo l’annuncio del Giappone di voler proseguire nella politica di stimolo all’economia, in calo invece Hong Kong (-0,7%) e Shanghai (-1,39%), dove gli operatori attendono la prossima settimana per avere riscontro sulla dinamica del PIL (Prodotto Interno Lordo) e poter così capire l’effettiva portata del rallentamento del colosso asiatico: secondo il ministro delle Finanze Lou Jiwei l’economia si muoverà in rialzo del 7% contro un obiettivo annunciato ad inizio anno del 7,5%.
Imprevisto e progressivo indebolimento delle principali Borse europee che, dopo un’apertura al rialzo propiziata dalle notizie provenienti dagli USA, hanno generalmente tenuto viaggiando intorno alla parità (Francoforte +0,66%, Londra +0,02%, Parigi -0,36%); quasi un ritorno della speculazione sui paesi periferici dell’Eurozona invece per Milano (FTSE Mib -1,57% FTSE Italia All-Share -1,36%) e Madrid (-2,32%), le due peggiori performance continentali.
A Piazza Affari anche oggi vendite su Rcs Mediagroup (-3,07%) nonostante il forte interesse attorno ai titoli inoptati, venduti in poche ore; pesante ribasso anche per Telecom Italia (-4,73%), a seguito del pesante impatto economico-finanziario conseguente la proposta del Garante delle Comunicazioni di riduzione dei canoni di accesso “wholesale” alla rete in rame, nonché seduta decisamente negativa per Enel (- 4,71%),  da collegare ad una possibile riforma del settore energetico in Spagna, dove il gruppo è attivo attraverso la controllata Endesa. Vendite infine anche sui bancari, con Monte dei Paschi di Siena sceso del 2,1% a seguito di importanti finanziamenti della divisione britannica di Deutsche Bank contabilizzati in modo scorretto; ribasso dell’1,61% per Unicredit e del 2,25% per Intesa Sanpaolo, mentre la palma di peggiore spetta alla Popolare di Milano (-3,42%).
La prova delle due aste di BOT e BTP a metà settimana, superate senza particolari problemi (rendimenti in fisiologico rialzo, ma come da attese) sia sotto il profilo della domanda che sotto quello dei tassi, non hanno potuto però arginare l’odierno allargamento dello spread, con il differenziale tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni in rialzo a 292 Bp (Basis point, punti base) ed un rendimento del titolo italiano (Btp maggio 2023) tornato al 4,47%; in crescita a 321 punti base anche lo spread tra i titoli di Spagna e Germania, con i Bonos che pagano oggi un rendimento del 4,76%.

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