Milano: la crisi politica diventa economica, impazzisce lo spread

TRIESTE –  Dopo che la passata settimana si è caratterizzata per il peggioramento dello scenario politico italiano e per il conseguente ribasso del FTSE Mib, il più significativo indice azionario di Piazza Affari, il cui progresso da inizio anno è sceso all’8,44%, lo scorso week end le italiche vicende hanno avuto sviluppi tali da lasciar facilmente intuire l’evoluzione della nuova ottava.

Le dimissioni dei ministri appartenenti al Pdl, legate alla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, hanno  di fatto sancito l’apertura di una crisi di Governo, riportando il Bel Paese al centro dell’attenzione degli investitori internazionali: con impareggiabile solerzia l’agenzia di rating Fitch ha prontamente dichiarato che l’Italia è a rischio” a causa dell’instabilità politica, fattore che potrebbe non consentire il raggiungimento degli obiettivi di bilancio a breve e medio termine.

Come se questo non bastasse, ormai a ridosso della scadenza del 15 ottobre, termine ultimo per l’approvazione della Legge di Stabilità 2014 da parte degli stati membri UE prima del successivo vaglio di Bruxelles, del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Centrale Europea (BCE), l’agenzia  Standard & Poor’s starebbe invece prendendo in considerazione il declassamento del Paese, oggi con un rating “BBB” («Adeguate capacità di rispettare gli obblighi finanziari. Tuttavia, condizioni economiche avverse o cambiamenti delle circostanze sono più facilmente associabili ad una minore capacità di adempire agli obblighi finanziari assunti»), penultimo gradino del così detto “investment grade”.

A confermare la gravità della situazione le parole di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria: «Mi auguro che tutta questa instabilità non porti a una precettazione da parte dell’Europa e a una gestione commissariale» ha affermato, rievocando poi l’ascesa di Mario Monti al Governo: «Spero che il senso di responsabilità di chi ci governa prevalga: non vorrei che ci ritrovassimo nella stessa situazione dell’ottobre 2011».

Nel frattempo, a livello macroeconomico, i dati oggi comunicati dall’ISTAT indicano una netta flessione dei prezzi alla produzione dell’industria italiana, un -2% su base tendenziale (cioè anno su anno) che costituisce il maggior calo dal novembre 2009; diminuzione anche per i pressi al consumo, con l’inflazione in rallentamento congiunturale rispetto ad agosto (0,9% contro 1,2%) per effetto della fine dei saldi estivi.

L’Eurostat, l’Ufficio dell’Unione Europea che raccoglie ed elabora dati dagli Stati membri a fini statistici,  ha invece comunicato che nel mese di settembre i prezzi al consumo (stima flash) nella zona Euro hanno registrato un incremento dell’1,1% su base annuale, rispetto al +1,3% di agosto.

Inizio di ottava non facile per le Borse internazionali a causa delle tensioni legate al deficit USA: senza un accordo tra Repubblicani e Democratici entro il 17 ottobre gli Stati Uniti rischiano il default, del quale la paralisi del servizi pubblici per l’impossibilità di pagare, in parte, le agenzie governative americane (il così detto “government shutdown”) potrebbe essere una vicina anticipazione.

A far capire la piega che avrebbe assunto l’odierna seduta ci hanno pensato le borse asiatiche, con l’indice Msci della regione in calo dell’1,5%, peggior performance degli ultimi 17 anni. I timori provenienti da Washington hanno fortemente pesato sulla Borsa di Tokyo (-2,06%), segnata anche dalla revisione al ribasso dell’indice PMI manifatturiero cinese; nel frattempo la produzione industriale del Sol Levante è in calo mentre aumentano le vendite al dettaglio.

In Europa le piazze del Vecchio Continente sono partite con il segno meno appesantire dal dato inferiore alle attese della produzione industriale cinese, che ha penalizzato i titoli legati alle commodity, mentre lo stallo dei negoziati sul bilancio statale americano ha influenzato l’andamento dei bancari europei e delle società maggiormente legate all’export con gli USA; la seduta è proseguita su toni negativi concludendo con gli indici in forte ribasso: Piazza Affari (FTSE Mib -1,2%, FTSE Italia All Share -1,11%) è la più penalizzata e veste la maglia nera per la seconda volta consecutiva, complice una sessione pesante per i finanziari e segnata dal crollo dei titoli della galassia Berlusconi; a ruota Parigi (-1,03%), Londra e Francoforte appaiate (-0,77%) ed infine Madrid (-0,5%).

A Milano IntesaSanpaolo (-3,54%) sconta il cambio della guardia tra Enrico Cucchiani, ex amministratore delegato, ed il subentrante Carlo Messina, con Mediobanca a peggiorarne il giudizio da “Neutrale” ad “Underperform” (farà peggio del mercato); Unicredit (-1,26%) ha invece comunicato il rimborso anticipato di un bond scadenza 2018 per un ammontare di 350 milioni di sterline, vedendo confermato il proprio rating di “Neutrale”; modesto calo infine per Monte dei Paschi di Siena (-0,19%), dopo uno stop per eccesso di ribasso in avvio di giornata.

Giornata nervosa per i petroliferi con i ribassi di Eni (-0,94%), Saipem (-0,62%) ed Erg (-2,23%), segno più per Tenaris (+0,64%); tra gli industriali segnaliamo che oggi Fiat Industrial ha cambiato denominazione in CNH Industrial (-2,77%) e sarà quotata anche a Wall Street; colpita dai ribassi anche la galassia Berlusconi, con  Mediaset (-4,52%) e Mediolanum (-1,92%) a scontare le maggiori perdite.

La crisi di governo e le dimissioni dei ministri del Pdl hanno fatto schizzare in avvio di seduta lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, portatosi a ben 287 BP (Basis point, punti base), 22 punti in più rispetto alla chiusura di venerdì, superando quello tra i Bonos spagnoli e Bund tedeschi, oscillando poi tra 283 e 305 punti; dopo la fiammata iniziale il differenziale ha fortunatamente ritracciato, andando a chiudere a 265 punti base, poco mosso rispetto ai 264 di venerdì: secondo diversi operatori, a sgonfiare lo spread sarebbero le indiscrezioni di possibili defezioni fra i senatori del Pdl.

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