Il doppio conto alla rovescia in Usa ed Europa contrasta le Borse

TRIESTE – Nessun nuovo tema a caratterizzare l’ottava di Borsa che si inaugura oggi, ulteriore settimana ostaggio dell’incertezza per quello che potrebbe accadere negli Stati Uniti a seguito della questione “debt ceiling”, l’innalzamento del tetto del debito pubblico, soprattutto nella seduta odierna, caratterizzata dalla sospensione dell’attività macroeconomica americana per la festività del “Columbus Day” e da un’agenda europea che prevede la sola comunicazione dei dati sulla produzione industriale, seguita nel pomeriggio da una riunione dei ministri delle Finanze dell’Eurogruppo.

Come ormai risaputo, se entro il 17 ottobre Casa Bianca e Congresso non troveranno un accordo il Tesoro americano non potrà far fronte ai propri impegni: nessuna possibilità di pagare pensioni e fornitori, ma soprattutto l’impossibilità di consentire riscatti dei buoni del Tesoro, la cui sopravvenuta illiquidità impatterebbe persino sugli equilibri delle banche centrali, cinese in primis, sconvolgendone i  bilanci e provocando un’inimmaginabile rovina del sistema finanziario globale.

Quello di cui si parla molto meno è l’approssimarsi di un’altra scadenza, potenzialmente altrettanto letale: quella relativa alla decisione della Corte Costituzionale tedesca sulla legittimità delle operazioni di mercato aperto della BCE (Banca Centrale Europea), le così dette OMT (Outright Monetary Transactions), che consistono nell’acquisto diretto da parte della BCE di titoli di Stato a breve termine emessi da Paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata. 

Predisposte circa un anno fa per fronteggiare l’uscita dalla moneta comune dei Paesi membri più in crisi, se i giuristi tedeschi dovessero decidere che questi strumenti finanziari privano la Germania di un controllo diretto sui propri fondi, sarebbero in grado di impedire alla Bundesbank, la banca centrale di Berlino, di partecipare al piano, pur non potendone sospendere le operazioni: uno stravolgimento di fatto degli attuali equilibri dell’Eurozona che potrebbe facilmente preludere ad una crisi dell’euro così profonda da metterne in dubbio la sopravvivenza, evenienza altrettanto devastante del “debt ceiling”.

La consapevolezza di un rischio così grande e dell’imprevedibilità degli effetti che si scatenerebbero ad un suo ipotetico realizzarsi lasciano supporre, come nel caso degli Stati Uniti, che l’avvicinarsi della scadenza plachi gli animi invitando alla prudenza, in modo da limitare le richieste della Corte tedesca ad una costante informativa che aggiorni il Parlamento quanto a consistenza ed effetti delle operazioni OMT eventualmente avviate.

In attesa di conoscere l’esito di entrambe le vicende, i dati raccolti ad agosto da Eurostat sulla produzione industriale degli stati membri dell’Eurozona registrano un progresso dell’1%, su base mensile, superiore alle stime degli analisti; su base annua si annota invece una flessione del 2,1%. Negativa la rendicontazione dell’Italia, che evidenzia diminuzioni rispettivamente dello 0,3% e del 4,6%.

Pochi spunti dalla Borse asiatiche e dell’area del Pacifico, che si sono mosse incerte guardando alla trattative per evitare il default Usa, con diverse piazze importanti tra le quali Hong Kong chiuse per festività: l’indice MSCI Asia Pacific ha registrato così un calo dello 0,2% con un numero di azioni in perdita proporzionalmente doppio rispetto a quelle in guadagno. Chiusa anche Tokyo per la ricorrenza dell’Health-Sports Day, il mercato segnato dalle perdite più pesanti è quello di Taiwan (-0,9%), con Sidney a cedere meno di mezzo punto e Mumbai sopra la parità a fine scambi.

Nemmeno dalla Cina giungono notizie positive: l’andamento delle esportazioni è in calo annuo dello 0,3% mentre l’indice dei prezzi al consumo ha segnato un rialzo annualizzato pari al 3,1%: entrambe le letture sono inferiori alle stime degli analisti, soprattutto la prima; nota positiva per il settore ferroviario, in deciso rialzo a Shanghai sulle aspettative che i programmi di sviluppo della rete in Thailandia riflettono sulle principali aziende del comparto.

Partenza con il freno a mano tirato per le Borse del Vecchio Continente, che cedono in avvio quasi mezzo punto percentuale, proseguita poi con la stessa intonazione; Wall Street in territorio negativo e le prese di profitto dopo una settimana di rialzi completano il quadro che ha portato ad una chiusura contrastata: Francoforte risulta praticamente invariata (-0,01%) come Parigi (+ 0,07%), poco mosse Madrid (+0,28%) e Londra (+0,3%).

A Piazza Affari (FTSE Mib +0,19%, FTSE Italia All Share +0,19%) seduta piatta, con i principali indici ad oscillare attorno alla parità per quasi tutta la giornata: corrente di acquisti sulle banche, in particolare Banco Popolare (+4,56%) e Monte dei Paschi di Siena (+2,71%); IntesaSanpaolo (-0,45%) è in attesa a breve di un nuovo piano industriale «che coinvolgerà tutte le unità del gruppo, mentre Unicredit (+0,18%) è stata oggetto di rumors riguardo l’ipotesi di quotazione della controllata tedesca HVB.

Buona seduta per Roma (+20,56%), Lazio (+29,80%) e Juventus (+17,27%) grazie ai risultati di campionato ed alla possibilità, ventilata dal ministro per gli Affari regionali e lo Sport, di accelerare l’iter del provvedimento che consentirebbe ai club di costruire i propri stadi; giornata positiva anche per Mediaset (+0,81%), grazie al giudizio di alcuni analisti, mentre hanno performato molto male i titoli del lusso. 

Tra gli industriali in rialzo Fiat (+0,23%) nonostante sul settore abbiano pesato voci su di un aumento di capitale che PSA Peugeot Citroen starebbe preparando per far entrare due nuovi soci, la cinese Dongfeng Motor e lo Stato francese; in rosso Ansaldo STS (-0,72%), con il Governo dato alla ricerca di un socio di maggioranza per la nuova holding Ansaldo Trasporti in cui far confluire Ansaldo STS e Ansaldo Breda.

Sul fronte del debito sovrano ancora in calo lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che chiude a 239 BP (Basis point, punti base) per un tasso del 4,25%; il differenziale tra il Bonos spagnolo (decennale) ed il Bund tedesco avente stessa scadenza si è ridotto a 240 Bp, con un rendimento del titolo iberico del 4,26%.

Concludiamo con una nota quasi di colore: l’accademia di Svezia ha deciso di tributare il premio Nobel per l’economia ai professori e studiosi della materia Eugene F. Fama, Lars Peter Hansen e Robert J. Shiller per le loro analisi empiriche sui prezzi degli asset.

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