Babbo Natale regala il rialzo a Milano e all’Europa

TRIESTE – La settimana natalizia che s’inaugura oggi sarà caratterizzata per ben pochi appuntamenti di rilievo, stante la chiusura di Piazza Affari nelle giornate del 24, 25 (listini fermi su entrambe le sponde dell’Atlantico) e 26 dicembre (mercati chiusi in tutta Europa), con il ritorno alle contrattazioni previsto solamente per venerdì 27 dicembre, in coincidenza di un’importante emissione di BOT semestrali da parte del Tesoro italiano.

Stella indiscussa della precedente ottava la matricola Moncler: un debutto al fulmicotone (un rialzo di quasi il 47% nel primo giorno di contrattazioni ed a fine settimana 42,2% in più rispetto al collocamento) che ha contribuito non poco alla brillante performance del FTSE Mib, il più significativo indice azionario di Borsa Italiana, che nel periodo compreso tra il 16 ed il 20 dicembre ha registrato un progresso del 4,27%, portando il rialzo da inizio anno al 14,09%.

I due grandi “market mover” (eventi in grado di influenzare i mercati) della scorsa ottava di Borsa sono stati sicuramente il raggiungimento dell’accordo sull’Unione Bancaria raggiunto dall’Ecofin, il cui impatto non è stato però particolarmente significativo, e la svolta della Fed, la banca centrale americana, riguardo al tanto discusso “tapering”, la graduale riduzione degli stimoli monetari costituiti dal Quantitative Easing (acquisti di titoli per circa 85 miliardi di dollari di al mese finalizzati all’immissione di liquidità a sostegno dei mercati e dell’economia).

L’evoluzione dei dati e delle previsioni su crescita ed occupazione, sul PIL (il valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese) e sul fronte della disoccupazione a stelle e strisce hanno tratteggiato un quadro macroeconomico in miglioramento, segnando la rotta da seguire per i prossimi mesi; così, prima di lasciare il controllo della Federal Reserve a Janet Yellen, il presidente uscente Ben Bernanke ha annunciato che «il Comitato (il Federal Open Market Committee, principale strumento della banca centrale americana per influenzare i tassi di interesse – n.d.r.) ha deciso di ridurre modestamente i propri acquisti di titoli» da gennaio 2014, con una diminuzione mensile pari a 10 miliardi di dollari.

Il fatto che l’economia sia cresciuta pur in un contesto di enorme restrizione fiscale è un fattore che testimonia una ripresa solida, tuttavia il FOMC ha ribadito che se verrà confermata «l’aspettativa di miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e l’inflazione si muoverà verso il suo obiettivo di lungo termine, il Comitato probabilmente ridurrà il ritmo degli acquisti di titoli in ulteriori stadi misurati nelle riunioni future», legando così nuovi tagli sugli acquisti all’andamento della congiuntura, senza la necessità di dover fornire orizzonti temporali definiti entro i quali porre completamente fine al QE.

Non bisogna comunque dimenticare che 75 miliardi di dollari al mese rimangono lo stimolo monetario più grande del pianeta, forse la chiave di lettura più corretta per spiegare il diffondersi sui mercati dei timori riguardo al formarsi di una bolla speculativa (fase caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni, dovuto ad una crescita della domanda repentina e limitata nel tempo): non a caso i mercati azionari internazionali hanno guadagnato il 24% circa nel corso dell’anno, cioè circa sette volte più della crescita del PIL  globale, leggermente inferiore al 3% (l’indice MSCI globale supera infatti di oltre il 20% il massimo storico raggiunto a maggio 2008).

Resta il fatto che, a parere degli operatori, il prossimo anno l’economia americana dovrebbe accelerare molto, consentendo ai mercati azionari di assorbire il calo della liquidità immessa dalla Fed, fattore che, unitamente all’incremento della Cina, i cui leader hanno chiarito di non tollerare una progresso inferiore al 7%, consentirebbe al processo di “risanamento globale” di proseguire ulteriormente ed agli scambi globali di recuperare bene.

Un simile contesto aggraderebbe anche l’Unione Europea, attualmente il principale esportatore al mondo, dove diverse economie (Regno Unito, Spagna e Irlanda) hanno già registrato un rialzo sorprendente; sviluppi che probabilmente non basterebbero a tenere sotto controllo l’odierna tendenza deflazionista, il cui punto nodale è invece legato alla ristrutturazione del sistema bancario, condizione necessaria per una ripresa trainata dal credito.

Ulteriore conferma che l’economia sta riprendendo ad un ritmo moderato è giunta lo scorso venerdì dalla Bank of Japan, che non ha modificato la propria politica monetaria ribadendo l’impegno ad espandere la base monetaria per un ammontare di 60-70mila miliardi di yen all’anno.

Il progresso dell’indice di fiducia dei consumatori (stima flash) nella zona Euro a dicembre, migliore delle attese degli analisti, non è invece bastato ad evitare da parte dell’agenzia S&P il taglio del rating di lungo termine dell’Unione Europea, sceso da “AAA” ad “AA+”, seppur con prospettive “stabili” per i prossimi trimestri.

L’Istat ha invece certificato per il Bel Paese un calo delle vendite al dettaglio (-1,6% su base annua) e del fatturato dell’industria e dei relativi ordinativi (-1,3%) ad ottobre, mentre nel mese di novembre l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie è aumentato dell’1,3% su base tendenziale, con un incremento dell’1,7% per i dipendenti del settore privato ed una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione; il surplus commerciale dell’Italia con i paesi extra Unione Europea ammonta invece a 2,4 miliardi di euro, insufficiente ad arginare la flessione di due punti della fiducia dei consumatori a dicembre.

A fronte della chiusura odierna della Borsa di Tokyo per le celebrazioni del compleanno dell’Imperatore,  seduta positiva per i listini asiatici, trainati dai segnali di rafforzamento dell’economia americana; trovato un accordo al Congresso sul bilancio federale e scongiurati così altri periodi di “shutdown”, Shanghai (+0,24%) ed Hong Kong (+0,48%) hanno potuto recuperare parte delle perdite realizzate nelle scorse sedute chiudendo in rialzo.

Avvio contrastato per i listini europei che non hanno saputo sfruttare in apertura la spinta prodotta dai dati macro americani, riportatisi però tutti in territorio positivo a metà seduta; venute meno le due grosse incognite riguardo al bilancio federale Usa ed alla politica monetaria della Federal Reserve, alla base della forte volatilità degli ultimi mesi, tutte le principali Borse europee hanno chiuso in rialzo: in evidenza Francoforte (+0,94%), con l’indice Dax che ha fissato il nuovo massimo storico, seguita dal crescendo formato da Parigi (+0,51%), Madrid (+0,71%) e Londra (+1,09%).

Piazza Affari (FTSE Mib +0,71%, FTSE Italia All Share +0,69%) ha risolto positivamente una giornata caratterizzata da importanti scadenze tecniche ed ora può godersi la tre giorni di pausa natalizia con maggior serenità; spunti importanti tra i bancari per l’ottima giornata di Monte dei Paschi di Siena (+4,31%) sulle voci che la Fondazione MPS starebbe esaminando una nuova proposta avanzata da una cordata di investitori per rilevare la partecipazione detenuta dall’ente nella banca; progressi anche per Intesa Sanpaolo (+0,23%) ed Unicredit (+0,66%). Tra i titoli a maggior capitalizzazione seduta negativa per Telecom Italia (-0,36%), dopo che l’assemblea dei soci ha deciso di non revocare il board; guadagni per Generali (+ 0,72%) ed in forte progresso Eni (+1,17%), confermata dall’agenzia S&P tra gli emittenti non speculativi con rating “A” sul debito a lungo termine.

In leggero rialzo lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che ha chiuso la seduta a 229 BP (Basis point, punti base) dai 225 di ieri, con il rendimento del decennale italiano al 4,17%; il differenziale della Spagna nei confronti del Bund tedesco archivia invece la sessione a 231 punti base, col rendimento dei Bonos al 4,19%. 

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