Nodo stress test, indagine sulla Troika, Cina in frenata. I mercati ritracciano

TRIESTE – Dopo che la scorsa settimana si è chiusa positivamente per Piazza Affari, con il FTSE Mib (il più significativo indice azionario di Borsa Italiana) a stringere in rialzo del 2,05% (5,3% il progresso complessivo da inizio anno), la nuova ottava parte in affanno, gravata dai dati di un’economia cinese in frenata, dalle banche UE a confronto con il nodo stress test e senza la prospettiva di aggiornamenti macroeconomici di rilievo, complice anche la chiusura di Wall Street in occasione delle celebrazioni per il Martin Luther King Day. 

Andiamo con ordine. La notizia che la BCE (Banca Centrale Europea), nell’attuare gli stress test sulla solidità delle banche, non porterà al valore di mercato i titoli di Stato iscritti in bilancio alla voce «held to maturity» (cioè quelli che verranno riscattati a scadenza) ha contribuito a galvanizzare il comparto, con gli istituti di credito  a guadagnare mediamente l’1,81%, rialzo che nel Bel Paese è stato addirittura del 2,97%. Il tema è complesso, ma molto rilevante: dai dettagli tecnici degli stress test, che saranno comunicati a inizio febbraio, dipende infatti il futuro delle banche italiane e di tutta Europa.

Secondo i calcoli di un’analisi condotta da Viral Acharya, professore della New York University e consulente del Comitato Europeo per il Rischio Sistemico (ESRB) e da Sascha Steffen, della Scuola Europea di Berlino di Management e Tecnologia, se venissero condotti dei “veri” stress test nella Zona Euro, in caso di shock avversi gli esami potrebbero rilevare la presenza di un buco da 767 miliardi di euro (1.000 miliardi di dollari) nei bilanci delle banche che, per essere adeguatamente capitalizzate, potrebbero richiedere l’intervento dei  Governi e, quindi, dei contribuenti. Conti e metodologie di Steffen e Acharya non coincidono con quelli che userà la BCE, ma i risultati indicano un ordine di grandezza che varrà come parametro di riferimento, dal quale Francoforte avrà difficoltà a tenersi discosta.

L’operazione verità sui bilanci delle banche è inevitabile per ridare credibilità alla finanza europea, tanto quanto è inevitabile garantire la stabilità del sistema finanziario dell’Eurozona prima di poter passare alla formazione dell’unione bancaria; se però le simulazioni di scenari di crisi e recessione confermassero questo potenziale “buco” di liquidità, allora sarà necessario procedere a colmarlo. Per quanto riguarda l’effetto-leva (il rapporto tra capitale e investimenti) le banche francesi sembrano le più esposte di tutte, seguite, subito dopo, da quelle tedesche; per le banche italiane, invece, il vero incubo è legato alla cancellazione dei debiti inesigibili che aprirebbe, nei 14 istituti presi in esame, una voragine superiore ai 105 miliardi di euro.

Come se ciò non bastasse ad agitare le acque già mosse in cui naviga il Vecchio Continente, è notizia recente che il Parlamento Europeo abbia avviato un’indagine sul lavoro svolto da Commissione Europea, BCE e FMI, la cosiddetta Troika, a fronte dei dubbi espressi nei confronti dei programmi di austerity imposti ai Paesi che hanno richiesto il salvataggio internazionale; durante le prime settimane di gennaio una delegazione ha visitato Cipro e il Portogallo, mentre prossimamente la stessa si recherà in Irlanda ed in Grecia per una serie di audizioni ad alto livello, mentre la votazione in plenaria della relazione finale dovrebbe avvenire a marzo.

Se la vecchia Europa è affetta da una ripresa che stenta a concretizzarsi, all’altro capo del mondo il giovane Dragone cinese comincia a scontare i segni della propria folle corsa: il grande problema costituito dal processo di creazione di credito nel sistema bancario collaterale è ormai fuori controllo, tanto da far regredire ai minimi da luglio la piazza finanziaria di Shanghai. Il maggior istituto di credito cinese per numero di asset, l’Industrial and Commercial Bank of China, ha ribadito che non salverà né compenserà i detentori dei prodotti circolanti nel cosiddetto sistema bancario “ombra” (SBS,  Shadow Banking System: l’insieme di intermediari finanziari non bancari che fornisce servizi simili alle banche commerciali tradizionali), così che i 492 milioni di dollari di prestiti inevasi che scadranno il prossimo 31 gennaio non saranno garantiti.

È stata dunque la paura per lo scoppio di una crisi derivante dall’effetto contagio che potrebbe scaturire dal default nel sistema bancario collaterale cinese ad affossare oggi gli indici azionari; gli effetti distorsivi dell’eccesso di liquidità della banca centrale dell’ex Celeste Impero si sono concretizzati in un aumento smisurato del sistema bancario “ombra”, portando di fatto alla formazione di una bolla creditizia.

Si spiega così l’odierna negatività dei listini asiatici, ulteriormente penalizzati dagli aggiornamenti dei dati macro: calo della crescita del PIL, sceso ai livelli più bassi dal 1989, l’anno del massacro di piazza Tienanmen e delle sanzioni economiche, diminuzione della produzione industriale e degli investimenti, tutti fattori che hanno abbattuto i titoli del comparto finanziario e di quello edile: Shanghai (-0,68%), Hong Kong (-0,88%). In calo anche Tokyo ( -0,59%) per effetto dell’apprezzamento dello yen nei confronti di dollaro ed euro.

Conseguente avvio in ribasso per le principali Borse europee, appesantite dai dati dell’economia cinese in una seduta nervosa anche a causa della perdita di bilancio annunciata da Deutsche Bank, legata a pesanti oneri per spese legali e costi di ristrutturazione; dopo un rally durato due settimane che ha spinto le Borse ai massimi degli ultimi sei anni, le prese di profitto oggi hanno frenato i listini del Vecchio Continente:   sottotono Parigi (-0,11%) e   Madrid (-0,11%),   Londra (+0,11%) leggermente positiva.

Frazionale rialzo per Piazza Affari (FTSE Mib +0,02%, FTSE Italia All Share +0,08%), zavorrata dalle banche dopo un inizio di settimana attorno alla parità: male la Popolare di Milano (-5,89%) nella giornata della nomina per il triennio 2014/2016 di Mario Anolli quale presidente e di Giuseppe Castagna in qualità di consigliere delegato; vendite anche su Monte dei Paschi di Siena (-1,97%), Intesa Sanpaolo (-0,51%) ed Unicredit (-0,76%).

Tra i titoli a maggior capitalizzazione da segnalare il progresso di Telecom Italia (+1,69%), sulla quale gli  esperti hanno aumentato il prezzo obiettivo ed il rating; scivolone di Mediaset (-0,42%), dovuto all’indicazione di vendita delle azioni da parte degli operatori nonostante il miglioramento delle stime sul fatturato e sulla redditività.

Si conferma stabile anche oggi il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza, con lo spread a 205 Bp (Basis point, punti base) ed il tasso sul decennale del Tesoro al 3,79%; invariato anche lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, riconfermatosi ad 85 Bp con un rendimento rimasto sopra l’1%.

Infine il differenziale tra i titoli di Spagna e Germania termina la giornata a 194 Bp col rendimento dei Bonos al 3,67%.

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