L’incognita sviluppo manda le Borse sulle montagne russe

TRIESTE – Dopo che la scorsa settimana si è conclusa con una flessione dell’1,8% del il FTSE Mib, il paniere delle 40 società a maggior capitalizzazione sui mercati gestiti da Borsa Italiana che ha ridotto il proprio risultato da inizio anno al 12,8%, i due maggiori indici azionari americani, l’S&P500 ed il Dow Jones, hanno aggiornato i massimi assoluti risucchiando nella loro scia il Dax tedesco, con i maggiori listini a livello europeo (Uk100 ed Eurostoxx50 per citarne i principali) nuovamente a livelli sostenuti anche se non immediatamente nei pressi dei record storici.

Borse protagoniste dunque, con gli investitori a destinare la liquidità in eccesso là dove i rendimenti potenziali sono più elevati ed i dividendi attesi, grazie agli attuali tassi d’interesse, vengono scontati con ratei bassissimi, dando vita ad un mercato fortemente volatile e dagli orizzonti temporali di breve termine, fortemente condizionato da tutto quanto proviene dal fronte macroeconomico. 

Focalizzata sulle trimestrali delle società italiane e sulle aste dei titoli di Stato del Belpaese, quest’ottava ha raccolto tali appuntamenti nelle sue giornate finali, così ieri i dati (preliminari) sul PIL (Prodotto Interno Lordo, il valore totale dei beni e servizi prodotti) dell’Italia, hanno visto Piazza Affari terminare la seduta in pesante ribasso a fronte di un dato peggiore delle attese; oggi protagonista invece il Nuovo Continente, dove il contrasto tra gli incoraggianti aggiornamenti sull’andamento del settore immobiliare e la delusione per l’evoluzione dell’indice di fiducia delle famiglie dell’Università del Michigan ha influenzato l’altalenante performances delle Borse europee.

In un simile contesto a pesare sono le incognite riguardanti lo sviluppo dell’economia: «La politica monetaria in Europa dovrebbe dare ulteriori impulsi per la crescita» ha affermato la direttrice del FMI (Fondo Monetario Internazionale) Christine Lagarde, pur ritenendo che, nella gestione della crisi dell’euro, Draghi «in modo molto abile ha trovato le parole giuste nel momento giusto». Se infatti è indiscutibile che l’Eurozona stia correndo un rischio relativamente basso di deflazione, fronteggiabile con l’assunzione di nuove misure, è altrettanto vero che oggi sia ancora troppo presto per fare speculazioni su di un intervento della BCE a giugno, non essendo ancora noti i nuovi dati sull’andamento dei prezzi a lungo termine; nonostante ciò l’esponente dell’Eurotower Ewald Nowotny ha sottolineato che, qualora un taglio del costo del denaro non dovesse essere sufficiente, la BCE potrebbe attuare molteplici ulteriori misure.

I rischi per la ripresa e la bassa inflazione confermano il clima di crisi e pesano sulla deludente lettura dell’indice elaborato dal centro di ricerca economica tedesca ZEW sulla fiducia degli investitori in Germania, sceso a maggio a 33,1 punti dai 43,2 del mese precedente, quinta mensilità consecutiva in discesa dopo il massimo di 7 anni registrato a dicembre.

Come già precedentemente anticipato, crescita dello 0,8% dell’economia tedesca nel primo trimestre di quest’anno rispetto a quello precedente, l’espansione più forte da tre anni a questa parte, mentre la Francia segna crescita zero rispetto ai tre mesi precedenti, contro le attese per un +0,1%; debâcle dell’Italia che registra nello stesso periodo un calo dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, chiusosi invece con una crescita di pari entità.

Per ultimo il dato sull’inflazione, quel generale e continuo aumento dei prezzi di beni e servizi che nel tempo genera una diminuzione del potere d’acquisto della moneta, che nel Belpaese ad aprile, dopo uno stop di ben dieci mesi, ha ripreso a salire portando il tasso annuo allo 0,6% dallo 0,4% di marzo; anche l’Eurostat ha comunicato che ad aprile i prezzi al consumo (dato finale) nella zona Euro hanno registrato un aumento dello 0,2% su base mensile, confermando la stima preliminare dei giorni scorsi.

Seduta negativa per i listini asiatici, con Tokyo (-1,41%) a chiudere in decisa flessione a causa del significativo rafforzamento dello yen, che ha guidato le vendite sui titoli delle società maggiormente esposte ai mercati internazionali.

Significativo rallentamento dell’economia cinese, con vendite al dettaglio e produzione industriale ad aumentare meno delle attese; inferiori alle aspettative anche gli investimenti in capitale fisso nelle aree urbane, indicatori dell’attività nel settore delle costruzioni, aumentati nel periodo gennaio-aprile del 17,3% contro una previsione del 17,7%. Una delle maggiori fonti di preoccupazione del governo di Pechino rimane però il settore bancario ombra, l’insieme di intermediari finanziari non bancari che fornisce servizi simili alle banche commerciali tradizionali e comprende fondi speculativi, fondi del mercato monetario e veicoli di investimento strutturato (SIV): con una capitalizzazione di 27.000 miliardi di yuan, circa 4.400 miliardi di dollari, costituisce uno dei fattori di rischio più grossi sotto il profilo finanziario. Nel corso di quest’anno il sistema finanziario cinese è stato segnato da diversi casi di default, mentre i crediti insoluti delle banche sono saliti nell’ultimo trimestre ai massimi dal 2005, a dimostrazione che il rallentamento dell’economia del Dragone sta colpendo le piccole imprese del paese. Il peso del problema non è sfuggito al presidente Xi Jinping che, durante un discorso tenuto a Zhengzhou sabato scorso, ha sottolineato l’importanza della stabilità in economia e la necessità di affrontare i rischi di sistema attraverso «contromisure adeguate».

Quest’oggi l’indice Composite di Shanghai ha chiuso attorno alla parità, mentre l’Hang Seng di Hong Kong ha ceduto lo 0,30%.

Avvio prudente per le principali Borse europee, in cerca di un rimbalzo dopo le forti perdite registrate nella seduta di ieri stante la mancanza di aggiornamenti macro di rilievo; seduta concentrata sulle contrattazioni relative alle società che interessate da operazioni straordinarie, che al giro di boa è proseguita all’insegna della prudenza. Chiusura di settimana con i listini periferici del Vecchio Continente in leggero rialzo, come Italia e Spagna, mentre Francoforte (-0,28%) non riesce nel recupero: Madrid (+1,1%) guida la riscossa davanti a Parigi (+0,26%) e Londra (+0,22%).

A Milano giornata volatile per tutto il listino che ha cambiato più volte direzione, passando anche in territorio negativo, con Piazza Affari (FTSE Mib +1,12%, FTSE Italia All Share +0,93%) a riscuotersi nel finale grazie ai guadagni messi a segno dai titoli del settore finanziario: Intesa Sanpaolo (+3%) in gran spolvero grazie alle nuove indicazioni degli analisti dopo la diffusione dei risultati trimestrali, seguita per gli stessi motivi dalla Popolare dell’Emilia Romagna (+ 3,51%), da UBI Banca (+2,42%) ed Unicredit (+1,97%); Banco Popolare (+1,6%) beneficia invece del collocamento presso gli investitori istituzionali di un prestito obbligazionario senior di 750 milioni di euro con scadenza gennaio 2018, mentre Popolare di Milano (+2,08%) chiude in positivo l’ultimo giorno di quotazione dei diritti relativi all’aumento di capitale (+5,2%).

Spunti importanti anche tra gli assicurativi, con Unipol SAI (+3,26%) a festeggiare la revisione al rialzo dei parametri di valutazione della compagnia, dovuta ai buoni dati della trimestrale; in crescita anche Generali (+0,55%), grazie a dati di bilancio migliori delle attese.

Tra gli editoriali scivolone di Mondadori (-4,01%) e ritorno degli acquisti su Mediaset (+2,4%) dopo i pesanti ribassi accumulati nelle ultime due sedute; in forte rialzo anche RCS Mediagroup (+3,43%).

Segnaliamo infine il recupero di Fiat Chrysler (+0,28%), che lo scorso mese ha venduto l’1,5% di vetture in più rispetto allo stesso periodo del 2013 quando le immatricolazioni di automobili in Europa hanno registrato una crescita del 4,2%, dato che ha portato la quota di mercato del gruppo al 6,2%.

Sul fronte del debito sovrano lo spread, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza, ripiega (dai massimi a due mesi) di ieri a 173 Bp (Basis point, punti base), per un rendimento del decennale italiano pari al 3,05%.

Il differenziale a dieci anni tra i titoli di Spagna e Germania termina invece la seduta a 162 Bp, portando il tasso dei Bonos iberici al 2,94%. 

Per i collocamenti di titoli di Stato effettuati in settimana dal Tesoro, l’asta di BOT annuali ha visto l’acquisto di tutti i 6,5 miliardi di titoli offerti con un rapporto di copertura (ammontare richiesto rispetto al quantitativo offerto) di 1,64, in forte miglioramento rispetto all’asta di metà aprile, per un rendimento lordo di aggiudicazione dello 0,65%. Il BTP triennale a cedola dell’1,15% è stato invece collocato per un ammontare di 4 miliardi di euro rispetto a una richiesta di 6,1 miliardi, con un tasso di copertura in aumento ad 1,53 ed un rendimento lordo dell’1,07%.

Concludiamo infine con una nota del Tesoro: «Il Governo italiano non ha mai ipotizzato alcun intervento» per «modificare retroattivamente la tassazione sui propri titoli di Stato», secca affermazione in merito alle «voci riferite da alcuni operatori di mercato, molto probabilmente alla base del movimento di queste ore sullo spread tra BTp e Bund».

  

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