Settimana chiave per la flessibilità, listini europei sottotono

TRIESTE – Dopo la brutta sessione di venerdì scorso, chiusasi all’insegna delle prese di profitto dopo tre giorni di rally utili a portare le valutazioni dell’azionario ai massimi dal 2009, si apre oggi per Piazza Affari una settimana in cui verranno testate considerazione, influenza e credito del Belpaese a livello UE.

Si terrà infatti domani a Bruxelles il primo Consiglio dei ministri dell’Economia e delle Finanze (Ecofin) del semestre italiano preceduto, come di consueto il lunedì pomeriggio, dall’Eurogruppo, l’organo consultivo e centro di coordinamento che riunisce i 18 ministri dell’Economia e delle Finanze degli Stati membri dell’area Euro, deputato a discutere di questioni economico-finanziarie legate all’Unione economica e monetaria dell’Unione Europea (UEM) ed a cui prendono parte anche il Commissario europeo responsabile per gli affari economici ed il Presidente della Banca Centrale Europea (BCE).

Domani dunque il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aprirà i lavori con l’esposizione del programma della presidenza italiana, una presidenza a cui aveva già preparato il terreno attraverso colloqui telefonici ed incontri con gli omologhi europei nelle trasferte a Madrid, Berlino e Parigi o nelle loro visite a Roma, con l’obiettivo di spostare il baricentro della politica economica dell’Europa dal rigore alla crescita: priorità del semestre crescita e lavoro, obiettivi da raggiungere attraverso un attento e proficuo uso dei margini di flessibilità che le norme europee consentono, senza alcuna modifica dei Trattati.

Il tema aveva già scaldato in settimana i rapporti tra Italia e Germania, messi alla prova dalla rigidità del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaüble, secondo il quale l’intento di favorire una maggiore crescita non deve «essere un pretesto o una scappatoia per non fare quello che ci serve»; una sgradita allusione alla quale il ministro Padoan ha replicato dicendosi sicuro che il Belpaese non ha bisogno di manovre correttive per i propri conti pubblici.

Secondo Guntram Wolff, economista e direttore del Bruegel (Brussels European and Global Economic Laboratory), un “think tank” (letteralmente serbatoio di pensiero) politico-economico internazionale indipendente con sede a Bruxelles, sembra quindi essersi riacceso il grande dibattito per un nuovo accordo politico per l’Europa: “stabilità” contro “crescita”, la prima a sostenere i meriti della disciplina fiscale (indispensabile per reggere gli alti livelli di debito e le dinamiche di debito negative) e la seconda a reputare più prudente una flessibilità fiscale delle riforme finanziarie (infatti il fiscal compact imporrà sostanziali risparmi ai Governi). Accertato che in diversi Paesi i livelli di debito sono già così elevati da non consentire spazio fiscale per un nuovo stimolo come strumento di crescita, stante anche la necessità di scongiurare il rischio di una nuova crisi finanziaria, condiviso che è molto difficile mantenere un debito sostenibile ed eccedenze primarie elevate quando i tassi di inflazione sono molto bassi e la crescita economica reale è così anemica, si deve riconoscere che l’Europa investe troppo poco nel bene pubblico europeo: uno stimolo all’investimento nell’infrastruttura transeuropea non farebbe bene soltanto al mercato unico, ma rappresenterebbe anche un importante stimolo per la crescita economica.

Chiariti obiettivi, risvolti ed implicazioni del prossimo Ecofin, l’agenda macroeconomica settimanale si è aperta con i dati sulla produzione industriale tedesca, particolarmente attesi dopo la delusione suscitata venerdì scorso dal’inaspettato calo degli ordinativi: nuova sorpresa per la flessione dell’1,8% su base mensile a maggio, in netto contrasto con l’incremento dello 0,2% ipotizzato dagli analisti. Il segno meno registrato anche dall’indice IFO e dall’occupazione fanno suonare un campanello d’allarme per il secondo semestre dell’economia tedesca, testimoniando quanto sia lenta e fragile la ripresa dell’Eurozona.

Mercoledì verranno pubblicati i verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve, mentre il giorno successivo sarò la volta del rapporto mensile della Banca Centrale Europea, cui faranno seguito il bollettino trimestrale della Banca d’Italia e le decisioni di politica monetaria della Bank of England (BOE); ultima seduta di ottava a monitorare i dati dell’inflazione tedesca e del deficit pubblico a stelle e strisce.

Seduta in ribasso per i mercati asiatici che, dopo essere saliti ai massimi degli ultimi sei mesi, risentono delle preoccupazioni sull’andamento della congiuntura mondiale di Christine Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale (FMI), registrando deboli perdite. Al termine di una seduta tutta in territorio negativo la Borsa di Tokyo (-0,37%) ha evidenziato una sostanziale carenza di stimoli che, associata ad una mancanza di spunti macro-economici in grado di direzionare il mercato, ne ha ratificato la flessione.

Nonostante le previsioni per un’accelerazione del PIL cinese nel secondo trimestre profetizzate dal premier Li Keqiang, che considera necessari altri aiuti all’economia da parte dello Stato, e le misure di aiuto fiscale ed i finanziamenti agevolati per settore agricolo e piccole imprese messe in campo dalla People’s Bank of China, Shanghai (+0,03%) ed Hong Kong (-0,01%) hanno chiuso sostanzialmente invariate causa la debolezza delle società di piccola e media capitalizzazione.

Partenza contratta anche per i listini del Vecchio Continente, intenzionati a prendersi una pausa in attesa della prossima tornata di trimestrali societarie (che si aprirà domani con i dati di Alcoa); giro di boa con il segno meno a causa di vendite per cercare di riportare nella norma valutazioni azionarie ormai ritenute eccessive dopo il rally della settimana scorsa; tutte sotto la parità le principali piazze europee: Londra (-0,62%), Madrid (-0,79%), Francoforte (-1,03%), Parigi (-1,41%).

Falsa partenza di Milano (+0,07%) grazie al balzo di Mediaset (-0,97%) conseguente l’annuncio della cessione del 22% di Digital+ e dell’11,11% di Premium a Telefonica (a fronte della costituzione di una nuova joint-venture nella quale verranno conferite le attività “pay” del gruppo del Biscione), ma già a metà seduta Piazza Affari (FTSE Mib -1,33%, FTSE Italia All Share -1,29%) accusava il ribasso dei titoli delle banche che, dopo un avvio incerto, hanno ripiegato. Fra le più deboli Monte dei Paschi di Siena (-3,13%), nonostante l’attesa che nei prossimi giorni affiori la composizione dell’azionariato, con l’eventuale ingresso di nuovi soci che potrebbero emergere dall’aumento di capitale da 5 miliardi appena concluso; forti flessioni anche per Mediobanca (-2,85%), Intesa Sanpaolo (-1,85%) ed Unicredit (-1,54%).

Sul fronte del debito sovrano praticamente invariata la differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp marzo 2024) ed il corrispondente titolo tedesco, sceso sotto al 2,70%, nuovo aggiornamento del minimo storico per questa scadenza, con uno spread sul Bund tedesco di 144 Bp (Basis point, punti base); in leggero calo anche lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, con il rendimento del Btp sceso sotto lo 0,49% a 47 Bp.

Sostanzialmente invariato il rendimento dei Bonos spagnoli decennali, attestatosi al 2,66% con uno spread Bonos-Bund a 141 punti base.

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