Meno crescita e più rischi, mercati in ostaggio del “tapering”

TRIESTE – Dopo che la scorsa ottava si è dimostrata particolarmente severa e negativa con Piazza Affari, dove il FTSE Mib, principale indice di riferimento per il comparto azionario di Borsa Italiana, ha conseguito un risultato di periodo negativo di ben 3,06 punti percentuali, tali da ridurne il complessivo progresso da inizio anno ad un misero 2,06%, a Milano prende oggi il via la stagione dei bilanci, che mercoledì avrà come protagonista la trimestrale di Fiat.

Anche a livello macroeconomico gli appuntamenti cominciano a riproporsi: oggi riunione dell’Eurogruppo, organismo composto dai  ministri dell’Economia e delle Finanze degli Stati aderenti alla valuta comune, che anticipa quella di domani dell’Ecofin, il Consiglio di Economia e Finanza dell’Unione Europea ampliato anche ai ministri del Bilancio, a contendere la platea all’emissione di Ctz e Btp indicizzati del Tesoro italiano, nuovamente protagonista della giornata di mercoledì con un’asta Bot. Giro di boa della settimana probabilmente cruciale per i mercati internazionali, in trepidazione per l’annunciata ed attesissima riunione della Fed, cui seguiranno i fuochi d’artificio, in programma per venerdì, offerti dai dati Usa sulla spesa per consumi e dalla pubblicazione degli indici PMI di Chicago e della fiducia delle famiglie dell’Università del Michigan.

Per quel che concerne la giornata odierna, da segnalare il Bollettino mensile della Bundesbank che sottolinea come il rafforzamento dell’economia tedesca avvenuto nell’ultimo trimestre dello scorso anno accelererà ulteriormente nel primo trimestre del 2014, sulla scorta che «oltre alla crescita sul fronte interno, dovuta principalmente ai consumi privati, ci sia stato un impulso crescente da parte della domanda estera»; l’affermazione pare avvalorata dalla lettura dell’indice Ifo che monitora il clima di fiducia delle imprese tedesche, salito a gennaio a 110,6 punti dai 109,5 di dicembre, dato superiore alle attese.

A dominare il sentiment di quest’inizio d’ottava restano comunque i  timori che un nuovo rallentamento dell’economia cinese possa influire sulla ripresa della congiuntura globale, impattando ancor più violentemente sull’Asia: «Secondo le nostre stime – ha spiegato Min Zhu, vice direttore dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale), al World Economic Forum di Davos – un punto in meno di crescita degli investimenti in Cina toglie quasi un punto alla crescita del valore aggiunto nella catena di fornitori regionale».

Ecco dunque come e perchè il generalizzato clima di vendite che venerdì scorso si è abbattuto sui mercati americani ed europei si è oggi esteso anche all’Asia, dove le rinnovate turbolenze sulle valute dei Paesi emergenti hanno rafforzato i cambi del dollaro e dello yen, decretando un’ulteriore discesa dell’MSCI Asia Pacific Index, già reduce da quattro settimane consecutive di cali: dopo aver vissuto di rendita per cinque anni grazie alla liquidità immessa dalle banche centrali di tutto il mondo, beneficiando così di un lungo periodo di quiete, ora mercati ed investitori si stanno adeguando ad uno scenario in cui è necessario diventare più critici e selettivi.

Questa sorta di “ritorno alla normalità” (troppo prematuro definirlo “ritorno ai fondamentali”) riporta alla ribalta le preoccupazioni per quelle che storicamente sono le debolezze dei mercati, in particolare di quelli emergenti: crescita più bassa, squilibri nei conti con l’estero, riserve valutarie in calo ed instabilità politica sono sintomatici di una precarietà che nasconde non poche insidie.

Le vendite che stanno colpendo Paesi fino a poco tempo fa considerati le locomotive dell’economia globale, i così detti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), sono in realtà dovute ai timori legati al “tapering” della Fed, la riduzione degli stimoli straordinari operati sui mercati dalla Banca Centrale americana: meno liquidità sul mercato corrisponde dunque ad una minor propensione al rischio.

Cerchiamo di spiegarci meglio: gli investitori, soprattutto quelli speculativi, iniziano a riconsiderare le previsioni sui mercati emergenti, per loro natura garanti di rendimenti maggiori a fronte di un rischio un po’ più alto, preferendo ora orientarsi su soluzioni di investimento meno esposte alle conseguenze delle deliberazioni di mercoledì prossimo del FOMC (Federal Open Market Committee), braccio operativo della Fed propenso ad un’ulteriore riduzione di 10 miliardi di dollari al piano di sostegno all’economia.

Seduta in forte ribasso per i listini asiatici, frenati dal rallentamento del comparto manifatturiero in Cina e da un contesto generale preoccupato dalle conseguenze sui Paesi emergenti e sull’intera economia mondiale della riduzione degli stimoli monetari da parte della Federal Reserve; così, mentre le valute di economie come Argentina o Turchia sono sotto pressione, lo yen torna a essere un “rifugio sicuro” per gli investitori ed il suo apprezzamento, oggi ai massimi delle ultime sette settimane, provoca l’ennesima picchiata della Borsa di Tokyo (-2,51%), ai minimi da oltre due mesi, rafforzando i dubbi sulla sostenibilità della crescita degli utili del Sol Levante. Mentre si avvicina la lunga pausa dei mercati cinesi per il Capodanno Lunare, anche nell’ex Celeste Impero aumentano i segnali di irrigidimento del credito che portano Shanghai a cedere l’1,03% ed Hong Kong il 2%.

Avvio debole anche per le principali piazze finanziarie del Vecchio Continente, sulle quali non ha influito positivamente l’andamento delle Borse asiatiche; tendenza al ribasso confermata anche a metà seduta, con Francoforte unica a limitare le perdite in virtù del positivo dato fatto registrare dall’indice Ifo della fiducia delle imprese. Chiusura negativa per i listini di Eurolandia in scia al calo delle quotazioni dei titoli energetici, innescato dall’annuncio della società britannica BG di una riduzione della produzione di greggio e gas naturale nel 2014:  Parigi chiude in calo dello 0,41% e Francoforte dello 0,46%, mentre Madrid e Londra ribassano rispettivamente  Piazza Affari (FTSE Mib -0,44%, FTSE Italia All Share -0,55%) sulle montagne russe nella seduta odierna, guidata dall’andamento del comparto dei bancari, sul quale gli analisti di Equita Sim hanno peggiorato il giudizio, portato da “Overweight” (sovrappesare) a “neutrale”.

Focus sul crollo del Banco Popolare (-14,9%), sospeso per eccesso di ribasso in avvio di seduta, all’indomani dell’approvazione dell’aumento di capitale e dell’anticipazione che il 2013 si chiuderà con un risultato negativo; numerose le nuove indicazioni sul titolo da parte degli analisti, che hanno alimentato le speculazioni che anche altri istituti possano ricorrere al mercato per rafforzare la propria stabilità finanziaria, spingendo al ribasso i titoli del comparto. Male anche Popolare di Milano (-5,61%), anch’essa protagonista di uno stop per eccesso di ribasso in avvio di giornata: la Investindustrial di Andrea Bonomi ha azzerato la propria partecipazione (circa l’8,6% del capitale della banca) e gli analisti di Intermonte hanno ridotto il prezzo obiettivo pur confermando il giudizio “Outperform” (farà meglio del mercato). Pioggia di vendite anche sul Monte dei Paschi di Siena (-4,28%) mentre Unicredit (-0,45%) è riuscita a limitare i danni; chiusura positiva, invece, per IntesaSanpaolo (+0,78%), dopo che il numero uno dell’istituto, Carlo Messina, ha anticipato che un nuovo piano industriale in primavera che prevede la cessione di attività non strategiche.

Tra i titoli a maggior capitalizzazione giornata positiva per Telecom Italia (+2,52%), interessata da voci secondo le quali il magnate egiziano Naguib Sawiris sarebbe pronto a rilevare TIM Brasil nel caso in cui fosse messa sul mercato; nessun commento da parte della società, che ha ribadito di non avere allo studio alcun aumento di capitale. Buona seduta per Fiat (+1,97%) che, secondo il Wall Street Journal, dovrebbe quotare a New York la nuova società che nascerà dalla fusione con Chrysler, la cui residenza fiscale sarà portata in Gran Bretagna; gli esperti hanno confermato l’indicazione di acquisto delle azioni.

Sul fronte del debito sovrano, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza ha chiuso con lo spread a 223 Bp (Basis point, punti base), con il tasso sul decennale del Tesoro sceso al 3,894%. 

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