Blogger. Intervista a Davide Mana, creatore di “Strategie evolutive”

ROMA – Davide Mana é un blogger,  nonché autori di libri, paleontologo, ricercatore universitario e traduttore. E’ l’autore e creatore di Strategie Evolutive, uno dei blog più frequentati, dove potete trovare argomenti degli ambiti più vari, affrontati con ironia ed estrema cura.

Quello che contraddistingue Mana, è un linguaggio e una scrittura, capaci di arrivare  al sodo, di farvi capire immediatamente, anche se non siete cultori della materia ,di cosa si stia parlando. L’ha intervistato in esclusiva per voi Valentina Marchetti.

 

D.Quando è nata l’idea di aprire il tuo  blog, “Strategie evolutive”?

 

DM: Strategie evolutive è nato alla fine del 2006, come esperimento: si parlava molto di blog, non era molto chiaro (a me, per lo meno) cosa fossero e come funzionavano, e così per cercare di capire qualcosa di più, provai ad aprirne uno mio. All’inizio pensavo si sarebbe col tempo focalizzato su uno dei miei due interessi principali, le scienze ambientali (il mio ambito lavorativo) o la letteratura (il mio hobby); invece, strategie è cresciuto in un sacco di direzioni diverse, per cui alla fine ci parlo di ciò che mi pare, senza avere un palinsesto preciso. Il pubblico sembra gradire.

 

D. Riguardo ai tuoi libri, quali sono i tuoi autori preferiti, le tue influenze letterarie?

 

DM: Autori preferiti tanti, per cui potrei elencarne alcuni adesso, e domani potrebbero essere altri. Di sicuro, quelli da cui vorrei aver imparato qualcosa sono, nell’ambito della narrativa d’immaginazione, Fritz Leiber, Henry Kuttner, Lyon Sprague De Camp, Michael Moorcock, M. John Harrison, Jack Vance, Gene Wolfe. E mi rendo conto che sono tutti colossi inarrivabili. E poi i grandi scrittori a cottimo del passato – John D. MacDonald primo fra tutti, ma anche Harold Lamb e Talbot Mundy – che avevano verso la scrittura un atteggiamento molto pragmatico e artigianale, senza per questo sacrificare mai la qualità del proprio lavoro. Poi, probabilmente, Harlan Ellison, per l’onestà intellettuale senza compromessi, per l’assoluta dedizione alla parola sulla pagina. E per finire i grandi divulgatori scientifici che leggo fin da quando ero ragazzino – Stephen Jay Gould, Richard Dawkins, Carl Sagan, James Burke. Credo che non ci sia un autore o un libro dal quale non si possa ricavare almeno una scintilla di ispirazione.

 

D. Cosa della situazione italiana nei confronti delle menti brillanti, come la tua, che devono reinvetarsi continuamente per via della realtà socio-economica?

 

DM: Grazie per la mente brillante! La sensazione, nel nostro paese, è che si viva quasi una mortificazione della cultura, un annientamento della curiosità. Ci sono persone brillanti, nel nostro paese, che vedono quasi quotidianamente avvilita ogni loro ambizione. Non è facile, proseguire sulla propria strada. E io credo che non sia davvero il reinventarsi, l’essere obbligati a reinventarsi, la parte spiacevole  lo è invece la consapevolezza che ogni nuova reinvenzione andrà a sbattere contro un muro di indifferenza, di ostilità, contro infinite complicazioni. Ma d’altra parte, l’alternativa – accettare la situazione e annullarsi nella mediocrità generale – non pare accettabile a me come non lo è per tanti altri. E pensare che ci sarebbe così tanto da fare, se solo ce ne venisse fornita l’opportunità!

 

D. La fantascienza: come la vede Davide Mana? 

 

DM: A me piace la definizione di fantascienza data da David Brin: è quel genere letterario che immagina che i nostri figli avranno problemi diversi dai nostri. Ciò che mi affascina della fantascienza è che si tratta di una letteratura fondamentalmente ottimista; ci dice che ci sarà un domani, e che per quanto possa essere diverso, difficile, complicato, noi – noi come specie, noi come civiltà, noi come individui – ci adatteremo, affronteremo i problemi e li risolveremo.E non so davvero, a questo punto, se io mi riconosca in questo atteggiamento positivista perché da tanti anni leggo fantascienza, o se io abbia letto fantascienza per tutti questi anni perché sono, per carattere e formazione, un tipo abbastanza positivista.  Parlandoci del futuro, la fantascienza ci parla del presente, ci aiuta a interpretarlo, ci aiuta ad affrontare gli imprevisti. È una palestra per l’immaginazione, che è uno dei tratti salienti della nostra specie, è ciò che ci ha fatto scendere daglia lvberi ed assumere la postura eretta. E poi è molto divertente.

 

D. Oltre che scrittore, insegnante, blogger sei anche appassionato di Zen e Taoismo, quando nasce questa passione?

 

DM: Credo che la passione per l’Oriente sia uno dei tratti caratteristici della mia generazione – quand’ero ragazzo, nei primi anni ’80, uscì un film che si intitolava “I ragazzi di Torino sognano Tokyo e poi vanno a Berlino”… beh, io sono di Torino, e in effetti sognavo Tokyo (ma non sono mai stato a Berlino – ho studiato a Bonn, però). Ho cominciato a interessarmi di Zen attorno ai sedici anni, grazie al saggio di Thomas Hoover, La Cultura Zen – un libro straordinario. Da lì, passando per la letteratura e il folklore, i romanzi cinesi e le storie di spettri giapponesi, i film, i cartoni animati, ho continuato ad approfondire l’argomento, mettendo insieme una buona collezione di testi, incontrando persone, chiacchierando. Ho persino tenuto dei corsi sull’argomento. È un interesse che dura da trent’anni, e che mi ha aiutato in un paio di momenti meno che piacevoli. Credo che me lo porterò dietro ancora per molto tempo.

 

D.  Come trovi la comunicazione attraverso i blog oggi, c’è un abbassamento di livello, rispetto a qualche anno fa? 

DM: C’è, io credo, nella comunicazione di massa, una tendenza alla spettacolarizzazione che spesso va a scapito dell’accuratezza – e questo è decisamente male. Non si sta perdendo solo la qualità dei contenuti, ma anche la qualità della forma con la quale questi contenuti vengono comunicati. Si ha spesso l’impressione che i fatti stiano lasciando il posto sempre più di frequente alle opinioni – e non opinioni informate, che sono la base di una cultura moderna e sana, ma opinioni e basta, idee qualunque. Sciocchezze, spesso. Poi, certo, è necessario fare dei distinguo, ci sono blog, autori e iniziative molto interessanti, si sta facendo un ottimo lavoro su molti fronti. Ma è poco, ed è disperso in un mare di rumore.

 

D. Amazon, Kindle, ebook. Rappresentano per color che vogliono scrivere, il nuovo trampolino di lancio?

DM: Gli ebook hanno stravolto la logistica della lettura – scomparsi i magazzini, resi obsoleti i distributori (elemento nodale dell’editoria tradizionale), e con la possibilità di diventare autori/editori (per usare la definizione di Chuck Wendig, che mi piace più che non “autopubblicati” o “self-publisher”), si possono aggirare anche le case editrici.

Diciamo che si tratta ormai di una scelta dignitosa e che, se presa consapevolmente, non ha nulla da invidiare all’editoria tradizionale. È molto diffusa l’opinione – non informata – secondo la quale chi opta per l’autopubblicazione lo faccia o perché non ha trovato un editore, o perché spera in questo modo di attirarlo. Non dubito che esistano casi di questo genere, ma credo si tratti comunque di una opinione discutibile. Chi sceglie l’autopubblicazione sceglie di avere il compoleto controllo artistico del proprio lavoro, e quindi anche la completa responsabilità per la qualità di ciò che offre al pubblico. Non si può avere l’una senza l’altra, ed è importante ricordarlo. Forse è sbagliato pensare che possa essere la scelta ideale per tutti – che chiunque abbia un’idea possa tramutarla in romanzo e poi in ebook. Non è così facile. Ma se presa con consapevolezza, quella dell’autopubblicazione è una strada interessante, attraverso la quale raggiungere il pubblico.

 

D.Come inizia una tua giornata in genere?

DM: Mi sveglio con estrema riluttanza, cerco di darmi un aspetto vagamente umano, e poi bevendomi un té controllo la mail e i feed RSS dei blog che seguo normalmente. A questo punto, dedico di solito le mattinate alle attività lavorative, ed i pomeriggi ai progetti personali collaterali – ma non ho una scaletta prefissata, sono abbastanza disordinato.

 

 

 

 

Condividi sui social

Articoli correlati