Abilitazioni scientifiche nazionali. Non convince in Parlamanto la relazione dell’Anvur

ROMA – «A chi ha, sarà dato e sarà nell’abbondanza, a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». Con questa frase, tratta dal Vangelo di San Matteo (13,12), lo scorso 18 giugno, il deputato del Pd Franco Cassano, in Commissione VII – Cultura, Scienze e istruzione – della Camera dei Deputati, ha ben riassunto quanto è accaduto nelle procedure per il conseguimento dell’Abilitazione scientifica nazionale presso le università italiane.

E dire che presidente e direttore dell’Anvur in due audizioni dinanzi alla stessa Commissione avevano inteso rassicurare i parlamentari. Ma Cassano, che è anche professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’università Aldo Moro di Bari, pur dolendosi dei tanti articoli di stampa apparsi sul tema della valutazione, che rischiano di delegittimare sia l’istituzione universitaria che il necessario accertamento del merito, ha voluto, con eleganza, prendere le distanze dalle conclusioni dei rappresentanti dell’Anvur.
«Valutare è arrivare a definire diseguaglianze “giuste” − ha poi precisato Cassano, che ha aggiunto − accertare il merito è necessario e delicato ma c’è sempre il rischio di innescare quello che in sociologia è definito effetto San Matteo, ossia c’è il rischio di premiare chi è già forte e che si scoraggi chi è più debole». Ma la polemica del deputato Pd era a tutto campo non solo sull’Asn anche sul sistema Ava (Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento) posto in essere dall’Anvur per valutare gli atenei. «Vorrei sollevare perplessità sul tema degli indicatori − ha concluso Cassano − che in taluni casi sono solo parzialmente indicatori di merito, quanto piuttosto indicatori di diseguaglianze».
In effetti, a sentire i dati sciorinati dal presidente dell’Anvur, Fantoni, viene più che il dubbio, la certezza che si possa essere determinato in alcuni casi quello che il sociologo della scienza Robert King Merton ha definito “effetto di cumulatività”, per il quale gli scienziati che raggiungono dei successi nei primi anni della propria carriera (ad esempio, pubblicando articoli su riviste molto accreditate, o con un co-autore famoso), hanno in seguito molte opportunità in più rispetto ad altri ugualmente, se non di più, capaci. E’ il caso, ad esempio, di quel 6% che è stato abilitato pur non superando le mediane e guarda caso concentrato in taluni settori.

Ma per Anvur va tutto bene, dato che il 48,8% è stato abilitato dopo aver verificato il rispetto del superamento delle mediane. E dire che c’è un 27,4% che, pur superando le mediane, non è stato abilitato in quanto le commissioni hanno evidentemente valutato non sufficiente la qualità delle opere e del curriculum. Solo il 17,8% non è stato abilitato perché non superava le mediane degli indicatori. «Il 66,6 per cento (48,8% + 17,8) ha ricevuto una valutazione congruente con l’indicazione derivante dai parametri di impatto scientifico (le mediane) − ha dichiarato il presidente Fantoni − e se a questi aggiungiamo quel 27,4 si può dire il 94%. Le commissioni, pur potendo derogare alla applicazione delle mediane, sembrano quindi aver considerato altamente indicativo lo strumento delle mediane per la selezione dei candidati». Come se la vita e l’attività di un ricercatore potesse riassumersi in meri indicatori. Bah, sarà che ognuno ha una visione delle cose in buona parte condizionata dalla propria formazione culturale. Così qualcuno arriva a leggere la realtà per modelli matematici.
Nella relazione consegnata dall’Anvur alla Commissione cultura della Camera leggiamo: “Incrociando i dati della abilitazione con i punteggi ottenuti dai candidati nella Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR), risulta che ben il 70,2% degli abilitati a professore ordinario ha ricevuto alla VQR il punteggio massimo (pari a 1) o un punteggio compreso tra 0.8 e 1. Per i professori associati la percentuale si colloca al 64,7%. Quindi la abilitazione si è rivelata molto efficace nell’identificare i candidati migliori. Un ulteriore 26,5% si colloca tra 0.2 e 0.8, mentre solo il 3.3% dei nuovi professori ordinari ha avuto una VQR inferiore a 0.2. Si tratta anche in questo caso di candidati localizzati in pochi settori concorsuali”.
Quindi per l’Agenzia “la maggior parte di coloro che hanno conseguito l’abilitazione sono stati selezionati sulla base del merito scientifico”.
Il dato più eclatante è che il 48,8% degli abilitati non sono strutturati (ovvero, non sono già ricercatori o professori associati in organico alle università) ma sono assegnisti di ricerca, contrattisti, stagisti; docenti e ricercatori di università straniere; ricercatori di enti di ricerca pubblici e privati; professionisti e dipendenti di altre amministrazioni. Questo, se le commissioni avessero agito con equità e trasparenza, potrebbe essere un fattore di forte innovazione per la nostra università gerontocratica, anche se resta il tema delle abilità didattiche che il più delle volte si conseguono con la pratica. Chi ha figli universitari sa quante volte i ragazzi hanno problemi di apprendimento proprio con giovani docenti con curriculum prestigiosi, provenienti dai migliori atenei del mondo che però non brillano nell’insegnamento.
Comunque, va valutata positivamente l’apertura a soggetti non in organico, che ha consentito la partecipazione all’Asn di 28.083 soggetti non strutturati, contro 28.456 strutturati e che registra tra gli abilitati a professore ordinario il 19,3% di non strutturati, mentre tra gli abilitati a professore  associato ben il 43,3%. Resta da vedere se questi risultati saranno confermati quando vi saranno i concorsi a cattedra.

Un altro dato che suscita perplessità è che di quei 3.636 che hanno partecipato a più selezioni (per un totale di 9.572 domande) il 9,1% è risultato non abilitato.
«Si può dire che statisticamente, per essere la prima volta, le abilitazioni sono andate bene − ha concluso il presidente dell’Anvur − cambiamenti sostanziali, come le soglie assolute proposte da alcuni, non ne introdurrei. Sono stati abilitati candidati mediamente di elevata qualità scientifica, pochi gli errori di valutazione, sostanzialmente concentrati nelle selezioni per le materie umanistiche e in quattro commissioni, l’università nonostante i baroni,  ha aperto le porte all’esterno dimostrando che è capace di selezionare i migliori e di affermare il merito come criterio guida nella selezione del personale. Nessun sistema di reclutamento universitario è perfetto, ma sarebbe poco oculato, non tener conto dell’efficacia che, già in prima applicazione, sembra aver mostrato il sistema attuale».
E a riprova di queste sue conclusioni, Fantoni ha affermato che solo 1 candidato su 50 ha sollevato contestazioni, per un totale di circa 1.100 ricorsi, e di questi solo 100-150 avrebbero ottenuto dai giudici amministrativi la sospensione del procedimento.
I dati sull’ASN e sull’AVA però non sembrano aver convinto del tutto i deputati.
L’onorevole Michele Nicoletti, anch’egli Pd e ordinario di Filosofia politica all’università di Trento, è apparso perplesso in particolare sulle procedure di valutazione degli atenei. «Serve un intervento legislativo sulla valutazione − ha affermato Nicoletti, aggiungendo  − nei sistemi di valutazione c’è una certa confusione. All’estero c’è un’istituzione che presiede alla valutazione, che è sempre indipendente, trasparente e pubblica. Qui si sono delegati all’Anvur anche compiti che dovrebbero essere della politica. L’Anvur dovrebbe fare le proposte, non decidere al posto delle istituzioni».
«Il decreto sulle commissioni per l’ASN lo fa il ministero e non l’Anvur  − ha prontamente risposto il direttore dell’Anvur Roberto Torrini, che ha aggiunto − i contratti con le banche dati Isi e Scopus sono gestiti dal ministero attraverso Cineca».
E proprio dalle indicizzazioni di queste banche dati sono derivate tante valutazioni errate, una circostanza che fa invocare al presidente dell’Anvur la necessità di pervenire una volta per tutte alla realizzazione di un’Anagrafe della ricerca, così come avviene nella gran parte dei paesi, che raccolga tutti i dati sull’attività di docenti e ricercatori. «L’abbiamo chiesta dal 2009 ed è prevista dalla legge − ha affermato Fantoni, che ha concluso − se esistesse saremmo facilitati nelle procedure, avremo una certificazione. L’anagrafe della ricerca c’è persino in Brasile».

Fatto sta che nonostante le rassicurazioni dei vertici Anvur nella seduta del 18 giugno, il giorno prima della seconda audizione di Fantoni e Torrini, la commissione si è riunita e ha stilato una risoluzione unitaria, che riunisce le proposte precedentemente avanzate dai deputati Ghizzoni Manuela (Pd), Vacca Gianluca (Mov 5 stelle), Santerini Milena (Per l’Italia già Scelta civica) e Fratoianni (Sel).
Firmatari della nuova proposta Ghizzoni, Vacca e Santerini. Assente Fratoianni Nicola, forse preso dal travaglio in corso nel suo partito.
La risoluzione “impegna il Governo a: 
1. predisporre urgentemente, informando costantemente le competenti commissioni parlamentari, quegli interventi legislativi e regolamentari necessari per migliorare e porre su basi certe la normativa dell’abilitazione scientifica in modo da rendere stabile il sistema nazionale di verifica della maturità scientifica raggiunta da coloro che intendono partecipare ai concorsi banditi dalle università per assumere professori ordinari o associati; 
2. evitare in ogni caso una sospensione in qualunque forma delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione e ad introdurre subito la presentazione «a sportello» delle domande dei candidati all’abilitazione, cioè non legate a scadenze temporali; 
3. rivedere le modalità di composizione e nomina delle commissioni giudicatrici dell’abilitazione, all’interno comunque di liste di professori ordinari selezionati secondo criteri scientifici oggettivi, valutando in particolare l’opportunità di rendere facoltativa la presenza di commissari stranieri; 
4. rendere le commissioni maggiormente rappresentative dei settori scientifico-disciplinari meno numerosi che fanno parte del settore concorsuale e di garantire una corretta valutazione dei candidati che sono cultori di discipline non rappresentate all’interno della commissione; 
5. chiarire le norme sulla base delle quali le commissioni attribuiscono l’abilitazione, precisando che i giudizi derogatori previsti dal comma 5 dell’articolo 6 del DM n. 76/2012 devono essere rigorosamente motivati; 
6. rivedere criteri, parametri e indicatori del DM 76/2012 tenendo conto dei pareri di CUN, ANVUR e CEPR, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 222/2011, nonché delle maggiori società scientifiche settoriali, in modo da ampliare l’analisi preventiva della significatività degli indicatori e il conseguente consenso su di essi e sulle relative soglie, eventualmente differenziandoli all’interno dei settori concorsuali molto articolati; 
7. garantire la massima trasparenza nella determinazione degli indicatori e della loro distribuzione statistica, sia quelli complessivi per ogni settore concorsuale, sia quelli particolari relativi a ciascun candidato, disponendo in particolare che gli indicatori personali siano resi noti all’interessato immediatamente e non al termine della procedura; 
8. coordinare con la normativa dell’abilitazione la procedura delle «chiamate dirette» di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230; 
9. valutare l’opportunità di alleggerire il contenzioso in atto sui risultati della prima tornata di abilitazione consentendo il riesame da parte delle commissioni dei curricula dei candidati non abilitati i cui indicatori personali siano risultati inesatti per errori e lacune presenti nelle basi dati internazionali utilizzate, nonché la loro ammissione alle nuove procedure di abilitazione «a sportello». 
atto (8-00064) ”.
Le buone intenzioni sembrano esserci tutte, così come la focalizzazione delle anomalie da risolvere al più presto. Resta da vedere se il ministro Giannini seguirà gli indirizzi dettati dalla Camera dei Deputati.
Ma con un governo che va avanti con decreti legge e voti di fiducia, c’è ben poco da sperare.

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