Valle del Sacco e smog, perché nascondere la polvere sotto un tappeto?

ROMA – “Passata la festa, gabbato lo santo”, si diceva nella tradizione popolare. Accade analogamente per le polveri sottili, le PM10 e PM2,5 che puntualmente ogni fine anno, da molti a questa parte, emergono come problema, dati gli immancabili superamenti dei limiti stabiliti per legge in gran parte delle città italiane monitorate. E ogni anno politici e amministratori accolgono il fenomeno come una novità inaspettata.

Appena però arriva la prima pioggia salvifica o inizia l’anno nuovo, il contatore dei superamenti viene riportato a zero e il problema rientra e si sgonfia. Eppure, da inizio anno al 13 febbraio sono già molti i superamenti dei limiti nelle cittadine della valle (Ceccano 31, Frosinone Scalo 27, Colleferro 11, Alatri 17, Ferentino7).
 
Quando, come a fine 2015, il fenomeno è più grave del solito, le Amministrazioni e il Governo si affrettano ad indicare soluzioni inefficaci e di breve respiro, incapaci di affrontare un problema così complesso e dipendente da molteplici fattori, con scelte coraggiose e lungimiranti quanto necessarie. In questo contesto rientra anche la valle del Sacco, citata negativamente nelle cronache nazionali a causa dell’inquinamento atmosferico di Frosinone.
Tempo fa abbiamo avviato un osservatorio delle PM10, il particolato sottile monitorato dalle centraline dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Lazio (ARPA) nell’intera valle del Sacco. Oggi lo riproponiamo con i dati aggiornati, cercando di fornirne una lettura di inquadramento e, se possibile, trarne delle conclusioni.
 
Per una più facile lettura abbiamo estrapolato dal sito di ARPA i valori giornalieri di monitoraggio per diverse centraline installate a Colleferro, Anagni e Frosinone dal 2006, e per Ferentino, Alatri e Ceccano dal 2011. La serie storica è quindi abbastanza significativa, trattandosi di dieci anni. Per Frosinone ci limitiamo alla lettura della centralina dello Scalo, mentre per Colleferro a quella di viale Europa.
 
Abbiamo monitorato essenzialmente i parametri di legge relativi al numero di superamenti e al valore medio annuale, parametri al di sopra dei quali sono riconosciuti danni all’organismo umano.
 
Come vedremo in dettaglio, i dati sono chiari e indicano che l’inquinamento da PM10 nella Valle del Sacco ha sede stabile da anni, si ripete ciclicamente e in maniera puntuale.
 

PM10

La nostra serie storica prende in considerazione solo le polveri sottili PM10 perché, seppure più pericolose per la salute umana, le PM2,5 non sono monitorate nella valle del Sacco.

Cominciamo con la quantità di superamenti del limite di 50 µg/m³ (microgrammi per metro cubo) giornalieri come da normativa nazionale. Ilgrafico 1 riporta mese per mese, da gennaio 2006 a dicembre 2015, quante volte è stato superato questo limite. I paesi presi in considerazione sono Colleferro, Anagni, Frosinone, Ceccano, Alatri e Ferentino, E’ evidente l’andamento analogo per tutti i siti, cosa che indica come la valle sia un sistema strettamente interconnesso. È altrettanto evidente l’andamento ciclico del numero di superamenti: in inverno si raggiunge il picco, arrivando a situazioni in cui il limite viene superato tutti i giorni del mese; in estate le cose migliorano.
I nostri amministratori sanno quindi perfettamente che, con altissima probabilità, a fine anno il problema si ripresenterà puntualmente.
 

 

 
Il grafico 2 riporta invece per ciascuna città il numero annuale di superamenti, sempre dal 2006 al 2015.

  
 

Si osserva che la situazione in generale negli anni è andata migliorando, ma rimane sempre molto critica, evidenziando che quasi tutti i paesi considerati hanno ampiamente superato la soglia fuorilegge di 35 giorni e in molti casi anche quella di tolleranza di 50 giorni ad eccezione di Anagni.

Infine, il grafico n. 3, mostra la media annuale del valore delle PM10 per ciascun paese dal 2006 al 2015. Si conferma il miglioramento della situazione che permane comunque critica: la media annuale deve essere infatti inferiore a 40 µg/m³, superata ogni anno dalle centraline di Frosinone e Ceccano, segno di cronicità.

 

Qualche considerazione

Non vogliamo spingerci in analisi sulle cause locali del fenomeno, che richiederebbero mezzi e strumenti che non abbiamo.

Ad esempio, quanto incide sul miglioramento la deindustrializzazione dell’area? Quanto pesa la presenza di impianti altamente inquinanti come cementifici, inceneritori e grandi vie di comunicazione? E il riscaldamento domestico? Sicuramente c’è una stretta correlazione con la situazione meteorologica, che in inverno spazza via le polveri in maniera meno efficace.

Sta di fatto che la nostra valle è un sistema strettamente interconnesso e che l’aggiunta di qualunque altra fonte di inquinamento dell’aria ad un sistema già così compromesso sarebbe estremamente pericolosa.
 

PM2,5

Tra PM2.5 e PM10 ci sono delle differenze che dipendono non solo dalla sorgente di emissione ma anche dalla meteorologia/climatologia. Rimanendo ad un livello molto generico, possiamo considerare le seguenti fonti di emissione di particolato:

1)                 le sorgenti industriali e i riscaldamenti moderni emettono prevalentemente particolato fine inferiore a 2.5 micron;

2)                 le automobili emettono particolato fine dal tubo di scarico (a parte i vecchi diesel che emettono fumi  di granulometria maggiore);

3)                 le auto emettono particolato anche per abrasione (gomme, asfalto, freni, frizione) e risospensione di polveri dal terreno. Queste emissioni non trascurabili indicate tecnicamente come “non-exhaust”,  sono in parte grossolane (maggiori di 2,5 micron) e sono prodotte da qualsiasi tipo di veicolo, anche elettrico;
4)                  le combustioni all’aperto (fuochi agricoli, rifiuti etc) producono sia particolato fine che grossolano. Dal punto di vista tecnico, c’è sempre più convergenza nell’attribuire l’inquinamento delle piccole città dell’interno alla penetrazione della biomassa da riscaldamento, dal camino integrativo alle nuove stufe a pellets;
5)                 l’azione del vento risolleva polveri producendo particolato grossolano.

In inverno la quantità di particolato sottile PM2,5 è poco diversa da quella delle PM10. In estate la frazione grossa cresce, ma le concentrazioni, soprattutto per le condizioni meteorologiche, sono molto più basse. I picchi episodici nei quali la frazione grossa aumenta per breve tempo sono dovuti ad eventi particolari, ad esempio l’avvezione di sabbie sahariane.

Il contenuto delle polveri dipende dalle emissioni locali ma anche dagli inquinanti secondari (nitrato, solfato, ammonio) che si formano in atmosfera.
Passando ai dati circa le polveri ultrasottili, le PM2,5, gli analizzatori su Roma offrono un quadro che andrebbe approfondito.

Verificando i bollettini settimanali si evince che sussiste un rapporto tra PM10 e PM2,5 e, aggregando i dati, si potrebbe concludere che il rapporto si attesta in media sul valore di 0,7, con un minimo di 0,6 sulla centralina di Villa Ada e un massimo di 0,8 sulla centralina di Corso Francia (Grafico 4 – Fonte Arpa Lazio).
 

Se abbiamo, ad esempio, un superamento di 100 microgrammi/mcubo per le PM10, il valore per le PM2,5 si attesta su 70 microgrammi/mcubo. Di fatto se il valore di 100 microgrammi/mcubo indica il superamento del doppio rispetto al limite consentito per le PM10 (50 microgrammi/mcubo), il valore limite per le PM2,5 (25 microgrammi/mcubo) verrebbe superato di circa il triplo.

 
Il riferimento è l’ultimo bollettino settimanale dell’anno 2015 con esclusione della centralina di Fontechiari dove il rapporto in alcuni giorni è addirittura pari a 1.  
Ribadendo che la correlazione necessita di studi approfonditi, riteniamo necessario che questa possa diventare elemento di discussione.  
Non ci spingiamo oltre a definire quali possano essere i rischi per la salute in quanto a questi possono rispondere in maniera più competente le autorità e i professionisti sanitari.
 

Conclusioni

La condizione di inquinamento atmosferico, nella città di Frosinone ed in tutta la Valle del Sacco, segnalato dal superamento della soglia delle polveri sottili, è indubbiamente aggravato dalle condizioni atmosferiche, ma trova la sua causa strutturale nella particolare circolazione atmosferica che impedisce lo smaltimento degli inquinanti e li accumula nella conca della Valle. 
 
Gli enti locali non si sono risparmiati nel favorire questo processo, evitando misure restrittive sulle emissioni degli stabilimenti industriali, non prendendo minimamente in esame piani urbani per il traffico sempre più insistente favorendo in modo opposto urbanizzazione e l’antropizzazione degli spazi naturali della Valle. I cambiamenti climatici rendono sempre più drammatica una condizione già grave.
 
A ciò si aggiunge il fallimento evidente del piano regionale per la qualità dell’aria, che non ha fornito le giuste linee guida per incidere sulle cause strutturali dell’inquinamento.
 
Tutte le matrici ambientali (aria, acqua e terreno) del nostro territorio sono gravemente inquinate; dobbiamo bonificare ciò che in passato è stato devastato; dobbiamo ridurre drasticamente le fonti di inquinamento; è necessaria una moratoria nei confronti dell’insediamento di nuovi impianti inquinanti.

Il sistema della mobilità delle persone e delle merci deve essere ridisegnato, dando ampio spazio al servizio pubblico di qualità e realmente senza scopi di lucro, fattore quest’ultimo che rende qualunque discorso o iniziativa traballante e non incisivo. Non c’è altro tempo da perdere.

È in gioco la salute di tutti gli abitanti della valle: la sua difesa richiede un monitoraggio costante e capillare che si scontra con lo smantellamento in corso della rete dei servizi sanitari. Non sono sufficienti rimedi palliativi, e neppure misure d’emergenza. Come da anni andiamo ripetendo, e non da soli, è necessario ripensare un modello di sviluppo che è miseramente fallito.

Un tale cambiamento richiede la partecipazione attiva di tutte le componenti della società: sin da subito è necessario stabilire meccanismi di consultazione e di coordinamento tra amministrazioni, reti associative ed economiche per una progettazione di lungo periodo e per l’attivazione di tutte le misure, anche drastiche, da mettere in atto, tali da ridurre il danno nell’immediato.

 

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