Zero consumo di suolo. Ce ne siamo mangiati 80 ettari al giorno

ROMA – Il convegno organizzato il 25 ottobre 2013, nella sede del CNEL a Roma, dal Forum Salviamo il Paesaggio sul tema “ZERO SUOLO, ZERO PAESE”, rafforza la convinzione che si continuano a fare passi in avanti verso una società e uno Stato che sia in grado di dare piena attuazione ai dettami della Costituzione, a partire dall’articolo 1, “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e  dall’articolo 9, “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio storico e artistico della nazione”.

“…passano gli anni ma otto son lunghi – però quel ragazzo ne ha fatta di strada – ma non si scorda la sua prima casa – ora con i soldi lui può comperarla – torna e non trova gli amici che aveva – solo case su case catrame e cemento – là dove c’era l’erba ora c’è una città…. – … e se andiamo   avanti così – chissà come si farà….”

Era il 1966 (47 anni fa) e Adriano Celentano cantava a San Remo questa canzone.

Negli stessi anni, era il 1963, Francesco Rosi ci faceva vedere, nel film “Mani sulla città”, come un personaggio spregiudicato, che ricopre il doppio ruolo di costruttore edile e consigliere comunale democristiano della città in questione (era Napoli, ma poteva essere anche un’altra città o paese) manifesta l’idea di comprare la terra, cambiare il piano regolatore per deviare la crescita della città su tale terreno, e costruirvi, guadagnando solo con il cambio di destinazione d’uso 70 volte in più sulla cifra investita per l’acquisto del terreno, oltre ai profitti derivanti dalla costruzione dei palazzi. Assieme a loro, anche Leonardo Sciascia, era il 1961, ci raccontava nel libro “Il giorno della civetta”, la strettissima commistione tra costruttori, appalti, speculazioni edili, mafia e condizionamento delle istituzioni, e contemporaneamente, Tonino Guerra ci diceva che: “Il nostro petrolio è la bellezza. La bellezza ci fa pensare alto e noi la buttiamo via come se fosse danaro dentro tasche vuote”.

 

Cemento,cemento e ancora cemento

Gli anni sessanta sono stati gli anni dove, senza bisogno di grandi approfondimenti, “a naso”, era chiaro quale sarebbe stato il futuro urbanistico del nostro paese. Cemento, cemento e ancora cemento.Per troppo tempo il cemento, e tutti gli altri materiali che determinano l’impermeabilizzazione del suolo, sono diventati sinonimo di vampirizzazione del suolo e affermazione di un modello di società che in tutto il mondo è, falsamente, sinonimo di progresso. Se quattro grandi italiani cinquant’anni fa scrivevano, cantavano e ci facevano vedere il futuro, solo una forte motivazione speculativa e criminale poteva corrompere le coscienze e ingrossare i portafogli di milioni e milioni di italiani. Ovviamente non sono i materiali a essere nemici del suolo, dell’ambiente e dell’Italia, ma i forti interessi di pochi – palazzinari, speculatori fondiari, cattivi e famelici amministratori e burocrati, imprenditori senza scrupoli, mafiosi, ‘ndraghettisti e  camorristi – che hanno determinato la realtà che abbiamo di fronte ai nostri occhi. L’ISPRA ci dice che si consumano in Italia circa 80 ettari di suolo al giorno e dagli anni ’50 ad oggi è stata cementificata una superficie equivalente a quella  di una regione come la Calabria, pari a 1,5 milioni di ettari. Continuando questo trend, si prevede che tra cinquant’anni scomparirà una superficie pari a quella del Veneto.

I contenuti di questo convegno, mi pongono nella condizione di dire, sempre con maggiore convinzione e forza, “ZERO CONSUMO DI SUOLO”, senza che venga scomodata le categoria del “netto”. Zero consumo di suolo vuol dire zero. Questa nostra convinzione, frutto di come la filiera delle costruzioni è cresciuta senza sviluppo, l’abbiamo ufficializzata  in due  slogan “LA FILLEA PER CONSUMO DI SUOLO ZERO”  e “PER LA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL PAESAGGIO, UN FUTURO ALLE LAVORATRICI E AI LAVORATORI DELLE COSTRUZIONI: CONSUMI DI SUOLO ZERO” 

 

Tutela e conservazione del Bel Paese

 

Se la Fillea ha posto l’asticella della filiera delle costruzioni ad un livello  alto di tutela e conservazione del “BEL PAESE”, perché in tanti e attraverso articoli, atti, disegni di legge, etc…. continuano a giocare con le parole sostanzialmente per dire che con una pennellata di verde, di ecologia e di sostenibilità si può continuare ad impermeabilizzare il suolo? Essendo questo un dramma mondiale, pari al cambiamento climatico di cui il consumo di suolo è certamente una componente decisiva, e in attesa che ci sia una KYOTO anche per il consumo di suolo, sia il Parlamento europeo sia la Commissione Europea si sono già fatti sentire fin dal 2004 con la Direttiva n. 35. Non è stata ancora varata una nuova direttiva, ma i recenti “Orientamenti della Commissione Europea in Materia di Buone Pratiche per Limitare, Mitigare e Compensare l’Impermeabilizzazione del Suolo” rappresentano un punto di riferimento chiaro e corretto al quale tutti dobbiamo agganciarci.

Essi sono un punto di riferimento per tutto il continente europeo e ci danno le giuste coordinate per non giocare con le parole e per assumere provvedimenti legislativi o amministrativi in grado di non continuare a impermeabilizzare il suolo, neanche se questa impermeabilizzazione viene fatta con le parole dell’ambientalismo e con gli obiettivi di una economia verde che di verde ha solo il colore dei dollari (gli euro hanno tanti colori).   

 

 

 

 

 

Le proposte della Fillea, sono chiare e concrete:

 

 

1°) Consumo di suolo: è l’attività umana che “separa il suolo dall’atmosfera, impedendo l’infiltrazione della pioggia e lo scambio di gas tra suolo e aria”

2°) Impermeabilizzazione del suolo: è la “costante copertura di un’area di terreno e del suolo con materiali impermeabili artificiali”, “come fondamenta di case, edifici industriali e commerciali, infrastrutture per il trasporto e altro”. L’impermeabilizzazione impatta “sull’acqua”, sul “tasso di infiltrazione”, sul “deflusso superficiale”, su l’”evapotraspirazione”, sulla “biodiversità”, sulla “sicurezza alimentare”, sui “cambiamenti climatici”, su “clima e qualità dell’aria nella città”, sulla “funzione di filtro e cuscinetto”, sull’”impatto sociale e sul benessere umano”.

Dovrebbero bastare già queste cause e questi effetti per avere una direttiva comunitaria, una legislazione nazionale, un governo del territorio finalizzato a ritenere l’obiettivo europeo di zero consumo entro il 2050, come un obiettivo troppo distante.

 3°) “limitazione del consumo di suolo”: vuol dire “impedire la conversione di aree verdi” (o naturali) “e la conseguente impermeabilizzazione del loro stato superficiale o di parte di esso. Rientrano in tale concetto le attività di riutilizzo di aree già edificate, ad esempio i siti dismessi”.

Pertanto il “principio di base”…”per la protezione del suolo può essere riassunto come… IMPERMEABILIZZARE MENO E PIANIFICARE MEGLIO. Nelle buone prassi, la pianificazione consiste prima nel limitare l’impermeabilizzazione e poi, se ciò risulta impossibile, nel proteggere i suoli migliori”.

“Limitare l’impermeabilizzazione è sempre prioritario rispetto alle misure di mitigazione e compensazione, dato che si tratta di un processo praticamente irreversibile.

4°) “mitigazione del consumo di suolo”: vuol dire che “Laddove si è verificata un’impermeabilizzazione sono”… “adottate misure”… “ tese a mantenere alcune delle funzioni del suolo e ridurre gli effetti negativi diretti o indiretti significativi sull’ambiente e i benessere umano”.

“…le misure di mitigazione possono spesso alleviare gli impatti negativi, anche se bisogna ammettere che le attività edilizie inevitabilmente influiscono nella capacità del terreno di svolgere appieno le proprie funzioni…”. “Una delle misure di mitigazione più importanti … consiste nell’evitare danni inutili a suoli che non sono direttamente interessati da attività edilizie, ad esempio terreni adibiti a giardino o a verde pubblico”.

“In molti casi alla perdita di alcune funzioni del suolo si può ovviare usando materiali e metodi di costruzione adatti”… “Vi sono numerosi esempi di mitigazione, tra cui l’uso di materiali e superfici altamente permeabili, l’infrastruttura verde e la raccolta di acqua”.  

5°) “compensazione del consumo di suolo”: “Qualora le misure di mitigazione adottate in loco siano state ritenute insufficienti”, si passa “facendo altro altrove.”

Il termine “compensazione …può essere fuorviante: non significa che l’impermeabilizzazione può essere compensata.”Inoltre è necessario agire contemporaneamente all’impatto, se non addirittura prima che questo si verifichi.” “Le misure di compensazione sono dunque progettate per recuperare o migliorare le funzioni del suolo evitando gli impatti deleteri dell’impermeabilizzazione.” “Se ciò non è possibile, ma solo come ultima istanza, si possono compensare funzioni del suolo con altre (ad esempio realizzando un parco urbano in cambio di un parcheggio su terreno agricolo).” Mai la compensazione dovrebbe essere monetizzata.

Il confronto di queste definizione con il contenuto dei dieci e più disegni di legge presentati in Parlamento e con i contenuti delle riflessioni che in tanti, legittimamente, producono in questa fase storica, rafforza la nostra convinzione che corriamo il rischio di una nuova colata di cemento e di un ingrossarsi dei portafogli  di speculatori e mafiosi. Ovviamente il tutto condito come ha scritto Salvatore Settis ”: “La strana alleanza in salsa verde” 

Due  livelli di iniziative, nei territori e nazionalmente

Detto ciò, la Fillea ritiene che esistono due livelli di azione: una da sviluppare sul territorio e l’altra da sviluppare nazionalmente. La prima nelle mani degli amministratori del territorio e la seconda nelle mani dei parlamentari e del governo.

Non esiste solo il livello nazionale, sarebbe un grave errore pensarlo. Gli articoli 9, 41, 44, e 137 della Costituzione ci danno il perimetro entro il quale i soggetti del governo e della gestione del territorio si devono muovere. Al parlamento spetta il compito di salvaguardare il “BEL PAESE” e alle istituzioni locali spetta il compito di far convivere il “BEL PAESE” con le necessità economiche, civili e di convivenza dei cittadini.

Pertanto, anche senza una legge nazionale sulla riduzione o azzeramento del consumo di suolo, gli amministratori locali possono assumere decisioni per limitare, mitigare e compensare il consumo di suolo. Basta prendere le opportune decisioni politiche e amministrative. 

Per questo stiamo promuovendo, in preparazione del nostro prossimo congresso, un’iniziativa con gli assessori all’urbanistica delle quattordici aree metropolitane. Assumere le dovute iniziative per ridurre o azzerare il consumo di suolo è più forte se si parte anche da dove maggiore è stato ed è l’impermeabilizzazione, senza per questo non chiedere ai rimanenti ottomila comuni di fare lo stesso.

Diradare le tante nebbie ancora presenti

Noi ci aspettiamo che i prossimi giorni servano a diradare le tante nebbie ancora presenti sull’argomento. Chi può decidere senza una legge nazionale lo faccia senza aspettarla, chi deve fare una legge nazionale la faccia per la riduzione del consumo del suolo e non per salvaguardare interessi “presumibilmente” eterni o per proteggere, direttamente o indirettamente,  gli interessi dei personaggi di Sciascia o Rosi.

Chi può decidere che “da subito” si riducano al minimo la realizzazione di opere pubbliche in suoli non impermeabilizzati lo faccia ora. Tutti possiamo e dobbiamo contribuire, anche quelli che partecipiamo a questa giornata.

I DDL presenti in parlamento, anche se con sfumature diverse, hanno questo limite: parlano tanto di costruire (anche se con tante varianti e accorgimenti linguistici) e poco di non impermeabilizzare. Evitiamo di prestare tanta attenzione ai diritti di edificazione (ma perché sono eterni o non annullabili?) o alle tasse che i comuni incassano dalle concessioni (riserviamole esclusivamente sull’impermeabilizzato).

La Fillea ritiene che ancora qualche milione d’italiani possano e debbano continuare a vedere la filiera delle costruzioni come uno dei settori primari dell’economia italiana. Muratori, carpentieri, piastrellisti, istallatori, lavoratori del cemento, lapidei, cavatori, geometri, ingegneri, architetti, restauratori hanno ancora un futuro nelle costruzioni. Questa volta, non per distruggere il “BEL PAESE” ma per valorizzarne la bellezza.

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