Calcio. La serata dell’orrore

ROMA – Una serata scellerata, uno sport, il calcio, che non può più essere festeggiato.

Non si riescono più a trovare aggettivi per definire quello che è accaduto ieri pomeriggio, fuori lo stadio, e poi in serata all’interno dell’Olimpico.

Si fa fatica parlare della partita di calcio, della finale di coppa Italia poi vinta dal Napoli per 3-1 sulla Fiorentina. Non si può far finta di niente e non si può scindere l’evento sportivo dai gravi fatti di cronaca avvenuti ieri nella Capitale. Tre feriti, di cui uno gravissimo, colpiti da colpi di pistola. Ma anche bombe carta, scontri con la Polizia, minacce dagli spalti, figli di boss di camorra a trattare con dirigenti e calciatori. C’è da chiedersi, ma vi sembra normale tutto ciò?

Sarebbe accaduto lo stesso se ieri sera fosse andata in scena la finale dei 100 metri di atletica leggera o una finale internazionale di tennis o altro ancora? Credo proprio di no. Il calcio ormai è stato inglobato in un vortice di violenza, minaccia, ricatto che non ha eguali in nessun altro sport. Viene da chiedersi dove vanno a finire gli insegnamenti, il rispetto dell’avversario, la cultura del partecipare, del sacrificio, della gioia e dell’appartenenza, tutti valori con i quali  vengono educati i bambini che si avvicinano allo sport. Cosa accade nel calcio? Per quale motivo i supporters fondano il proprio tifo sulla forza fisica, sulla voglia di vedere morto il proprio avversario invece di esaltare e supportare esclusivamente i propri beniamini. Il tifo sano che si vede negli altri sport è un fenomeno diametralmente opposto a quello manifestato nel calcio, in Italia come in altri Paesi, come i campionati sud-americani testimoniano, ma non solo.

In una vita fatta a volte di stenti, di ristrettezze economiche, di delusioni lavorative e ancora altri mille problemi, lo sport, e dunque il calcio, dovrebbe rappresentare un momento di gioia e di svago, di rilassamento e di condivisione. Questo, ripeto, in tutti gli sport, perché non nel calcio? Imporre leggi e strumenti restrittivi come il daspo, non ha sortito evidentemente grandi benefici. Quello di cui ha bisogno l’intero mondo del calcio è una vera rivoluzione culturale, che va dagli stipendi dei calciatori alle scuole calcio per bambini, alla divisione delle curve che contrappongono schieramenti opposti e così via. Non basta più arrestare qualche supporter ma bisogna investire sulla cultura dello sport, iniziando già dalle scuole con la speranza che l’essere umano capisca che una vita vale più di un calcio a un semplice pallone. 

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