Sempre peggio la disoccupazione?

ROMA – L’angoscia di chi ha ancora una coscienza e non pensa soltanto ai fatti propri (modo di essere che sembra crescere ogni giorno di più nel nostro strano Paese) e per chi non trova un lavoro e ha difficoltà sempre maggiore a sbarcare il lunario e, a volte, non è da solo ma deve fare in modo che il coniuge e i figli sopravviva no aumenta ogni giorno di più.

Si ha voglia di seguire i telegiornali e gli organi di stampa o le statistiche che appaiono sulla rete. La crisi è lontana dall’essersi esaurita, le promesse dei governi possono magari incoraggiarci ma abbiamo bisogno che si realizzino (e non sappiamo quando) per tirare un sospiro di sollievo.

Nel frattempo sappiamo ormai per certo che in totale i disoccupati nel nostro Paese sono pari a 3 milioni e 222mila e la percentuale è aumentata nel 2014 del 4,1 per cento su base annua. Inoltre proprio i soggetti più deboli sul mercato, le donne e i giovani pagano il prezzo più alto della disoccupazione o come si dice, inoccupazione o ancora occupazione molto parziale. E  leggiamo ancora una volta che sono proprio i soggetti tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro a raggiungere, sul totale di quelli occupati,  la percentuale altissima del 43 per cento. E in termini assoluti sono settecentomila, un numero enorme se si tiene conto del fatto che sono i lavoratori che, una volta formati, sono quelli che costano meno al datore di lavoro.  Naturalmente, di fronte a una situazione come quella riassunta in poche cifre chiunque si chiederebbe che cosa possono fare il governo attuale e il parlamento per intervenire senza rinviare i rimedi a un tempo in cui i giovani di oggi sfiorerebbero l’età adulta, o addirittura  la vecchiaia, e molti di loro non avrebbero, come è fatale, neppure superato la crisi che ora li attanaglia?

La risposta è tutt’altro che facile e, se non lo è per gli organi che lo hanno come compito principale, non è più facile per chi si limita ad osservare il presente  sulla base delle proprie conoscenze culturali ed economiche. Ma c’è un aspetto che va sottolineato prima forse di ogni altro.  Lo Stato italiano riuscirà ad intervenire se saranno le leggi e l’onestà degli amministratori a guidarlo piuttosto che altri obbiettivi che, a volte, sembrano guidare proprio quelli che dovrebbero intervenire.  Occorrerebbe studiare e in pochi giorni, o settimane, completare riforme più volte promesse, trovare il danaro necessario togliendolo dai molti sprechi che tuttora avvengono – e chi non lo sa ormai – nel corpaccione della nostra amministrazione pubblica come in quella privata. Si può sperare che questo avvenga o è la speranza di chi soffre di fronte ai poveri e ancor più ai senza lavoro?  Perché, se non potesse avvenire, ci si chiederebbe fatalmente a che cosa serve la politica e perchè si difende con grande fervore il suo primato.

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