ROMA – La condizione del lavoro in Italia è al punto più grave dall’inizio della crisi. Continua ad un ritmo eccezionale la cassa integrazione (anche quest’anno per il quinto consecutivo si arriverà attorno al miliardo di ore autorizzate): sono oltre il milione i posti persi dall’inizio della crisi; le nuove assunzioni sono per l’85% a carattere temporaneo senza considerare il falso lavoro autonomo; aumenta esponenzialmente il part time involontario e nell’area dell’inattività si maschera una quota importante di disoccupazione nascosta.
Ma non basta considerare i dati quantitativi. Siamo alla fine del sesto anno di crisi, un periodo così lungo non era mai stato conosciuto e provoca effetti economici e psicologici non temporanei. Dal punto di vista economico sono migliaia ogni mese le persone che terminano il periodo delle possibili tutele e restano senza nulla, ma in ogni caso sono milioni i lavoratori e le lavoratrici che si trovano a dover sopravvivere con un reddito sotto o a cavallo della soglia di povertà. Se ai problemi salariali si sommassero i circa 7 milioni di pensionati con una pensione abbondantemente al di sotto ai 1.000 euro al mese si arriva alla stratosferica cifra di quasi 17 milioni di percettori di reddito in gravissima difficoltà. Ecco perché a questo punto non solo non si può continuare con le fallimentari politiche dell’austerità che hanno abbondantemente favorito questo stato di cose. Ma anche le politiche di sviluppo non possono essere solo annunciate o somministrate con il contagocce.
In un paese ancora prevalentemente manifatturiero come l’Italia i 2/3 circa della produzione sono legati a consumi interni che sono ovviamente bloccati per la condizione delle persone. Le piccole imprese italiane, normalmente mono proprietarie e , vedono bloccata la produzione e precluso l’accesso al credito, con migliaia di fallimenti ogni mese. Serve una svolta vera, fatta di investimenti pubblici e privati immediata mente cantierabile e di un concreto piano per il lavoro. Questo occorre pretendere dall’Europa e praticare in Italia, perché serve sviluppo per creare lavoro ma serve anche lavoro per creare sviluppo.