Adolescenti: quando la famiglia divora il sociale

ROMA – La ricerca dal titolo: “Capitale adolescenti. La sfida del passaggio all’età adulta in una società complessa”, condotta in collaborazione dall’ Università Pontificia Salesiana, dall’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dall’ Istituto Toniolo, ha esplorato il mondo giovanile della Capitale.

Emerge un ritratto in parte sorprendente dei ragazzi nati a cavallo del nuovo millennio. Attraverso la compilazione di un questionario, settecento studenti romani (di età compresa fra i 14 e i 21 anni), hanno espresso idee e percezioni rispetto ai propri interessi, alla personale scala di valori, ai rapporti vissuti  all’ interno del nucleo familiare e nel contesto scolastico. L’immagine del giovane cupo, ribelle e isolato è ben lontana dalle descrizioni che questi adolescenti forniscono di se stessi. Sorprendentemente questi giovani si ritengono felici (con una media di 3 punti su 4) e soddisfatti della propria vita (5 punti su 7). Paiono inoltre godere di buona autostima. 

Le ragazze avvertono un livello più alto di ansia, forse a seguito delle maggiori aspettative che il contesto riversa sulle loro prestazioni scolastiche. Tuttavia, anche per loro i risultati sono globalmente incoraggianti. I ragazzi sono tendenzialmente contenti della qualità delle loro relazioni, anche in ambito scolastico. I comportamenti a rischio più diffusi sono quelli legati al gioco d’azzardo e alle scommesse (riguardano oltre il 50% dei maschi intervistati) e quelli relativi alle diete drastiche (il 40% delle ragazze ha dichiarato di seguirle o averle seguite). I comportamenti a rischio classici  sembrerebbero meno diffusi di quanto ci si aspetterebbe e questo dato si accorda con quello relativo alle cose considerate importanti: la salute è al primo posto.

Fra gli ambiti indagati dalla ricerca, quello relativo alla percezione dei rapporti familiari fornisce dati interessanti su cui riflettere. Molti adolescenti considerano la famiglia un punto di riferimento imprescindibile, che offre soprattutto buon sostegno (3,55 di media su 4) e conforto. E’ una famiglia che promuove la crescita e l’autonomia individuale ma non incoraggia di certo l’apertura verso il mondo sociale. Questo per noi costituisce il dato più preoccupante. La cultura individualista, o al limite familistica, sta divorando ogni spazio di confronto più allargato. I genitori hanno trascurato la funzione etico-normativa ed il mondo adulto non offre edificanti modelli di relazione con l’esterno. 

A tutti i livelli la divergenza di opinione si traduce automaticamente in una squalifica reciproca. L’arte della mediazione è sempre meno praticata. Arroccarsi nella propria piccola fortezza, fatta di idee e posizioni mai in discussione, diventa l’antidoto all’ansia esperita in una società in costante evoluzione, nella quale non si sente più il richiamo dei forti pilastri ideologici e religiosi tradizionali (il 40% degli intervistati dichiara di non avere interesse per la politica, il 68% non si ritiene religioso) . Per ricomporre i brandelli del nostro tessuto sociale lacerato si rendono necessarie occasioni di scambio. I segnali sono poco incoraggianti. Luoghi tradizionali di aggregazione ed interazione come quelli offerti dai gruppi scout e dagli oratori vanno poco di moda (sono frequentati soltanto rispettivamente dal 3% e dall’ 8% dei giovani chiamati in causa nella ricerca). I centri sportivi sembra stiano svolgendo un ruolo sostitutivo per la socializzazione. Non può bastare. La sfida che ci si prospetta è lavorare per favorire il recupero della partecipazione dei giovani rispetto a questioni sociali, etiche, politiche non eludibili. Sarà un lavoro duro ed appassionante.

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