Ponte sullo stretto, l’appetibile business della criminalità

“Il  ponte sullo Stretto? E’ il completamento di un grande progetto di quella che il collega Del Rio chiama la Napoli-Palermo.

Il  ponte può creare centomila posti di lavoro” E’ con queste parole che l’attuale presidente del Consiglio ed ex sindaco di Firenze è intervenuto nell’assemblea per i 110 anni  del gruppo Salini-Impregilo legato alla Fiat di Marchionne qualche giorno fa  parlando della più dibattuta infrastruttura d’italia ricalcando le medesime promesse di Silvio Berlusconi e del suo ministro delle Infrastrutture on.Altero Matteoli.

Rivolgendosi al numero 1 del gruppo, Renzi ha detto testualmente: “Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da dieci anni, noi ci siamo.
Secondo Renzi, la grande opera “sarebbe utile per tornare ad avere una Sicilia più vicina e raggiungibile e per togliere la Calabria dal suo isolamento. La mia – dice ancora – è una sfida in positivo. Quello che chiedo a voi è che finita la parte delle riforme si torni a progettare il futuro.” Non è un caso che il presidente del Consiglio citi le riforme proprio nei giorni successivi a quando è stata stabilita la data del referendum sulle riforme costituzionali. Un ulteriore “spot” per cercare di convincere quante più categorie sociali sulla bontà del proprio piano politico. Ma al  di là degli inganni che vengono continuamente perpetrati dal fronte del sì alla riforma costituzionale anche su questo fronte ci sono degli aspetti che si vuole far finta di non vedere o che bisogna dimenticare. Non è sicuramente un caso che nel settembre 2014 proprio Pietro Salini aveva “gentilmente invitato” il governo ad aprire i cantieri per realizzare il Ponte sullo Stretto ricordando che se ciò non dovesse avvenire, lo stato dovrà risarcire al gruppo industriale che rappresenta oltre un miliardo. “Siamo in contenzioso per il risarcimento – aveva ricordato l’amministratore generale-di fronte a una così importante spesa per le penali non sarebbe più intelligente dire “perché non lo facciamo?”.

Se la domanda è “Noi siamo disponibili a rinunciare alle penali e a fare il Ponte?” La risposta è: Certo”. Un ragionamento  dal tono “velatamente minaccioso”. A due anni di distanza il presidente Renzi si è deciso ad azzerare il decreto Monti del dicembre 2012 che aveva messo una pietra tombale sulla grande opera che collega la Sicilia alla Calabria, rilanciando il progetto in grande stile.

E non è un caso che proprio quattro giorni addietro, in un’intervista al “Corriere della Sera” sempre Salini (che ha dichiarato di sostenere il Sì nel referendum non “per il Ponte ma per il destino del Paese”) aveva rilanciato il progetto parlando di soli sei anni necessari alla realizzazione della infrastruttura (costo aggiornato 8 miliardi di euro e 500mila). Il capo del governo oggi risponde ed ovviamente non tiene conto dei rischi che si nascondono dietro la realizzazione dell’opera a cominciare dagli indubbi interessi delle grandi organizzazioni criminali.

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