Dacia Maraini: il sogno di una bambina felice

Ottant’anni, cara Dacia Maraini: complimenti per il traguardo! Una delle più grandi scrittrici italiane, conosciuta e stimata in tutto il mondo, amica di Pasolini e  compagna per tanti anni di Alberto Moravia, sceneggiatrice e autrice di numerosi testi teatrali nonché di romanzi di grande successo, molto apprezzati dalla critica e dal pubblico, conquista una vetta prestigiosa e va avanti, com’è nel suo stile, dopo un’esistenza trascorsa a dispensare magia a piene mani, con un attività artistica poliedrica che investe ogni ambito della scrittura, compresa la poesia e il racconto, e che fa di lei uno degli intellettuali più completi del nostro asfittico panorama culturale. 

Dacia Maraini e l’infanzia, tutt’altro che semplice, trascorsa in Giappone; Dacia Maraini e il suo rapporto prezioso e profondissimo con il padre Fosco; Dacia Maraini e il trasferimento a Firenze dalla Sicilia; Dacia Maraini e il suo respiro globale; Dacia Maraini e il suo legame strettissimo e ormai consolidato con Roma; Dacia Maraini e le sue descrizioni che sfiorano l’anima e raggiungono l’apice della bellezza quando si tratta di episodi di vita vissuta e di ricordi che tornano in superficie e si materializzano sotto forma di una narrazione sublime. 

Prendete, per esempio, questo passaggio di “Bagheria”, uno dei suoi romanzi siciliani più potenti ed espressivi: “Conoscevo troppo bene le arroganze e le crudeltà della Mafia che sono state proprio le grandi famiglie aristocratiche siciliane a nutrire e a far prosperare perché facessero giustizia per conto loro presso i contadini […] Io non ne volevo sapere di loro. Mi erano estranei, sconosciuti. Li avevo ripudiati per sempre già da quando avevo nove anni ed ero tornata dal Giappone affamata, poverissima, con la cugina morte ancora acquattata nel fondo degli occhi. […] Io stavo dalla parte di mio padre che aveva dato un calcio alle sciocchezze di quei principi arroganti rifiutando una contea che pure gli spettava in quanto marito della figlia maggiore del duca che non lasciava eredi. Lui aveva preso per mano mia madre e se l’era portata a Fiesole a fare la fame, lontana dalle beghe di una famiglia impettita e ansiosa. […] E invece eccoli lì, mi sono cascati addosso tutti assieme, con un rumore di vecchie ossa, nel momento in cui ho deciso, dopo anni e anni di rinvii e di rifiuti, di parlare della Sicilia. Non di una Sicilia immaginaria, di una Sicilia letteraria, sognata, mitizzata”.

Qui c’è la Maraini autentica, la voce della sua anima che si proietta sul foglio, un pensiero limpido e poderoso, in grado di sfidare le convenzioni e i pregiudizi, di trasformarsi in denuncia sociale, di scavare nel profondo e di andare al di là di quelle che, pomposamente, vengono definite “verità ufficiali”, spesso buone unicamente per prendere in giro le persone e fornire una narrazione di comodo, efficacissima nel coprire e, di conseguenza, nello stravolgere la realtà effettiva delle cose.

Una Maraini animata da autentica passione civile, una Maraini figlia di quel decennio tragico e interminabile che furono gli anni Trenta, una Maraini che ha respirato in gioventù il clima, affascinante e tragico, delle battaglie pasoliniane e ne è rimasta segnata, riconoscendo in quell’intellettuale controverso e scomodo un punto cardine, una guida e una figura simbolo di un’epoca nella quale l’Italia era in preda a tumultuosi cambiamenti ma non era, come oggi sappiamo con certezza, in grado di far fronte alle proprie storture e alle proprie ingiustizie. 

Una Maraini sempre in lotta, sia pur con il sorriso sulle labbra; una donna che, all’apice della maturità, non ha smarrito la voglia di raccontare, il desiderio di stupirsi, l’incanto della sfida, la gioia della scrittura e la profondità di pensiero che l’ha resa celebre e ce l’ha fatta amare. 

Una Maraini guerriera gentile, in questa stagione di pavidi volgari, di estremisti senz’anima e senza dignità, di ciarlatani che si spacciano per tuttologi e di masse disperate disposte a dar loro credito. 

Che l’avventura continui, cara bambina felice, capace di non smarrire mai l’ottimismo e di non smettere mai di sognare, nemmeno in una fase storica nella quale c’è molto da interrogarsi, come del resto lei ha sempre fatto e siamo certi che continuerà a fare, e davvero ben poco da stare allegri.

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