Se ne sono andati personaggi come Berlusconi (che ora appare riottosamente dagli schermi televisivi per dare ancora battaglia, a 75 anni e dopo venti di occupazione della scena, insomma il “nuovo che avanza”), Brunetta (una sorta di personaggio della commedia dell’arte), Sacconi (un triste uccello del malaugurio), Brambilla (con una mise da estetista), ma soprattutto è scomparso dalla stanza dei bottoni Giulio Tremonti, al quale si devono tutte intere le responsabilità per lo stato comatoso della nostra situazione economica.
Chi ci conosce e ci legge sa che non abbiamo in simpatia Berlusconi, anzi gli attribuiamo molte nefandezze. Ma non quella di essere stato il principale responsabile della incredibile serie di errori che il governo ha preso in materia economica. Diciamo che l’ex premier ha subito il dominio pieno e incontrollato del suo ministro economico e tutt’al più ha avuto la grave colpa di non averlo dimissionato, con le buone o le cattive ma di averlo sostenuto per interesse ed accidia. Lo stesso ex ministro Paolo Romani, oggi, in un’intervista a “Repubblica” ammette che con Tremonti era impossibile fare qualsiasi gioco di squadra e che ogni decisione di politica economica era subordinata ai suoi diktat. Un ministro presuntuoso e altezzoso, che guardava chiunque, senza peraltro poterselo permettere, dall’alto verso il basso ma che soprattutto riteneva di essere il genio risolutore di ogni problema, anche il più complesso. Si è visto. Appena conquistata nuovamente la poltrona di via XX settembre nel
Sì, senza Giulio Tremonti ministro dell’economia forse ci salveremo. E sottolineiamo il “forse”.