Alitalia Etihad, un piano per creduloni, tra ottimismo e cecità

ROMA – La parabola della carota e il bastone calza perfettamente con la vicenda Alitalia Etihad, dove la compagnia emiratina ha posto le sue lapidarie condizioni, ovvero, a casa 2.251 dipendenti o niente soldi. Etihad è infatti pronta a sborsare non solo i 560 milioni di euro per ricapitalizzare l’ex compagnia di bandiera, ma entro il 2018 arriveranno altri 690 milioni di euro.

Un bottino che fa gola, ma che lascerà per l’ennesima volta  migliaia di lavoratrici e lavoratori con le loro famiglie per strada. “Il tempo è certo, la trattativa non si può prolungare all’infinito: metà luglio è il momento di tirare le somme”. Così ha puntualizzato il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti Maurizio Lupi, il quale assicura che sugli esuberi – tema che oggi sarà affrontato tra Alitalia e sindacati –  il governo farà di tutto per tutelare azienda e sindacati. Come, non è dato a sapere, visto che le parti in causa sembrano avere idee diverse sulla trattativa ancora in corso, almeno a parole. Sì perché il piano prevede una riduzione dei dipendenti che passeranno da 13.821 a 11.470, cifre riportate dallo stesso ministro. E poi incremento dei voli di lungo raggio, si parla addirittura del 40% in più rispetto a quelli attuali, con conseguente aumento del traffico passeggeri, che dovrebbe raddoppiare.

L’incognita della ripresa del trasporto aereo rimane

Il 7 giugno del 2010 a Berlino Giovanni Bisignani, direttore generale e amministratore delegato della IATA,  nel suo discorso sullo stato del settore aereo, all’apertura della 66esima assemblea generale e del vertice mondiale del trasporto aereo, annunciò: “In poco più di un decennio prevedo 100 miliardi di dollari di profitti del nostro settore su entrate di 1 trilione di dollari. Avvicinandoci al 2050, questo margine del 10% diventerà ancora più solido. Non si tratta solo di un sogno folle. Prima della recessione, almeno una dozzina di membri della IATA avevano già avuto margini del 10%. Dobbiamo far sì che questa sia una realtà molto più ampia. E’ possibile un cambiamento in tutte le aree. Questa visione – compresa una redditività sostenibile”, ha detto Bisignani, “può essere il nostro futuro”.

Parole cariche di ottimismo che a primo acchito sembrano non aver tenuto conto  della cronicità di questa crisi economica.  Qualche anno più tardi, nel 2013, sempre la IATA, che ricordiamo rappresenta l’80% dei vettori mondiali, disse chiaramente che le previsioni non erano poi così sicure, considerando la crisi e i costi del carburante.

A questo, andrebbero aggiunti  i costi socio economici delle vertenze finite male che , e Alitalia insegna, hanno provocato migliaia di posti di lavoro in meno in un mercato senza regole dominato dalle politiche low cost figlie di una deregulation selvaggia. Insomma, uno scenario globale apocalittico in cui si continua a perdere posti di lavoro e crolla di conseguenza il potere di acquisto dei beni di consumo.

Etihad parla di fatturati

In tutto questo Alitalia Etihad con il  piano industriale di rilancio prevedono addirittura un utile nel 2017 di 3,6 miliardi. Una previsione davvero azzardata, specie in un settore delicato come quello del trasporto aereo. Si è parlato recentemente, o meglio alcuni ‘guru’ dell’economia hanno parlato di una ripresa nel 2015, di luci e di spiragli già dal 2014. Eppure i dati dicono il contrario. Perfino il Rapporto del Centro Studi Confindustria parla di un 2014 che ha prodotto danni “commisurabili solo a quelli di una guerra”. Sono stati persi 1,8 milioni di posti di lavoro e le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi”. Insomma se il rilancio è direttamente proporzionale al taglio del personale è inevitabile che andremo verso l’implosione del sistema.

I sindacati dalle mezze risposte

La triplice Cgil, Cisl e Uil continuano a puntare il dito sugli esuberi, che a detta di molti non sarebbero gestibili e per i quali bisognerà trovare degli ammortizzatori. Ma è sufficiente? Di certo non lo è se pensiamo alla trattativa Alitalia, sindacati e governo del 2008 dove migliaia di persone sono state messe prima in cassa integrazione poi in mobilità dalla quale usciranno nell’ottobre del 2015. Eppure le rassicurazioni c’erano state tutte. Eccome. 

I sindacati compiacenti prima hanno mostrato i denti e poi supini hanno accettato le condizioni per salvaguardare una compagnia che dopo pochi anni era di nuovo al punto di partenza con l’aggiunta che migliaia di persone erano state abbandonate al loro drammatico destino. 

Ora cosa si pensa di raccontare agli oltre 2 mila lavoratori in procinto di fare fagotto e scendere per sempre dagli aeromobili? Vogliamo accompagnare quest’ultimi, come avvenne in precedenza, verso un destino ignoto. Tra l’altro sarebbe il caso di rispondere alle migliaia di lavoratori, molti di un’età compresa tra i 45 e i 55 anni, che dal 2015 saranno privati totalmente del loro futuro. E’ bene ricordare la frase pronunciata ieri dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni,: “Come ci ha detto il governo è una operazione di grande prospettiva ed è un piano incoraggiante. Sappiamo che ci sono problemi di eventuali esuberi e li affronteremo, quello che ci interessa è se il governo sia disposto a sostenere queste persone e il governo ce lo ha assicurato al cento per cento”.

A ognuno la sua conclusione.

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