Il naufragio della Concordia. L’Italia dimentica i suoi eroi

ROMA – Nella tragedia della Costa Concordia possiamo riconoscere due delle facce che popolano questo mondo.

Francesco Schettino:  il comandante, pluridecorato, esperto di navigazione, uomo di punta dell’equipaggio, quello che dovrebbe abbandonare la nave per ultimo, perché baluardo, perché garante della sicurezza altrui.

Il primo a scappare.

Giuseppe Girolamo: musicista trentenne, capellone, trasandato. Assunto a dicembre dalla Concordia nello staff d’animazione. Talmente inesperto di mare da non saper nuotare, ma i sogni, quelli veri, non conoscono paura. Quello che avrebbe dovuto abbandonare la nave per primo, perché la sicurezza altrui non compete ad un musicista, figuriamoci se la nave affonda. Quello che va via per ultimo, perché lascia la scialuppa dove era già salito per far posto a dei bambini. Di lui si perdono le tracce. L’eroe, il coraggio. Sono rari, troppo rari, i sognatori dall’anima nobile.                                             

Ma centomila dei primi non valgono un solo esemplare dei secondi e finché sapremo che diamanti tanto speciali ancora esistono, avremo speranza.                                                                                                                                                                                         

Purtroppo, all’indomani dal ritrovamento del corpo di questo ragazzo, nessuno ha avuto per lui lo stesso pensiero. Giuseppe Girolamo è diventato così un eroe dei nostri tempi caduto troppo presto nell’oblio più profondo. A lui non è stata dedicata alcuna strada. Non è stato eretto nessun monumento in suo onore. Non si è meritato neanche una medaglia al valor civile. Eppure salvò delle vite umane durante quella fatidica notte di due anni fa in cui insieme a lui persero la vita altre 31 persone mentre il loro capitano se ne stava già al riparo su di uno scoglio, preoccupandosi solo di riportare a casa la pelle e il computer. Più tardi affermerà di essere stato scaraventato sulla scialuppa.                                                                                                                                                                                                                                                       

In quei giorni però gli italiani avevano già incoronato il loro eroe: Gregorio De Falco. Il comandante della capitaneria di porto che telefonò a Schettino la notte stessa del naufragio intimandogli di tornare subito a bordo con un tono intimidatorio, autorevole e sicuro di se. Era lui il capitano che ci sarebbe voluto per quella nave. Quel “TORNI A BORDO CAZZO” si trasformò ben presto in un tormentone e lo scambio di battute al telefono tra i due fece il giro del mondo, tanto che Schettino diventò ben presto la metafora di un’Italia che affonda per colpa di un uomo che si sottrae al proprio senso del dovere e alle proprie responsabilità, mentre De Falco fu eletto a furor di popolo eroe nazionale soltanto per aver adempito al proprio dovere. All’estero passò questo messaggio:”In Italia nessuno fa il proprio dovere e chi lo fa viene considerato un eroe”.                                                        

Mai come allora sono sembrate profetiche le parole di Dante:    

Ahi serva Italia, di dolore ostello, 
nave sanza nocchiere in gran tempesta, 
non donna di province, ma bordello!

(Purgatorio- Canto VI)

In realtà quella notte c’è stato anche chi ha fatto più del proprio dovere, silenziosamente, perdendo la vita con coraggio, con onore e con dignità e senza essere mai elogiato, celebrato e ricordato abbastanza: Giuseppe Girolamo. Peccato, perché lui avrebbe sicuramente potuto far riacquistare all’Italia un po’ di credibilità e ciò sarebbe bastato a migliorare l’immagine sempre più screditata e derisa di un Paese alla deriva, rappresentato ormai da una nave incagliata in uno scoglio a pochi metri dalla riva: una nave che non si è ancora completamente inabissata ma che non ha neanche perso del tutto la stabilità.                                                                                                                                               

Da quel momento Schettino è ospite di trasmissioni televisive per rilasciare interviste esclusive al fine di aumentarne gli ascolti o le vendite delle riveste di gossip. Viene invitato come ospite d’onore nelle feste e anche chiamato a intervenire ad una lezione su come gestire il panico da un docente dell’università La Sapienza di Roma. Insomma, a lui sono riconosciuti i privilegi e gli onori di una star. Addirittura viene fotografato da un paparazzo mentre si gode le vacanze ad Ischia a bordo del suo motoscafo. Cioè malgrado il naufragio della Costa Concordia sia stato un incidente, seppur dovuto ad un tragico errore umano causato dall’incuria di una pratica pericolosa quanto usuale come quella degli inchini, Schettino non si dimostra granché afflitto o comunque in colpa per i 32 morti che ha sulla coscienza. La sua vita sembra proseguire normalmente, anzi si potrebbe tranquillamente affermare che sia anche migliorata. La tragedia gli ha fatto guadagnare denaro e una certa notorietà. Tutto quello che i tanti pretendenti che vogliono entrare nella Casa del Grande Fratello desiderano. Cos’altro volere di più? In un Paese dove tutti desiderano apparire lui c’è riuscito alla grande, ha ricevuto un invito per partecipare al reality L’Isola dei Famosi. Rincuoratevi: non è il solo ad aver ricevuto una simile offerta. Tempo fa anche al giovane Ivano di Avetrana, quello del caso Scazzi per intenderci, venne proposto di fare il Grande Fratello. E allora in Italia passa un altro messaggio scorretto e diseducativo:”Facendo come Zio Michele o il disturbatore Paolini si diventa famosi”. Che cos’ha di educativo una TV che cerca solo l’audience? Poi non ci stupiamo se delle ragazzine quattordicenni della Roma bene decidono di prostituirsi per fare soldi e potersi permettere vestiti griffati. Siamo in un circolo vizioso oramai, quello che vediamo è solo la punta dell’iceberg ma il buon esempio dovrebbe partire innanzitutto dagli adulti. Se Schettino non ha la decenza di rifiutare un’ospitata televisiva in cambio di un’ingente somma di denaro, dovrebbero averla quantomeno gli autori di certi programmi e pensarci due volte prima di invitarlo, perché così facendo stanno contribuendo a diffondere un modello profondamente sbagliato (oltre a mancare di rispetto alle vittime dell’incidente).                                

E poi mentre Schettino si gode la bella vita e non si presenta neanche al processo in tribunale, dove è imputato, per motivi di salute, ecco che veniamo a sapere che invece il comandante De Falco dovrà lasciare il settore operativo della capitaneria di porto di Livorno e trasferirsi in un ufficio e che la sua sezione non è mai stata invitata a ricorrenze e celebrazioni. De Falco, che quella notte disse a Schettino: ”Lei si è salvato forse dal mare, ma io le faccio passare l’anima dei guai”, ora sta passando lui dei guai e invece di essere promosso viene degradato mentre Schettino fa lezioni all’università.                                                                                                                                                 

Basta questo per avere chiara l’idea di un Paese che sta sprofondando, dove non esiste più giustizia e meritocrazia e dove si dimenticano gli eroi. Molti di noi in questo Paese non si riconoscono più e fanno fatica a vedere uno spiraglio di luce. Quel che tutti si chiedono a questo punto è: ”Ne vale davvero la pena in Italia di vivere onestamente?”.

 

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