Roma, la corsa alla rimozione sospendendo la democrazia. Tronca il normalizzatore

ROMA – Roma travolta dall’emergenza terrorismo, militarizzata, caotica, lurida. Roma prigioniera del Giubilieo della misericordia che non ha nessuna misericordia per i 5 milioni di abitanti sospesi nel limbo di un commissariamento che doveva essere tecnico e invece è fortemente politico. Roma che attendeva il processo “del secolo” a Mafia Capitale e da settimane il processo va avanti senza che nessuno ne parli.

Taglio basso nell’impaginazione dei giornali. Rimozione totale sulla televisione pubblica e commerciale che si nutre o di terrore e allarmismo autoalimentato o di buonismo da piazzisti che il Natale deve far arroventare i registratori di cassa e parlare di mafia, usura, corruzione, violenza e racket delle estorsioni certo non favorisce i consumi.

Scrivevo nell’incipit di Roma Brucia solo pochi mesi fa:  Violenta, estranea, incattivita. Roma, anno domini 2015. Città di furbi, complici, vittime e carnefici. Popolata da quasi cinque milioni di fantasmi, ostaggi del sistema di potere che l’ha gestita fino a oggi solo per garantire a qualsiasi costo una governabilità ormai impossibile.

Perché l’unica governabilità possibile dovrebbe essere frutto della rimozione dei corrotti, dei mafiosi, dei servitori infedeli dello Stato e degli imprenditori criminali che hanno occupato la macchina pubblica della Capitale e non la rimozione della realtà e delle responsabilità per garantire la continuità del sistema di potere osceno che ha portato Roma sull’orlo del baratro. E con lei a ballare la tarantella sull’orlo del precipizio l’intero Paese.

Il prefetto Francesco Gabrielli ha già dato il suo contributo creando le basi per un prossimo processo di rimozione. Prima facendo da spalla al ministro Angelino Alfano nel tentativo di occultare i contenuti e le indicazioni sulla relazione della commissione di accesso che aveva analizzato il livello di infiltrazione delle organizzazioni mafiosi nella macchina pubblica del Campidoglio. A partire dalla beffa di sciogliere solo il X municipio (come se Ostia non fosse Roma) e a negare che ci fossero le condizioni per sciogliere per mafia Roma Capitale. La relazione indicava tutt’altro, il ministro Alfano il 27 agosto ha nei fatti mentito e di conseguenza procedendo a segretare la relazione per poi, solo grazie alla magistratura che l’ha acquisita a processo, renderla pubblica. Poi sempre Gabrilli, che si è prestato all’imboccata del premier Renzi, prima si è sbracciato per sostenere la balzana del “dream team” prefettizio e poi, arrivato il suo nemico storico a Milano sull’Expo, Francesco Paolo Tronca, alla poltrona di commissario di Roma Capitale ha ovviamente negato di essere stato sostenitore del “team” renziano e di conseguenza non ha trovato altro di meglio da fare che occuparsi della militarizzazione della Capitale e contemporaneamente di auto candidarsi a prossimo Capo della Polizia.

Francesco Paolo Tronca intanto non è stato con le mani in mano. Anzi. Domani su L’Espresso verrà pubblicata un’ampia inchiesta sul Tronca Style. Prima di tutto segnato da un incipit che fa ben capire dove voglia andare a parare. Il settimanale infatti rivela come Tronca voglia in tutti i modi liberarsi del segretario generale Serafina Buarné “che in questi mesi ha rivisto e perfezionato il regolamento sugli appalti, realizzando la centrale unica di committenza, che è la stazione appaltante pubblica più grande d’Italia, presa anche ad esempio di legalità e correttezza da Raffaele Cantone”, scrive l’Espresso.

La rimozione della Guarné sembra essere la condizione indispensabile per rinsaldare – e rassicurare – i poteri che guidano da sempre il tavolo capitolino. E infatti, mentre si procede a questa estromissione immotivata intanto, racconta sempre il settimanale, si procede a riabilitare una serie di funzionari schierati con l’ex Sindaco Gianni Alemanno e dall’altra parte si apre a uomini del Ncd di Alfano, che è stato uno degli sponsor principali della carriera dello stesso Tronca e del suo insediarsi sia a Milano che oggi a Roma.

Ma non ci si ferma qui. Da tempo assistiamo al non rinnovamento del Pd romano. Il Commissario Matteo Orfini, sempre più irritato, ha di fatto sospeso ogni processo di rinnovamento democratico del partito. Niente congresso, niente dibattito interno, niente di niente. Decide tutto lui e la sua squadra di fedelissimi. E le elezioni si avvicinano. E il Pd, nelle condizioni in cui sta, non ha nessuna possibilità di vincere. E allora cosa c’è di meglio di un bel disegno di legge da far procedere velocemente con procedura d’urgenza (e voto di fiducia dopo voto di fiducia) che “riorganizzi” l’oggetto Roma Capitale ottenendo lo spostamento del voto a data destinarsi? Da destinarsi il più lontano possibile, s’intende. Niente voto e tutto il tempo di procedere alla più totale rimozione. Della mafia, del malaffare, della corruzione, della pochezza – oscena – della politica e dell’impresa e dell’economia capitolina.

E Roma? Ci penserà la misericordia. Come sempre la misericordia ci penserà, forse, a far decadere le aggravanti di associazione mafiosa agli imputati di Mafia Capitale. Che tanto non interessa più a nessuno che ci sono gli adepti del Califfo a turbare i sogni – e le speranze – degli italiani. E dei romani.

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