Agnus Dei. La Chiesa e lo stupro, parlano regista e suore

ROMA – Abbiamo incontrato all’Istituto di cultura francese la regista del film “ Agnus Dei” Anne Fontaine,   insieme a Suor Carmen Sammut e Lucetta Scaraffia, storica e opinionista cattolica.

“Ho cercato” dice la regista  in conferenza stampa “di far capire la fragilità della fede che non è mai sempre salda di fronte ad avvenimenti drammatici come quelli narrati. Vengo da una famiglia cattolica, ho due zie suore, mio padre era organista in chiesa. Ho fatto anche l’esperienza di un ritiro e mi ha colpito molto la vita della comunità. Tendiamo a pensare che siano un organismo unico, votato all’obbedienza, invece si scoprono diverse sensibilità e individualità. Nel film ci sono due temi: la femminilità in rapporto alla maternità e la femminilità in rapporto alla spiritualità.” 

Su quest’ultimo punto Suor Carmen Sammut interviene: “ Nel film come nella vita la scelta della spiritualità è appunto la scelta di essere madri ossia al servizio della vita delle persone, in questo senso non c’è differenza tra le due. Alcune delle suore protagoniste riescono a far coincidere l’aspetto materno e quello ascetico. Il corpo femminile acquista così un significato più profondo.” 

Riguardo la posizione della Chiesa sulle suore stuprate, la regista ricorda che “Questa storia, dimenticata in Polonia, è purtroppo ancora attuale. Le violenze sulle donne, gli stupri di guerra avvengono ancora ovunque nel mondo vi sia fanatismo e conflitto, sono considerati un’arma di guerra. Nel ’98 una superiora generale ha avuto per prima il coraggio di far sapere al mondo che ci sono state delle suore violentate. E’ stata una cosa difficile da ammettere” e ancora oggi molte religiose le sono grate per averne parlato per prima”. 

Sugli stupri di guerra suor Lucetta Scaraffia ricorda che “In Bosnia, durante il conflitto nella ex Jugoslavia, ci sono stati cinque monasteri in cui sono avvenuti stupri di guerra, ma il Vaticano non ne ha mai parlato.  Le suore rimaste incinte sono state espulse dal convento e non si sa cosa sia avvenuto dei bambini nati da queste violenze. E poi ci sono gli stupri all’interno della Chiesa, da parte di gerarchie religiose in Asia e in Africa”.

È il caso delle suore abusate da ecclesiastici e poi abbandonate dalle loro stesse Congregazioni come ha denunciato la teologa congolese suor Rita Mboshu Kongo nel 2015. La regista affronta con coraggio un tema tanto spinoso quanto ben celato, visto non solo il silenzio della Chiesa ma anche dei mass media, e lo fa con una sensibilità e accortezza uniche sia nello svolgersi degli eventi più drammatici che in quelli di riscatto. La Fontaine infatti offre anche una soluzione che però sembra provenire dall’esterno del convento. “È vero”, dice la regista. “ma la soluzione esterna  è accolta e realizzata all’interno. Per questo mi sono ispirata a una soluzione reale di alcuni conventi in Vietnam”. 

“Oggi“ aggiunge Suor Lucetta Scaraffia “è necessario che questi stupri vengano puniti, per farlo bisogna prima che siano portati alla luce, ma la Chiesa li insabbia”. Ogni donna è madre e ogni figlio ha  diritto di essere amato, ognuno è figlio di Dio anche se non si partorisce. 

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